Il pane fra sacro e umano

E’ uscito recentemente il volume di Zeffiro Ciuffoletti “Il pane fra sacro e umano. Dal Medioevo cristiano al Novecento” (Le Lettere). Ne riportiamo la Prefazione dell’Autore.

  • 25 November 2020

Carlo Levi scrisse che il pane costituisce “la prima prova della civiltà e la più profonda delle sue espressioni”. Questa frase mi colpì molto mentre scrivevo un saggio sulle Origini della dieta mediterranea per il terzo volume della Storia dell’Agricoltura Italiana dell’Accademia dei Georgofili (Firenze, 2002). Da qui il mio interesse per la storia plurisecolare del pane e da qui nasce questo lavoro che si concentra sulla concatenazione fra le carestie, le guerre e le pestilenze che ha caratterizzato la storia dell’Europa dal Medioevo alla prima guerra mondiale. Non si tratta di stabilire una gerarchia, come spesso si è fatto, all’interno di questo “ciclo infernale”, ma di dimostrare che queste disgrazie si presentano sempre intrecciate e che, nonostante le terribili conseguenze sociali e demografiche, non è mai venuta meno la spinta ad andare avanti. Spesso senza fare tesoro dell’esperienza del passato. Le pandemie, ad esempio, hanno sempre accompagnato il processo di espansione della civiltà europea, che tuttavia, nonostante gli sviluppi delle conoscenze scientifiche e della potenza economica, non è mai riuscita a interrompere il ciclo infernale. Ciclo che, infatti, si è ripresentato con il suo intreccio fino alla “grande guerra”.
Il dopo è oggi, ma già la Seconda guerra mondiale, sorta dalle “ideologie del male”, di cui ha parlato nelle sue Memorie Papa Wojtyla, Giovanni Paolo II, aveva dimostrato che era possibile spezzare il ciclo infernale che dal Medioevo tormentava l’umanità. Nel secondo dopoguerra si sconfisse, anche se mai del tutto, la fame con la “rivoluzione verde” e con lo sviluppo dello stato sociale, ma si combatterono anche le malattie con i sistemi sanitari e con le vaccinazioni, non solo nel mondo occidentale. Oggi siamo davanti alla sfida del coronavirus, una pandemia globale che è una sfida non solo alla ricerca scientifica, ma anche alla nostra coscienza storica.
Se, nonostante il ripetersi del ciclo infernale per secoli e secoli nella storia europea, l’umanità e la civiltà è andata avanti, bisognerà riconoscere che la spinta alla vita, la forza vitale ha sempre superato la disperazione e la morte. Il filosofo francese Pierre Teilhard de Chardin, uno dei pensatori più importanti del Novecento, ci ricorda che “il pericolo maggiore che possa temere l’umanità non è una catastrofe che venga dal di fuori, non è né la fame, né la peste: è invece quella malattia spirituale – la più terribile, perché il più direttamente umano dei flagelli – che è la perdita del gusto di vivere”. Sicuramente grave la perdita della memoria e della consapevolezza storica degli ultimi decenni, quelli delle “magnifiche sorti e progressive “ del mondo globalizzato.
A proposito della “spagnola”, che tanto spesso viene evocata in relazione alla pandemia del coronavirus che sta sconvolgendo il mondo intero, Stefan Cunha Ujvari, epidemiologo e storico insigne delle epidemia, già nel 2003 così scriveva: “Chi immagina che la storia dell’influenza spagnola appartenga solo al passato si sbaglia. Una nuova epidemia, mortale tanto quella vissuta nel 1918, è una minaccia costante ancora oggi […]. Non si può sottovalutare il potenziale di insorgenza di nuovo tipo di virus di influenza ad alto tasso di mortalità”. In questo senso la storia può servire.
        
                                                                                                                                                           Zeffiro Ciuffoletti