Green Deal, cosa resterà?

di Lorenzo Frassoldati*
  • 09 October 2024

Il Green Deal è disastroso, lo cambieremo, dice Giorgia Meloni all’assemblea di Confindustria. Il tema è l’automotive, l’industria, le tecnologie ma il segnale è inequivocabile. Praticamente nelle stesse ore la neo-vicepresidente esecutiva della Commissione UE, la spagnola Teresa Ribera, parlando con l’Ansa, si è detta “certamente” convinta della volontà di portare avanti – e forse anche intensificare – gli sforzi per realizzare il criticato Green Deal, sia pure nella nuova versione (coniata da Ursula von der Leyen) di “clean industrial plan”.
Comincia bene la nuova Commissione europea Ursula-2… La socialista Ribera è forse l’unica personalità in grado di tenere testa alla baronessa tedesca. Perché è la donna forte della delegazione socialista nel governo europeo, perché è fedelissima del premier spagnolo Sanchez e perché la sua delega è certamente una delle più prestigiose ed importati perché oltre ad occuparsi del criticatissimo Green Deal (ora chiamato ‘Transizione giusta’) ha ottenuto anche la nomina per la poltrona della ‘Concorrenza’, senza dimenticare che agirà in qualità di vicepresidente esecutivo della Commissione.
Il Green Deal si porta dietro il Farm-to-Fork cioè la sua declinazione nell’agroalimentare. Sappiamo com’è andata a finire   con l’ex vicepresidente Timmermans, sponsor di regole distruttive per le aziende agricole e per l’ortofrutta made in Italy, non concertate col mondo agricolo. La rabbia dei trattori nei primi mesi del 2024 ha travolto l’agenda-Timmermans, che poi se n’è andato per candidarsi in Olanda. Tutto è rimasto in stand-by, come congelato, e nel settembre scorso a un convegno del Ppe sulla situazione dell’agricoltura in Europa, su dossier come i fitofarmaci e gli imballaggi si è detto che “quando si fa una riflessione sull’agricoltura bisogna farla assieme, quindi con gli agricoltori”. E il nostro ministro Lollobrigida non si stanca di ripetere che “bisogna tornare all’idea dei padri fondatori dell’Europa: sostenibilità di cui l’agricoltore si fa garante e difesa delle attività agricole”.
Adesso c’è un nuovo commissario all’Agricoltura, il lussemburghese Hansen, il cui paese non può certo definirsi un paese agricolo. Inoltre il suo operato rientrerà nel radar di supervisione del nuovo vicepresidente esecutivo, il nostro Raffaele Fitto, che già controlla Coesione e Riforme. C’è da aspettarsi una radicale revisione delle regole del Farm-to-fork? O quanto meno un programma di sostegno alla sostenibilità produttiva ed economica dell’agricoltura europea per agevolare una transizione ecologica che non comporti la desertificazione delle nostre campagne a favore dei prodotti di importazione? Che soffi aria diversa nel nuovo Parlamento UE lo dimostra il voto all’unanimità dell’Europarlamento che pochi giorni fa che ha dato lo stop all’importazione di prodotti con sostanze vietate nella Ue. L’applicazione concreta del principio di reciprocità.
Comunque il cambio di passo dell’Europa nei confronti del mondo agricolo lo valuteremo concretamente sin dai prossimi appuntamenti in Commissione Ue, quando si tratterà di fare delle scelte concrete per tutelare produzione, reddito e competitività delle imprese agricole, a partire dai regolamenti su fitofarmaci e imballaggi. Per non parlare delle nuove tecniche genomiche (NGT), assenti nel report sul Dialogo strategico. Argomenti molto sensibili per Verdi e ambientalisti, che hanno votato la nuova Commissione Von der Leyen e che su tanti temi faranno valere il loro peso.
Inutile girarci intorno: la sostenibilità sociale e ambientale del mondo agricolo, la sua evoluzione verso un futuro molto più green e molto più digitale dovrà essere supportata non più solo dalla PAC ma da stanziamenti aggiuntivi che vengono quantificati in 100-150 miliardi aggiuntivi alla PAC, beninteso.  Il tema delle risorse ‘verdi’ si intreccia con quello più generale del budget dell’UE dopo che Mario Draghi ha suonato la campana nel suo rapporto sulla competitività nell’Unione. Competitività industriale e tecnologica che stiamo perdendo a favore di USA e Cina, così come stiamo perdendo la competitività ‘verde’ se le imprese agricole vedranno minacciata la loro redditività da regole soffocanti, burocrazia e strapotere di una Grande distribuzione sempre più concentrata. Draghi ha chiesto un ‘piano Marshall’ di 7-800 miliardi all’anno di debito pubblico comune, che al momento sembra più che altro un libro dei sogni per l’opposizione di Germania e altri paesi ‘frugali’.
Quando si tratterà di fare il budget agricolo, prevarranno le spinte di chi vuol continuare a produrre o di chi vuole preservare a tutti i costi l’ambiente e rendere l’agricoltura una attività hobbistica? Di chi vuole coniugare sostenibilità e competitività, o di chi vuole mettere lacci e lacciuoli alle imprese? La Von der Leyen presenterà la sua tabella di marcia entro i primi 100 giorni del suo mandato-bis. Dovrà fare esercizi di equilibrismo per tenere assieme tutti i pezzi della sua maggioranza. Il mondo agricolo sta alla finestra, per capire cosa succede. Gli interessi dell’ortofrutta saranno tutelati da Italia e Spagna, le due grandi potenze produttive, questo è certo.
L’Italia a Bruxelles può contare sulla competenza dell’eurodeputato Herbert Dorfmann, vicinissimo al mondo agricolo. Non c’è più il nostro ex ministro Paolo de Castro, ma voci insistenti lo danno come superconsulente al fianco del vicepresidente Fitto che avrà bisogno di consigli e del patrimonio di conoscenza e relazioni del nostro ex ministro. Anche per tracciare la rotta al neo-commissario Hansen, chiamato a far dimenticare il suo predecessore, il polacco Wojciechovski, che più che dannoso è stato inutile.

*direttore Corriere Ortofrutticolo e CorriereOrtofrutticolo.it