Circa 230.000 varianti genetiche determinano le caratteristiche di 100 varietà di pomodoro. Lo ha stabilito uno studio pubblicato su Cell a firma di Michael Schatz della Johns Hopkins University e colleghi di una collaborazione internazionale.
Si tratta di uno dei più vasti studi genomici condotti su una delle coltivazioni più importanti del mondo, alla base di un’industria alimentare del valore di 190 miliardi. La commercializzazione di frutti di diversa forma, dimensione, consistenza e gusto dipende in ultima istanza dai geni espressi nelle diverse varietà di piante. Finora tuttavia le tecniche di analisi genetica usate per capire queste differenze hanno colto solo caratteristiche puntuali o molto limitate del DNA, che riguardavano per esempio un unico gene chiamato KLUH.
Schatz e colleghi hanno usato una tecnica denominata long-read sequencing che può essere paragonata a una visione panoramica su ampie sezioni del genoma. Hanno così scoperto più di 200.000 mutazioni strutturali che, nella maggior parte dei casi, non riguardano geni codificanti per specifici tratti della pianta, quanto piuttosto meccanismi di controllo dell’attività genica.
Uno di questi geni, per esempio, controlla la dimensione del frutto, e può essere un obiettivo per migliorare la resa delle coltivazioni. Utilizzando la tecnica di editing genetico CRISPR, gli autori hanno manipolato il numero di copie del gene, dimostrando che le piante che ne sono prive non producono frutti, mentre quelle con tre copie producono frutti del 30 per cento più grandi rispetto a quelle con una singola copia. Altre manipolazioni hanno inoltre dimostrato di controllare tratti molto complessi. Ne è emersa una visione complessiva diversa sulla genetica che potrebbe essere utile in agricoltura, non più correlata a mutazioni su un singolo gene ma alle cosiddette variazioni del numero di copie.
L’obiettivo dei ricercatori è ora applicare queste nuove conoscenze per pianificare gli incroci tra diverse varietà di pomodoro e ottenere così un miglioramento della resa dei raccolti, per esempio inducendo la varietà ciliegino a produrre frutti più grandi e carnosi.
“Un Santo Graal dell’agricoltura è riuscire a far mutare un certo gene sapendo a priori che cosa si otterrà come risultato: i dati emersi dallo studio ci fanno compiere un passo importante verso questo tipo di ibridazione prevedibile”, ha spiegato Schatz. “Processi che richiedevano centinaia, o in alcuni casi anche migliaia di anni, possono essere ottenuti molto rapidamente. D'ora in poi potremo applicare la nostra conoscenza della genetica per domesticare molto rapidamente alcune delle specie legate al pomodoro e creare nuove colture per nutrire il mondo”.
da Le Scienze, 23/6/2020