A 20 anni dalla firma della Convenzione Europea del Paesaggio (CEP, Firenze, 2000) e in piena attuazione degli obiettivi ONU per lo sviluppo sostenibile previsti dall’Agenda 2030, con il loro specifico richiamo alla salvaguardia degli ambienti terrestri, al contrasto ai cambiamenti climatici e alla trasformazione delle città verso modelli sostenibili, resilienti e salubri, la formazione di competenze e professionalità in grado di affrontare queste sfide rappresenta una necessità, ma anche una opportunità di sviluppo economico green e di lavoro nel settore dei green jobs.
In questi tempi ultimi, forzatamente a causa dell’emergenza sanitaria globale, abbiamo abitato di più le nostre città, le nostre case, abbiamo guardato con più attenzione i dintorni dalle finestre delle case, dai giardini o terrazzi ora affacciati sulla campagna, ora su palazzi e strade. Sicuramente abbiamo compreso il valore del paesaggio e degli elementi che lo costituiscono, architettonici e naturali, per il nostro benessere. Abbiamo compreso il valore di abitare spazi costruiti funzionali a rispondere alle necessità individuali, familiari, di lavoro, relazionali e di spazi aperti verdi per la nostra salute e benessere psicofisico.
La conoscenza e la valorizzazione del Paesaggio è parte integrante di modelli di sviluppo sostenibile dei territori urbani e rurali e richiede una specifica formazione culturale. Il ruolo fondamentale della cultura del territorio e della formazione e educazione al paesaggio viene costantemente ribadito nei documenti delle politiche programmatiche nazionali e internazionali. Enunciato nell’ articolo 6 della CEP, fatto proprio dallo statuto di UNISCAPE (la rete di Università europee per gli studi sul paesaggio), ripreso nella recente Carta Nazionale del Paesaggio (Mibact, 2018) come strategia chiave per il paesaggio italiano, questo ruolo implica un apprendimento che vada oltre i confini delle singole discipline scientifiche, perché una realtà come il paesaggio - che è un sistema di sistemi - è troppo complessa per essere compresa con una sola o poche di queste. L’apprendimento per lo sviluppo sostenibile deve basarsi anche su ibridazioni, contaminazioni di saperi da mondi diversi, rendendo l’apprendimento non semplicemente un fatto estemporaneo e circoscritto, ma parte di un processo basato sulla volontà di una autentica innovazione nelle conoscenze e nelle prospettive, un profondo cambiamento culturale che deve iniziare quanto prima a livello universitario.
La filiera educativa sul paesaggio messa a sistema dall’Università della Tuscia e da Sapienza Università di Roma è rispondente a questa esigenza in modo innovativo, interdisciplinare sia nei contenuti che negli strumenti offerti e metodi di insegnamento, in cui la scienza e arte dell’architettura si intersecano con le scienze agrarie e forestali, biologiche e ambientali. Un corso di laurea triennale in Pianificazione e progettazione del paesaggio e dell’ambiente (classe di laurea L21) e un corso di laurea magistrale in Architettura del paesaggio (classe di laurea magistrale LM3), entrambi inter-ateneo, con un curriculum in lingua inglese per far fronte anche alle crescenti necessità di internazionalizzare la formazione universitaria, con un duplice canale di sbocco professionale riconosciuto dagli Ordini professionali degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori e degli Agronomi e Forestali, traducono in competenza tecnico-scientifica il tanto evocato rapporto Architettura e Natura, tratto distintivo di ciascuna di queste offerte formative. Il tutto nello scenario della città metropolitana di Roma, laboratorio a cielo aperto unico nelle sue caratteristiche come modello di biocity, di integrazione fra capitale culturale e naturale (le architetture, l’archeologia, la campagna romana, i boschi e le tenute forestali, i giardini storici, le infrastrutture verdi urbane, il fiume e il mare) e di distretto agroalimentare di riconosciuta valenza internazionale.
Città, campagne e boschi richiedono cura, manutenzione, salvaguardia, in due parole pianificazione e progettazione a tutte le scale di intervento. Ma è questa una attenzione non settoriale ma di sistema, in pieno accordo con i principi dell’ecologia. La cura richiede consapevolezza e coscienza, ma anche senso di responsabilità verso gli altri. É una questione etica. La promozione di un pensiero ecologico deve stare alla base della progettazione e pianificazione dell’ambiente urbano e rurale, ma anche dell’apprezzamento e affermazione di interventi che rappresentino l’attuazione di una visione di tipo ecologico nel prendersi cura di un luogo. È una necessaria nuova condizione culturale, una “strategia di sopravvivenza” che si apprende dove si genera cultura, a cominciare dalle Università.
Per informazioni:
http://www.unitus.it/it/dipartimento/dibaf
https://www.architettura.uniroma1.it