Un profluvio di commenti entusiastici in chiave liberatoria ha accolto l’equiparazione, sancita dal legislatore, dei boschi che oltre alla valenza paesaggistica presentano cospicui caratteri di bellezza naturale, memoria storica, valenza culturale, protetti da vincolo paesaggistico provvedimentale, ai boschi che sono privi di tali connotati, i quali sono automaticamente assoggettati a vincolo paesaggistico per legge esclusivamente in virtù della relativa essenza morfologica.
La dicotomia valoriale delle due tipologie di bosco aveva innescato nella normativa paesaggistica la consolidata duplicazione di regimi autorizzatori, l’uno riservato ai boschi vincolati ex lege, mirato a bilanciare la tutela della relativa valenza di elementi identitari di un paesaggio, con le esigenze legate all’esercizio dell’attività imprenditoriale, attraverso l’esenzione dall’obbligo della preventiva autorizzazione paesaggistica di una gamma di attività, tassativamente individuata dal Codice dei Beni culturali e del paesaggio, ed ampliata dagli interventi legislativi successivi che di quel testo normativo hanno integrato il dettato originario; l’altro, più restrittivo, formulato ad hoc per i boschi vincolati da provvedimento amministrativo, che restringe il novero di attività liberalizzate in modo da assicurare adeguata tutela agli spiccati valori culturali espressi da questa peculiare tipologia di boschi, nel delicato equilibrio con la necessità di garantirne una adeguata gestione. In sintonia con questa scelta di applicare un regime autorizzatorio differenziato per le due categorie di boschi , il Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali con riferimento ai boschi vincolati per legge ha allargato ulteriormente le maglie delle attività esenti dalla preventiva autorizzazione paesaggistica liberalizzando una nuova gamma di interventi selvicolturali e forestali; mentre relativamente ai boschi vincolati ex actu, ha rinunciato a disegnare ulteriori contorni del relativo regime autorizzatorio, e ha demandato l’individuazione degli interventi esenti dall’obbligo della preventiva autorizzazione paesaggistica ad una codecisione Stato - Regioni da formalizzare alternativamente nel piano paesaggistico, oppure in specifici accordi di collaborazione stipulati tra le Regioni e i competenti organi territoriali del Ministero della Cultura, nel rispetto di Linee Guida nazionali redatte congiuntamente dai Ministeri referenti delle diverse funzioni del bosco, agricole, ambientali e culturali.
La reiterata assenza delle Linee guida ha creato una pesante situazione di impasse che indubbiamente invocava un rapido ed efficace superamento, mantenendo peraltro la rotta nella direzione di un regime autorizzatorio differenziato reso, a mio parere, imprescindibile nell’ottica di una corretta presa d’atto di quel quid pluris che in termini di valori culturali i boschi vincolati ex art. 132 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, possiedono rispetto agli altri boschi. Le cose sono andate diversamente, perché sulla situazione di stallo si è innestata la ferrea determinazione ad equiparare le due tipologie di bosco, estendendo ai boschi vincolati in via provvedimentale l’intero pacchetto di esenzioni dalla preventiva autorizzazione paesaggistica originariamente applicabili ai soli boschi vincolati per legge, senza neppure prevedere, come viceversa in modo oculato aveva fatto il TUFF, la formulazione di linee guida alle quali affidare, pur nell’ambito della liberalizzazione, correttivi mirati a garantire la tutela della valenza culturale di quelle peculiari tipologie di bosco.
Colpisce la tenacia con la quale questo obiettivo è stato perseguito, dapprima attraverso iniziative adottate in questa direzione dalla Regione Toscana, stigmatizzate dal Consiglio di Stato e censurate sotto il profilo della legittimità costituzionale dalla stessa Corte Costituzionale in quanto lesive della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio; successivamente, bypassando l’ostacolo della incompetenza delle leggi regionali a legiferare in tema di disciplina autorizzatoria, la così intensamente invocata e bramata assimilazione dei boschi vincolati ex actu ai boschi vincolati ex lege è stata introdotta da una norma nazionale, per inciso non corredata di prospetto riepilogativo né di relazione tecnica, l’art. 5 bis, Interventi urgenti a sostegno di attività economiche strategiche per il made in Italy, della legge 9 ottobre 2023, n. 136 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici, in emendamento al testo del decreto legge 104/2023.
Singolare la scelta di intervenire in una materia così delicata, la modifica del Codice dei Beni culturali e del paesaggio, con una norma che si colloca nel multiforme caleidoscopio di disposizioni che caratterizzano la legge 136/2023, e vanno dal caro voli alla tassazione degli extraprofitti delle banche, all’aumento delle licenze dei taxi, alle azioni di contrasto al granchio blu, al bonus del 110% per l'edilizia, alla caccia nelle zone umide.
Altrettando singolare la motivazione, esplicitata nel testo della disposizione, sottesa alla equiparazione tranchant, cioè quella di “incentivare e sviluppare le potenzialità della filiera nazionale foresta-legno e di favorire il riposizionamento strategico delle aziende italiane rispetto alla concorrenza dei mercati esteri, anche potenziando le possibilità di approvvigionamento della materia prima”. Se questa è la finalità perseguita dal legislatore, sarebbe stata, a mio avviso, preferibile optare per la scelta di plasmare strumenti idonei a favorire una gestione più oculata dei boschi vincolati ex lege, che dai dati tecnici non risultano certo deficitari dal punto di vista quantitativo, rispettando, attraverso il mantenimento di un regime differenziato, la valenza culturale dei boschi vincolati in via provvedimentale.