1.- Il Regolamento (UE) 2024/1143: la dimensione sistemica
Il 23 aprile 2024 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in nuovo Regolamento (UE) 2024/1143 sulle Indicazioni Geografiche e sulle altre indicazioni di qualità, in applicazione dal 13 maggio 2024.
Si tratta di una disciplina originale ed innovativa, che conferma – già nella scelta della base giuridica (l’art. 43.2. TFUE sul perseguimento degli obiettivi della politica comune dell'agricoltura e della pesca, e l’art. 118 TFUE sulla tutela dei diritti di proprietà intellettuale) – la capacità espansiva della Politica Agricola Comune, che dalle regole di produzione si estende a comprendere le regole di comunicazione nel mercato, in una dimensione che non è soltanto europea, ma sempre più investe l’intero mercato globale.
Le novità introdotte sono numerose, nel merito, nelle procedure, e nel disegno istituzionale.
Un primo elemento va sottolineato: la dichiarata ambizione sistemica del legislatore europeo, che dopo aver unificato nel 2012 DOP, IGP, ed STG, e collocato in un unico testo normativo anche gli altri regimi di qualità, prosegue oggi lungo questo percorso, accogliendo nel nuovo regolamento sui prodotti di qualità anche i vini e le bevande spiritose, sin qui tradizionalmente oggetto di testi normativi formalmente (ed in più punti anche sostanzialmente) separati e distinti. Tutto ciò ha, fra l’altro, conseguenze rilevanti per il settore del vino, a cominciare dalla generalizzata applicazione della tutela ex officio, che il Regolamento del 2012 aveva introdotto con formula innovativa ma limitata alle sole DOP e IGP dei prodotti agricoli ed alimentari, e che oggi è estesa anche al vino ed alle bevande spiritose.
2.- Le nuove disposizioni di merito ed istituzionali
All’interno di questo approccio unitario e sistemico, le novità sono numerose, nel merito e sul piano istituzionale e dei procedimenti.
Nel merito, oltre alla tutela ex officio (art. 42), e l’esplicita estensione della tutela ai nomi di dominio (art. 26 e 35), ed alla disciplina tra IGs e marchi, novità importanti sono state introdotte, fra l’altro: quanto all’uso dell’IG nella denominazione di vendita di prodotti che contengono tale IG fra i propri ingredienti (art. 27) con la previsione, fra l’altro, della notifica preventiva scritta di tale uso al gruppo di produttori riconosciuto per l’IG; nonché quanto all’applicazione della disciplina a tutti i prodotti realizzati nel territorio dell’Unione Europea, anche se destinati esclusivamente all’esportazione al di fuori dell’Unione (art. 26).
Trova conferma, nelle nuove disposizioni di merito così introdotte, il dialogo fra istituzioni europee e nazionali, e fra legislatori e giudici (ad esempio quanto all’adozione di una specifica disciplina UE sull’uso del nome protetto all’interno della denominazione di prodotti composti, che propone alcune prime risposte al noto caso dello Champagne Sorbet deciso dalla Corte di giustizia, e riprende alcuni elementi della disciplina italiana in materia; e quanto all’estensione della tutela anche ai prodotti destinati esclusivamente all’esportazione al di fuori del territorio dell’Unione, che offre risposte alle criticità evidenziate dalla Corte di giustizia nella decisione del 2022 sulla produzione in Danimarca di un formaggio denominato “Feta” che non rispettava il disciplinare di tale prodotto).
Anche sul piano istituzionale e dei procedimenti, le nuove disposizioni introducono modelli innovativi, che tengono conto delle esperienze maturate in sede nazionale, e delle criticità sin qui manifestate.
Esplicito rilievo è assegnato alle collettività di produttori, investite del governo delle denominazioni e chiamate a rispondere alle domande, anche in tema di sostenibilità, dell’intera società, complessivamente intesa, oltre che dei produttori e dei consumatori.
Se i primi regolamenti del 1992 dichiaratamente miravano a proteggere i nomi di prodotti agricoli e alimentari di qualità al fine di sostenere economicamente “il mondo rurale” ed “i redditi degli agricoltori”, ed il regolamento del 2012 aveva affiancato la tutela “del patrimonio culturale e gastronomico vivo” all’obiettivo di sostenere i redditi degli agricoltori, il nuovo Pacchetto Qualità del 2024 ha esplicitamente posto al centro della propria attenzione le comunità dei produttori.
La novità di prospettiva e di impianto appare sin dai primi articoli, e così già nell’art. 4, rubricato “Obiettivi”, che alla lettera (a) individua quale primo obiettivo assegnato alla nuova disciplina quello di operare: “garantendo che i produttori che agiscono collettivamente dispongano dei poteri e delle responsabilità necessari per gestire l'indicazione geografica in questione, anche per rispondere alle esigenze della società, ad esempio per la salute e il benessere degli animali, rivolte a prodotti che sono il risultato di una produzione sostenibile nelle sue tre dimensioni di valore economico, ambientale e sociale, e per operare ed essere competitivi sul mercato”.
Viene espressamente riconosciuta alla collettività dei produttori l’attribuzione di poteri e responsabilità per gestire l’indicazione geografica.
Ne emerge un disegno, che punta ad una governance diffusa, e valorizza fortemente le capacità di autogoverno.
Ai compiti tradizionalmente assegnati alle collettività dei produttori, dalla presentazione delle domande di riconoscimento di nuove DOP e IGP e di modifica dei disciplinari di produzione, alla legittimazione ad agire in sede amministrativa e giurisdizionale a tutela della denominazione, si aggiunge quello, assolutamente centrale, del governo della denominazione nel mercato.
È una linea, che da alcuni anni è presente nelle generali riforme della PAC, con il riconoscimento alle organizzazioni dei produttori ed alle loro associazioni del compito di operare nel mercato all’interno di un quadro di specialità delle regole. Con riferimento specifico ai vini a IG, non a caso già nel 2000 la ben nota sentenza Rioja 2, sull’imbottigliamento del vino a IG nella zona di origine, aveva visto la Corte di Giustizia valorizzare il ruolo delle “collettività degli stessi produttori, i quali hanno un interesse fondamentale alla conservazione della reputazione acquisita”. Questo insegnamento della Corte era in qualche modo entrato nell’acquis del diritto europeo, e le successive riforme delle DOP e IGP avevano valorizzato l’azione di questi gruppi.
Il nuovo Pacchetto Qualità fa però un ulteriore passo in avanti, lì ove individua nei produttori e nelle loro organizzazioni i soggetti centrali per la realizzazione delle finalità assegnate ai Prodotti di Qualità, e dunque delle stesse finalità assegnate alla PAC.
I produttori organizzati acquistano nel disegno europeo un ruolo essenziale nella relazione con il mercato, e con i consumatori. Da ciò una serie di disposizioni, rivolte anche agli Stati membri, intese ad assicurare la democraticità e la rappresentatività di tali organizzazioni nella definizione delle strutture interne e nell’operatività quotidiana (artt. 32-34), valorizzando l’attenzione alla sostenibilità (artt. 7-8); disposizioni che incidono in misura significativa sul modello di governo del settore, a livello nazionale oltre che unionale.
3.- La sostenibilità quale canone identitario delle IGs
Peculiare rilievo è assegnato alla “sostenibilità”, nelle sue plurime declinazioni come “sostenibilità, ambientale, sociale o economica o di benessere degli animali” (art.7), con la richiamata attribuzione alle organizzazioni dei produttori di un ruolo di leadership nella promozione di produzioni sostenibili (art. 4), la previsione di relazioni periodiche sulla sostenibilità delle pratiche utilizzate (art. 8), e l’inserimento delle pratiche sostenibili all’interno del disciplinare (art. 49).
4.- I nuovi procedimenti e la dimensione transnazionale
Il nuovo regolamento introduce norme assai dettagliate sui procedimenti e sulle opposizioni, superando le incertezze che in tema di riconoscimento di DOP e IGP avevano portato in anni recenti ad irrisolti conflitti giudiziali (esemplare in proposito la nota vicenda relativa al riconoscimento della Piadina Romagnola ed alle confliggenti pronunce giudiziali in sede nazionale ed europee); affianca alle formali opposizioni il nuovo istituto della “notifica di osservazioni” (art.26); semplifica le procedure di modifica dei disciplinari (art.24).
La competenza a decidere sulle domande di registrazione e di cancellazione di una IG, così come quella relativa alle richieste di modifica dei disciplinari nei punti maggiormente rilevanti, è confermata in capo alla Commissione europea (artt. 21, 24, e 25), mentre è assegnato all’EUIPO (innovando rispetto alla disciplina precedente) il compito di gestire e tenere aggiornato il registro delle IGs, fermo restando che spetta alla Commissione la decisione sulla denominazione (art. 22).
La dimensione transnazionale – coerentemente con una linea emersa più volte nei i recenti provvedimenti in materia agroalimentare – è anch’essa presente in misura crescente rispetto ai testi precedenti, con la previsione di specifiche procedure di registrazione di prodotti di Paesi terzi (artt.14 e 57) nonché di opposizione da parte di soggetti di Paesi terzi (art. 17), di emendamenti alle registrazioni, e di controlli nei Paesi terzi.
In una parola la dimensione transnazionale, sia in entrata che in uscita, si conferma componente essenziale della disciplina europea in materia di IGs, così come avvenuto di recente con la proiezione esterna alla UE della disciplina delle pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare.
5.- La disciplina agroalimentare come laboratorio di innovazione anche per altri settori produttivi
Occorre aggiungere che l’innovazione disciplinare, introdotta in riferimento alle Indicazioni Geografiche del settore agroalimentare, si conferma modello espansivo.
Pochi mesi fa è stato emanato l’innovativo Regolamento (UE) 2023/2411 che, ad oltre 40 anni dal Regolamento (CE) n. 2081/1992, ha previsto la registrazione e la protezione, in sede europea ed internazionale, di indicazioni geografiche che designano prodotti artigianali e industriali, riprendendo in molti aspetti, a partire dalle definizioni e dagli strumenti di tutela, le esperienze disciplinari elaborate in ambito agroalimentare.
Il diritto agroalimentare europeo si propone così, ancora una volta, quale laboratorio di innovazione, sia al proprio interno, che per la capacità di elaborare modelli e paradigmi progressivamente ripresi in altre aree disciplinari.