A commento delle recenti calamità idrogeologiche avvenute in Romagna abbiamo sentito da più parti l’affermazione che la siccità dei suoli avrebbe contribuito al disastro. La perdita di umidità li avrebbe lasciati privi della capacità di assorbire l'acqua piovana. In realtà l’infiltrazione dell’acqua è un processo complesso che dipende da vari fattori, in primis dalle condizioni superficiali del suolo, quali rugosità, presenza di coperture di pietre e materia organica, sua idrofobicità, presenza di fessure e crepe, oltre che dalla morfologia del luogo e dalla altezza della falda freatica, ma dipende soprattutto dalla sua porosità. E’ la presenza di macropori interconnessi e collegati alla superficie che permette all’acqua di infiltrarsi e permeare in profondità. Per cui sono piuttosto l’incrostamento e il compattamento superficiale e profondo i veri responsabili della ridotta penetrazione di acqua nel suolo.
I suoli delle aree alluvionate sono caratterizzati da tessiture fini e da una bassa capacità di accettazione delle piogge e conducibilità idrica (vedi Geoportale Regione Emilia-Romagna https://mappe.regione.emilia-romagna.it/). Sono anche contraddistinti da valori di sostanza organica piuttosto bassi. Sono suoli spesso poco strutturati, con aggregati deboli e poco stabili. Questi caratteri li rendono particolarmente sensibili alla degradazione strutturale a seguito di lavorazioni profonde o frequenti e del passaggio dei macchinari agricoli. Il risultato sono le croste superficiali, quelle sì particolarmente evidenti durante i periodi siccitosi, e la riduzione della capacità idrica massima, cioè della loro capacità di invaso idrico naturale. A seconda del tipo di suolo e della natura dei suoi orizzonti profondi si può passare da valori di oltre 300 mm a meno di 100 mm. E’ evidente come ad una riduzione della capacità di invaso del suolo corrisponda un tempo minore per arrivare alla saturazione idrica, per cui il tempo di corrivazione si riduce proporzionalmente. Questo è un fattore della massima importanza, perché ridurre il tempo che passa tra un evento pluviometrico notevole e la piena dei corsi idrici che drenano i suoli comporta una diminuzione delle possibilità di prevenire e contrastare l’alluvione, o anche solo di avvertire la popolazione del rischio imminente.
La perdita di sostanza organica, la degradazione strutturale, la perdita di capacità di invaso dei suoli sono processi poco evidenti e per questo largamente sottovalutati, anche in Emilia-Romagna. L’agricoltura può dare un grande contributo alla riduzione del rischio idrogeologico, ma ha bisogno di politiche specifiche e strumenti adeguati. La conoscenza di dettaglio delle caratteristiche idrologiche dei suoli dovrebbe guidare ogni scelta gestionale e programmatoria.
Ai romagnoli e alla Regione Emilia-Romagna va il nostro pensiero e tutta la nostra solidarietà. C’è da augurarsi che a ispirare le misure che certamente verranno attuate per prevenire future catastrofi ci sia anche una consapevolezza maggiore e generalizzata della necessità di ridurre il compattamento dei suoli e di migliorarne la struttura, in particolare attraverso la riduzione dell’impatto dei macchinari agricoli.