Gli ultimi decenni sono stati fecondi di neologismi, di nuove locuzioni, di ridefinizioni nominalistiche che hanno interessato il passaggio dalla disciplina urbanistica alla pianificazione territoriale, al “governo del territorio”.
Il procedere per
normative additive (in beffa al singolare
ministero per la semplificazione che si volle qualche tempo fa), quella concertazione responsabile delle competenze per governare il territorio è ancora ben lontana da esprimere linee chiare, applicabili e oggettivamente percepibili.
Il “governo del territorio”, frantumato fra stato, regioni, province, comuni, si è fatto sempre più inutilmente complesso, insidioso, malcerto. Ora si guarda alle “città metropolitane”, ma il pericolo è che si rischi l'ennesima addizione di competenze e di norme, il cui ultimo esito potrebbe fatalmente essere la conflittualità permanente fra soggetti pubblici, con la paralisi irreversibile di ogni prospettiva di conduzione organica, cioè di governo del territorio.
L'ultima voce, nella desertificazione ontologica della nostra “terrestrità” - per usare un termine caro a un grande poeta come Mario Luzi – è l'ipotesi del ministro delle politiche agricole alimentarie forestali che, ancora una volta, mi pare, sembra peccare di ingenuità rispetto all'aggressività e al permessivismo edificatorio di gran parte dei soggetti pubblici preposti alla programmazione/interdizione dell'edificazione in terreni agricoli.
Si veda il recente Disegno di legge, i cui punti salienti sono qui riassunti.
1. Definizione di “terreni agricoli” tutti quelli che, sulla base degli strumenti urbanistici in vigore, hanno destinazione agricola, indipendentemente dal fatto che vengono utilizzati a questo scopo;
2. Si introduce un meccanismo di identificazione, a livello nazionale, dell'estensione massima di terreni agricoli edificabili (ossia di quei terreni la cui destinazione d'uso può essere modificata dagli strumenti urbanistici). Lo scopo è quello di garantire uno sviluppo equilibrato dell'assetto territoriale e una ripartizione calibrata tra zone suscettibili di utilizzazione agricola e zone edificate/edificabili;
3. Si introduce il divieto di cambiare la destinazione d'uso dei terreni agricoli che hanno usufruito di aiuto di Stato o di aiuti comunitari. Nell'ottica di disincentivare il dissennato consumo di suolo la misura evita che i terreni che hanno usufruito di misure a sostegno dell'attività agricola subiscano un mutamento di destinazione e siano investiti dal processo di urbanizzazione;
4. Viene incentivato il recupero del patrimonio edilizio rurale per favorire l'attività di manutenzione, ristrutturazione e restauro degli edifici esistenti, anziché l'attività di edificazione e costruzione di nuove linee urbane.
5. Si istituisce un registro presso il Ministero delle politiche agricole in cui i Comuni interessati, i cui strumenti urbanistici non prevedono l'aumento di aree edificabili o un aumento inferiore al limite fissato, possono chiedere di essere inseriti.
6. Si abroga la norma che consente che i contributi di costruzione siano parzialmente distolti dalla loro naturale finalità – consistente nel concorrere alle spese per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria – e siano destinati alla copertura delle spese correnti da parte dell'Ente locale.
Il testo integrale dell'intervento del Prof. Gurrieri sarà a breve disponibile sul sito www.georgofili.it(Foto: Francesco Ferrini)