Si complica lo scenario e si smarriscono le certezze nel labirinto della crisi, nata da politiche finanziarie disinvolte e poi estesa a tutta l’economia. Ne sono colpiti tutti i settori, compresa l’agricoltura che produce nuova ricchezza e non si limita a compravendere prodotti finanziari. La produzione agricola non si è arrestata, ha subito forti scossoni per le due ondate al rialzo e poi al ribasso dei prezzi. Anche la contrazione dei consumi alimentari è stata modesta e inferiore a quella generale. Gli Italiani hanno modelli di consumo da Paese ricco e l’alimentazione non è sentita come un problema prioritario, ma rimaniamo deficitari di prodotti agricoli e alimentari. La produzione non perde terreno, ma da almeno un decennio le rese non aumentano. Ci stiamo incamminando su una strada che non considera l’esigenza di incrementarla perché preferiamo privilegiare altre valenze dell’agricoltura. Diamo per scontato che qualcuno, nel mondo, produrrà per noi gli alimenti e le materie prime per ottenere i grandi prodotti della nostra tradizione.
Gli effetti della crisi sull’agricoltura, in un mondo in cui cresce la popolazione e salgono i consumi, indicano un futuro non rassicurante in cui riflettere sul suo ruolo e sulla responsabilità dei paesi ricchi negli equilibri mondiali. Non ci sono solo i prodotti di alta qualità in un mondo in cui saremo sempre più numerosi ed esigenti. Ecco perché serve aumentare l’offerta agricola a costi competitivi, stimolando la ricerca, il progresso scientifico e tecnologico e la sua diffusione, puntando sul potenziale effetto leva che ciò può determinare. Come per tutta l’economia la ricetta per uscire dalla crisi è l’aumento della produttività.
Abstract dell’articolo pubblicato sul magazine
Karpòs, anno I - n°1