Il Brasile sta per superare gli Stati Uniti e diventare il primo produttore di soia, con 123 milioni di tonnellate, soprattutto per la forte importazione cinese. L’imposizione di dazi reciproci del 25% alle rispettive importazioni ha spinto la Cina a preferire il legume brasiliano a quello Made in Usa. Per soddisfare la richiesta, il Gigante del Sud dovrebbe produrne quasi 40 milioni di tonnellate in più. Ciò, secondo la rivista Nature, significherebbe un aumento delle piantagioni del 39%, circa 13 milioni di ettari, ricavati dal disboscamento dell’Amazzonia.
Il coordinatore regionale del Consiglio indigenista missionario (Cimi), organismo della Conferenza episcopale brasiliana, ha affermato che questo è un fenomeno in atto da tre/quattro anni, con il quale si è paralizzato il processo di restituzione delle terre ai nativi e si è intensificata la pressione della Bancada ruralista (parlamentari legati ai grandi latifondisti) per ridurre le tutele e aprire agli investimenti le aree protette. In tale ambito rientra la questione dell’affitto dei territori indigeni comunitari, di chiaro contenuto anticostituzionale
Gli ultimi dati dell’Istituto nazionale di ricerca spaziale (Inpe) hanno rilevato un aumento dell’88% nella deforestazione.
da: Avvenire.it, 10/7/2019