Il Faggio Fagus sylvatica L, è ampiamente diffuso in nord Europa e nella penisola Italiana, da dove circa 30.000 anni fa è arrivato in Sicilia insediandosi soprattutto sui Monti Nebrodi e sulle Madonie, rilievi nei quali costituisce consorzi forestali che assumono un rilevante ruolo nella composizione del patrimonio boschivo siciliano; più a sud, sull’Etna dove tocca le più elevate altitudini e le più basse latitudini, è conosciuto come fau, e le sue sparute stazioni occupano l’estremo limite meridionale del proprio areale di diffusione e vengono considerate relitti del Periodo Oceanico del postglaciale, delle più vaste originarie foreste che sono state decimate da eventi climatici, eruttivi e dall’attività umana. Piccole ma significative faggete sono confinate principalmente nell’orizzonte superiore del piano montano mediterraneo etneo fra i 1500 e 2000 m s.l.m.m.; talune all’interno di dagale, si spingono fino ai 2.200 m, in condizioni ambientali difficili; in tali siti le loro vistose variazioni cromatiche stagionali caratterizzano le pendici del vulcano. Al seguito della Fagacea sono arrivate varie specie di insetti la cui presenza non costituisce un problema fitosanitario ma è in un certo senso utile poiché alimenta interessanti reti trofiche. Delle oltre 50 specie entomatiche, segnalate per le alterazioni agli organi epigei, in Sicilia le più comuni sono: l’Afide bianco Phyllaphis fagi, che attrae numerose specie di Ditteri Sirfidi e Coccinellidi predatori, nonché di Imenotteri, parassitoidi e glicifagi; inoltre, durante l’inverno, molte specie di uccelli e di roditori frequentano le faggete per nutrirsi delle larve del Dittero galligeno Mychiola fagi e degli adulti del Punteruolo Orchestes fagi che svernano sotto il fogliame caduto, o nelle cavità della corteccia. Il corpo del Curculionide misura 2-3 mm, di colore nero o bruno pece con peluria grigiastra sul dorso; le zampe e le antenne sono bruno-giallastre. I femori posteriori ingrossati consentono il salto. In primavera, in coincidenza con l’ingrossamento e l’apertura delle gemme del Faggio, gli adulti riprendono l’attività, si nutrono delle giovani foglie intaccando l’epidermide della pagina inferiore e si accoppiano. Le femmine depongono un uovo vicino alla nervatura mediana della foglia dal quale, dopo una decina di giorni, sguscia la larva biancastra di forma conica allungata, ricurva, con il capo nero e segmenti ben distinti, è priva di zampe ed ha i mammelloni ventrali più sviluppati nel torace rispetto a quelli dell’addome. La larva si alimenta del mesofillo fogliare nel quale scava una mina sinuosa, diretta verso l’apice o verso il margine della foglia; in tali zone pratica una mina a piazzuola. Le parti danneggiate delle foglie assumono una caratteristica colorazione bruno-rossiccia, mentre la restante parte verde è funzionale. Lo sviluppo larvale è rapido e in giugno sfarfallano i primi adulti che rodono le foglie e forano i frutti; la loro attività si manifesta soprattutto nei bordi soleggiati dei popolamenti, quasi come gli esiti di gelate tardive. In settembre-ottobre gli adulti in fase pre riproduttiva, raggiungono i ricoveri invernali. Nei casi di gravi infestazioni in giugno-luglio molte gemme fiorali vengono erose e le foglie presentano caratteristiche bucherellature; nel complesso le faggete assumono un caratteristico aspetto autunnale. L’attività delle numerose specie di Braconidi e Calcidoidei che parassitizzano il Punteruolo e la mortalità invernale degli adulti, anche a opera dei predatori, riesce a mantenere la densità di popolazione del Curculionide entro limiti sostenibili dalle faggete etnee.
Foto: Boschetto di faggio in una dagala delle quote più elevate dell’Etna