Le alluvioni e il disastro idrogeologico e umano avvenuto nei giorni scorsi nelle Marche ci fanno giustamente preoccupare: cosa avverrebbe dove abito io se arrivasse una bomba d’acqua simile? Ogni volta che sentiamo soffiare forte il vento e vediamo avvicinarsi il mal tempo temiamo che il consueto temporale di una volta si trasformi in una catastrofe. Anche le persone meno informate e più scettiche ormai possono constatare direttamente le conseguenze dei cambiamenti climatici e osservare come il territorio diventi sempre più fragile e a rischio di dissesto. Una volta il dissesto interessava soprattutto le campagne e i villaggi, ma sempre più di frequente interessa le città. L’urbanizzazione in Italia aumenta a un ritmo forsennato (più di 2 metri quadri al secondo, nel 2021 il valore più alto degli ultimi 10 anni) e gli insediamenti coprono territori sempre più vasti e sempre più densamente urbanizzati, contribuendo ad aumentare il rischio di disastro per persone e cose.
Si richiede giustamente una maggiore cura del territorio e manutenzione delle opere idrauliche, ma ai suoli si pone poca attenzione. In occasione del recente disastro si è detto che a motivo della grande siccità estiva i suoli non hanno consentito alla pioggia di infiltrarsi e hanno favorito lo scorrimento superficiale. In realtà, non è tanto la condizione di suolo secco che impedisce l’accettazione delle piogge, ma il suo compattamento! Un suolo ben strutturato, anche se secco, consente all’acqua di infiltrarsi in profondità, ma non se è compattato. Il compattamento avviene in conseguenza della distruzione della struttura superficiale causata dalla mala gestione agricola. I suoli marchigiani sono spesso molto poveri di sostanza organica, che favorisce la strutturazione del suolo, e quando sono interessati dal passaggio di macchinari pesanti si costipano per molti centimetri. Perdono così un servizio ecologico importante: la regimazione dei deflussi idrici. Abbiamo visto e sentito come in occasione del disastro il livello dell’acqua sia aumentato in pochi minuti; se i suoli avessero trattenuto l’acqua anche solo per poche ore avrebbero dato alle persone il tempo di salvare loro stessi e di limitare i danni. Bisognerebbe davvero realizzare una transizione ecologica nella gestione agricola del territorio agricolo e forestale, basata su una agricoltura sostenibile e di precisione.
Analogamente, nelle città e nei paesi i danni sono stati aumentati dalla cementificazione e quindi dalla impermeabilizzazione del suolo. Guardando il territorio urbano nel dettaglio, si nota la scarsità di aree verdi. E’ vero che nel caso di eventi alluvionali così notevoli, i pochi terreni liberi da insediamenti e drenanti non sarebbero stati sufficienti a infiltrare tutta l'acqua, ma avrebbero certamente contributo a limitare i danni. Un aspetto urbanistico che viene poco considerato infatti è che i suoli delle aree verdi nei centri urbani svolgono importanti servizi ecosistemici, tra cui quello di assorbire le acque in eccesso. Cioè funzionano come tante casse di espansione distribuite tra le case, tanto più necessarie quando non ci sono casse di espansione lungo i fiumi e tra i rilievi collinari e l'abitato. I suoli delle aree verdi e anche quelli delle pavimentazioni drenanti possono non solo assorbire le precipitazioni di una bomba d’acqua, ma anche accogliere una parte delle acque in eccesso non smaltite dalle fognature o di esondazione dei corsi idrici. I suoli drenanti sono quindi di fondamentale importanza per la prevenzione del rischio idrogeologico in città. I piani urbanistici andrebbero fatti al grande dettaglio, considerando la natura dei suoli prima di determinarne il tipo di destinazione urbanistica e anche orientandone la gestione in modo da valorizzare i servizi ecologici, esattamente come si dovrebbe fare con l’agricoltura sostenibile e di precisione.