La distribuzione dei prodotti agricoli freschi ha subito una forte variazione negli ultimi decenni e grazie a una logistica ottimizzata si è riusciti a collegare aree di produzione e mercati anche molto distanti tra loro. Le condizioni ambientali e i costi di produzione più bassi hanno portato alla delocalizzazione delle coltivazioni nelle aree più vocate indipendentemente dalla stagionalità.
L’emergenza sanitaria del Covid-19 ha messo in evidenza come la logistica, seppure ben organizzata, può diventare labile sulle lunghe distanze. A seguito di questo, la produzione locale è stata riconsiderata e sta assumendo una importanza strategica per garantire l’approvvigionamento dei prodotti freschi in caso di interruzioni della filiera distributiva. Negli ultimi anni si è parlato molto del chilometro zero, della produzione vicino o dentro i grandi centri urbani densamente popolati. In questo contesto, sicuramente le coltivazioni indoor e il vertical farming possono giocare un ruolo importante nel fornire prodotti freschi e con caratteristiche qualitative tali da poter soddisfare l’esigenza di alcuni consumatori.
La fattoria verticale, traduzione letterale dall’inglese di vertical farm, come si può immaginare dal nome, non è di facile realizzazione e gestione. Nonostante i diversi vantaggi che si possono ottenere esistono delle difficoltà tecniche che rappresentano dei limiti invalicabili per alcuni paesi e per alcune aree geografiche. Tra i vantaggi sicuramente possiamo annoverare il recupero di edifici e fabbriche dismesse nelle aree urbane e peri-urbane che rappresenterebbero l’involucro esterno dove ospitare l’ambiente di coltivazione costituito da container o strutture altamente isolate con alti livelli di tecnologia per il controllo dell’ambiente e dei suoi parametri come luce, l’umidità relativa e concentrazione di anidride carbonica. Le coltivazioni sarebbero effettuate in sistemi idroponici a ciclo chiuso con un ridotto consumo di acqua e di elementi nutritivi.
Tra i limiti, non possiamo ignorare l’elevata richiesta energetica, dato che gli impianti per l’illuminazione artificiale e la climatizzazione, solo per citare quelli più energivori. Inoltre, bisogna considerare che la produzione in questi ambienti è limitate solo ad alcune specie, come gli ortaggi da foglia a ciclo breve, mentre colture ad alto fusto come pomodoro presentano problemi di coltivazione per l’elevata biomassa che si sviluppa nella fase di produzione.
L’attività di ricerca è orientata al miglioramento della gestione dell’ambiente e delle coltivazioni indoor al fine di ottenere dei prodotti di alta o altissima qualità con specifici requisiti legati all’assenza di residui fitosanitari e di microrganismi patogeni per l’uomo. L’uso di tecnologie di illuminazione a LED permette inoltre, anche di stimolare la biosintesi di composti bioattivi con un aumento del valore nutrizionale dei prodotti.
Le stime di crescita di questi metodi di coltivazione erano molto promettenti e ancora oggi lo sono, ma occorre considerare il costo dell’approvvigionamento energetico che ad oggi sembra il fattore limitante per il loro utilizzo. I costi dei combustibili e di conseguenza l’energia elettrica sono notevolmente aumentati negli ultimi mesi e il conflitto nell’Europa dell’Est, tra Russia e Ucraina, nel breve periodo potrebbero avere un effetto negativo sugli investimenti in questo settore per i paesi come l’Italia che non sono autosufficienti dal punto di vista energetico.