Il ficodindia,
Opuntia ficus indica, è stato introdotto, alla fine del ‘500, dall’America in Italia dagli Spagnoli allo scopo di allevare la Cocciniglia del carminio (
Dactylopius coccus) dalla cui emolinfa si ottiene un pregiato colorante naturale. La Cocciniglia non si è acclimatata nei nostri ambienti mentre la sua pianta ospite si è ampiamente diffusa divenendo uno degli elementi più caratteristici del paesaggio siciliano. Le bacche spinose, di colore bianco, giallo o rosso, delle tre varietà coltivate, un tempo destinate prevalentemente ai mercati locali, trovano attualmente sempre più ampi consensi anche nei mercati internazionali. Pregiati sono i frutti, denominati “bastardoni” o “scozzolati”, ottenuti dalla seconda fioritura indotta con la eliminazione meccanica della prima fioritura dalla quale derivano i meno pregiati frutti “agostani” o “latini”. La polifaga Mosca mediterranea della frutta (
Ceratitis capitata), che infesta i frutti di oltre 250 specie vegetali, nel periodo di maturazione dei “bastardoni”, raggiunge le più alte densità di popolazione e gli adulti si trasferiscono in massa sulle piante di ficodindia, soprattutto in prossimità di pescheti, ovvero di piante di kaki o di fico. La femmina della Ceratite punge, con l’ovopositore di sostituzione, i frutti deponendovi in media 7 uova; altre femmine possono deporre nel medesimo sito e pertanto in un singolo frutto possono trovarsi anche 40 larve (in media una quindicina). La bacca, tuttavia, non sembra particolarmente idonea allo sviluppo larvale, considerato che la mortalità media riscontrata supera il 70%. La puntura dell’epicarpo, indipendentemente dalla morte o dallo sviluppo delle larve, causa la marcescenza del frutto e ne pregiudica la conservazione e la commerciabilità. In relazione alla crescente importanza della coltura è in fase di attuazione il progetto “Trasferimento di innovazioni tecniche, agronomiche e di gestione del prodotto nella filiera del ficodindia”, finanziato dal Programma di Sviluppo Rurale del Fondo Europeo Agricolo. Considerato, inoltre, che
C. capitata costituisce il fitofago chiave della coltura, una delle azioni del progetto prevede il trasferimento di strategie innovative per il controllo della Mosca. Nel primo anno è stato effettuato il monitoraggio dei voli degli adulti, con l’impiego di trappole, innescate con sostanze attrattive, e il campionamento visivo dei frutti. I dati acquisiti hanno evidenziato che i frutti “agostani” sfuggono agli attacchi del Tefritide mentre i “bastardoni” possono essere efficacemente protetti con l’impiego di prodotti fitosanitari autorizzati su ficodindia e utilizzabili in agricoltura biologica. In particolare validi risultati sono stati ottenuti utilizzando un formulato commerciale a base di spinosad miscelato a proteine vegetali, a sostanze stabilizzanti e a zuccheri che mantengono la soluzione viscosa ed emettono composti volatili che rendono l’esca attrattiva per gli adulti e ne migliorano la persistenza sulle piante. Va sottolineato che le modalità d’impiego (circa 200 ml/pianta di miscela insetticida, irrorata sui clatodi) consentono di minimizzare l’impatto ambientale e di ottenere frutti privi di residui.
Foto di copertina: Frutti di ficodindia
Foto 2 Femmina adulta della Mosca della frutta