Il bacino del Mediterraneo è considerato una delle zone maggiormente vulnerabili ai cambiamenti climatici e, in assenza di strategie di mitigazione e adattamento, subirà gli effetti più pesanti del riscaldamento globale dell’atmosfera.
Numerose ricerche hanno peraltro già stabilito che in Europa la stagione primaverile-estiva si è allungata, oltre ad essersi anticipata di 2,5 giorni rispetto al passato e questo determina degli effetti anche sulle attività agropastorali ed in particolare sulla zooteecnia. Le temperature elevate infatti influenzano negativamente sia l’attività produttiva che le performance riproduttive, soprattutto degli animali di grande mole come bovini e suini, in quanto una buona parte dell’energia derivante dagli alimenti viene spesa per mantenere costante la temperatura corporea e non viene, quindi, destinata alle altre attività (produzione di latte, accrescimento, gravidanza, ingrassamento etc.).
Esistono peraltro molti indici biometeorologici che possono essere utilizzati per valutare gli effetti del caldo sul bestiame e tra di essi il più utilizzato è il Temperature Humidity Index (THI) che combina i valori di umidità e temperatura per fornire delle scale di rischio. Studi recenti evidenziano come nel 2040 si registrerà un deciso incremento di tale indice sulle regioni che si affacciano sul mediterraneo, in particolare Francia meridionale, Italia, Spagna e Grecia ma tale aumento riguarderà anche parte dell’Europa Centrale.
Le conseguenze saranno un aumento delle patologie che interesseranno gli animali, una minore riproduzione e pertanto una minore produzione sia di carne che di prodotti derivati. Sarà quindi necessario intervenire mediante l’adozione di specifiche strategie di adattamento per fronteggiare il fenomeno.