Che le carote facciano bene al corpo umano è cosa accertata da diversi studi, tuttavia, per ottenere questi benefici, c'è bisogno dell'attività di un enzima che nel nostro corpo può essere più o meno attivo a seconda di una determinata variazione genetica. E' la scoperta molto interessante effettuata da un team di ricercatori del Dipartimento di Scienze Alimentari e Nutrizione Umana dell'Università dell'Illinois.
Le carote fanno bene perché all'interno di questi vegetali c'è il betacarotene, un composto che tra l'altro è responsabile del caratteristico colore arancione acceso delle stesse carote. Diversi studi in precedenza hanno dimostrato che il nostro corpo può convertire il betacarotene in vitamina A e ciò va a ridurre il cosiddetto colesterolo "cattivo" che scorre nel sangue.
Ne consegue tutta una serie di benefici a catena tra cui il contrasto all'aterosclerosi, ossia l'accumulo di grassi del colesterolo nelle arterie, solo per citarne uno, probabilmente il più importante considerando che l'aterosclerosi cardiovascolare è una delle principali cause di morte in tutto il mondo.
I ricercatori hanno però individuato quella che può essere considerata come una fase critica di questo importantissimo processo di conversione del betacarotene. Quest'ultimo viene convertito in vitamina A tramite l'aiuto di un enzima denominato beta-carotene ossigenasi 1 (BCO1). Proprio l'attività di questo enzima può essere minore o maggiore a seconda di una variazione genetica.
Esistono persone che non hanno questa variazione genetica e quindi hanno un enzima meno attivo. Ciò significa che queste persone assumono meno benefici mangiando carote e che, per aver bisogno dello stesso quantitativo di vitamina A all'interno della loro dieta, debbono affiancare alle carote altri alimenti.
Si tratta di una scoperta importante perché dimostra che bassi livelli di vitamina A all'interno del corpo possono essere conseguenza anche non di una dieta cattiva ma di una mancata capacità da parte di questo enzima di convertire il betacarotene all'interno degli alimenti, soprattutto all'interno delle carote (il betacarotene può trovarsi anche in altri alimenti quali zucca, patate dolci, spinaci e cavoli).
E, considerando che i ricercatori hanno calcolato che almeno il 50% della popolazione mostra di avere la variante meno attiva dell'enzima, ciò significa che il problema relativo alla difficoltà di ottenere questo importante nutriente è anche abbastanza diffuso.
Da Freshplaza.it, 17/12/2020