Siamo in un periodo tutt’altro che semplice per il nostro Paese, che si trova a fronteggiare un’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus, responsabile di aver provocato ad oggi oltre 56.000 vittime al mondo.
Le scuole di ogni ordine e grado, le università e la maggior parte delle attività commerciali sono chiuse per impedire la diffusione del virus e il Governo sta lavorando affinché questo blocco del sistema non abbia ripercussioni catastrofiche sull’economia.
In Italia i contagiati sono oltre 115.000 e, secondo le ultime indagini, il picco dei contagi non è ancora arrivato.
Provare a controllare il caos negli ospedali, ormai al collasso, è di primaria importanza, ma ci siamo chiesti quali saranno invece le ripercussioni sulla filiera agro-alimentare e sui prodotti Made in Italy a breve e a lungo termine?
Senza adeguate misure di prevenzione il virus rischia di rappresentare una minaccia anche per l’agricoltura, nonché sul comparto zootecnico.
Al Nord, colpito per primo dal virus, nella prima metà di febbraio si è registrato un calo nella domanda del latte provocando un crollo dei prezzi della materia prima, mettendo gli allevamenti in una posizione di grande difficoltà a causa dei caseifici che cominciano a non ritirare il latte.
Il Consorzio per la Tutela del Grana Padano ha inviato una lettera ai caseifici consorziati per invitarli a evitare speculazioni acquistando partite di latte a prezzi stracciati, avvisando che le forme eventualmente prodotte con questo latte non saranno marchiate “Grana Padano”.
Turismo e attività commerciali sono già in gran parte compromessi e, senza un tempestivo intervento, potrebbe essere colpita anche la filiera agro-alimentare.
La perdita stimata si aggira attorno ai 7 miliardi di euro nel breve periodo, a fronte di una riduzione del PIL per quest’anno dello 0.2%, ma secondo alcune ipotesi il danno sarà ancora maggiore.
Il 2018 era stato un anno record per il turismo in Italia, contando più di 128 milioni di arrivi, ma con questa emergenza sanitaria ci si aspetta sicuramente una riduzione di almeno 22 milioni di turisti entro maggio, con una perdita economica inestimabile. Infatti, tra i turisti stranieri, 2 su 3 acquistano prodotti made in Italy, per ricavi di oltre 30 miliardi di euro l’anno.
In poche parole: nessun settore è immune al Covid-19!
A destare preoccupazione non è solo l’acquisto di prodotti alimentari “famosi” da parte dei turisti quando vengono in visita nel Bel Paese, ma anche l’export degli stessi!
Già nel primo mese dell’anno abbiamo assistito ad un calo del 12% dell’export dei prodotti Made in Italy in Cina.
Ricordiamo che l’Italia, con i suoi prodotti a marchio DOP, DOC, DOCG IGP (se ne contano ben 4886) ha esportato nel 2018 oltre 42 miliardi di euro, valore addirittura aumentato nello scorso anno. I prodotti italiani più esportati in Cina sono senza ombra di dubbio i vini e gli spumanti, la cui commercializzazione ammonta a 140 milioni di euro l’anno, seguito dal colosso dell’olio extra vergine di oliva e i formaggi stagionati.
E’ quindi inevitabile che la riduzione delle attività commerciali o il completo lock-down di alcuni esercizi avrà importanti ripercussioni economiche sulla tutta la filiera agro-alimentare.
Tra l’altro le aziende agricole sono attività ampiamente diffuse nelle regioni colpite dal Covid-19: se ne contano più di 73.000 in Emilia Romagna, altrettante in Veneto e oltre 54.300 in Lombardia (circa 986 mila ettari coltivati).
Questi numeri ci fanno rendere conto di quanto sia importante supportare la loro attività e il loro fatturato, in previsione di un imminente calo di vendite principalmente all’estero.
Purtroppo sono già stati fissati dei limiti al trasporto di merci oltre il confine nazionale, e molti autotrasportatori esteri si rifiutano addirittura di varcare il confine italiano (dove ad oggi i positivi al virus sono oltre 21 mila) non solo per la paura di essere contagiati, ma anche per il timore di rimanere bloccati nel nostro Paese.
Inoltre, la quasi totalità dei trasporti in Italia avviene su gomma, quindi l’eventuale blocco di mezzi come i Tir rischierà di bloccare l’intero sistema della commercializzazione dei prodotti.
Un esempio pratico è ciò che sta accadendo in Austria, dove ci sono limitazioni dei tir al Brennero, ed è necessario comprendere se si tratta di discriminazione nei confronti delle nostre merci o se è solo preoccupazione e timore del contagio. È imperativo quindi che il trasporto merci avvenga in piena sicurezza, al fine di impedire eventuali rifiuti o blocchi di marci italiane.
Non sono di aiuto tantomeno le fake news, secondo le quali il virus potrebbe essere veicolato attraverso la superficie dei prodotti, motivo per cui sono iniziate a circolare richieste di certificati “virus-free” privi di fondamenta, dato che una delle prime notizie diffuse dallo scoppio del virus era proprio che “Le merci in arrivo dalla Cina risultano sicure, ed è possibile continuare ad acquistare prodotti provenienti dalla Cina”, quindi non c’è motivo di dubitare della sicurezza dei prodotti italiani.
Anche perché introdurre nuove certificazioni, oltre alle numerosi già esistenti, non farebbe altro che rendere più difficile la commercializzazione, già fortemente ostacolata in modo ingiusto.
Tra l’altro l’Italia è il Paese che ha il più elevato numero di certificazioni per quel che riguarda la sicurezza alimentare, quindi attualmente non c’è motivo di preoccuparsi sulla “salute” dei nostri prodotti.
Non dimentichiamo i forti vincoli imposti ai singoli cittadini, obbligati ad uscire il meno possibile dalle proprie abitazioni, se non per gli spostamenti strettamente necessari, il che causa una minore attenzione ai prodotti alimentari ricercati, ma inducono il consumatore ad una spesa di pura “necessità”.
Inoltre, secondo l’indagine di Coldiretti, attualmente un’azienda su due che esporta prodotti agro-alimentari ha ricevuto disdette degli ordini provenienti dall’estero. Ciò è molto preoccupante, in quanto potrebbero prendere piede fenomeni di frodi e contraffazioni, con la divulgazione all’estero di prodotti spacciati per italiani, come è accaduto con il concentrato di pomodoro cinese o le bottiglie di olio tunisino.
Tuttavia è importante fare notare che il bilancio dell’export italiano subirà indubbiamente un calo notevole, ma si prevede comunque un bilancio positivo alla fine dell’anno, sebbene non all’altezza a quello degli scorsi anni. Cessato il picco dell’epidemia (atteso intorno alla metà di aprile) ci si aspetta una ripresa del nostro Paese dopo la seconda metà del 2020.
Ricordiamo che fondamentale è il coordinamento tra le istituzioni italiane e quelle europee affinché possa avvenire una libera circolazione delle merci.
Ora più che mai è necessario sviluppare un senso di fiducia e collaborazione a livello globale, volto alla protezione di ciascuna economia in questo grande clima di emergenza internazionale.
*Autore del Blog dei Georgofili per i giovani