Professoressa, ci può aggiornare sull’impatto del cambiamento climatico sulla nostra società?
Possiamo prendere spunto dai 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, il programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel 2015 dai quasi 200 Paesi membri dell’ONU. Essi sono “Obiettivi comuni”, vale a dire che riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui: nessuno ne è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità. Ebbene, è facile dimostrare che ben oltre la metà di questi temi presentano interazioni importanti con il cambiamento climatico. E, ovviamente prescindendo dal Goal 13 (“Climate action”) totalmente dedicato a tale problema, sfide quali il contrasto alla povertà e alla fame, il perseguimento di salute e benessere, la qualità dell’ambiente e delle forme di vita terrestri e marine, la sostenibilità delle aree urbane, la giustizia sociale, si trovano a confrontarsi quotidianamente con le problematiche connesse proprio con i mutamenti climatici in atto. La temperatura è un fattore fondamentale nel condizionare le funzioni biologiche, dalle più semplici, come una attività enzimatica, alle più complesse, come quelle relative a un ecosistema. Al variare dei parametri termici si innescano modificazioni che comportano lo stabilirsi di nuovi equilibri biologici, migrazioni di popolazioni, riassortimento di biocenosi. Particolarmente delicato è il rapporto tra piante e organismi nocivi: assistiamo con frequenza sempre maggiore a preoccupanti recrudescenze di malattie note da tempo ma sinora poco importanti. Il clima è in costante divenire, ma mai nella storia dell’umanità l’azione antropica ha introdotto fattori di pressione con velocità e intensità paragonabili a quelli ai quali stiamo assistendo, per non parlare dei modelli predittivi, di cui la comunità scientifica sta discutendo da tempo. Si tratta di un fenomeno epocale, a cui nessun essere vivente ha mai assistito prima, che rischia di sconvolgere il nostro ordine naturale, politico e sociale. Interi capitoli dei nostri libri di testo dovranno ben presto essere riscritti per aggiornarli ai nuovi scenari. Non è un caso che questi argomenti si trovino ai primi posti dell’agenda politica di tutti i governi; purtroppo, però, anche in questo caso, … tra il dire e il fare…
Professoressa, mi sembra di cogliere scetticismo in questa frase …
Il cambiamento climatico è un tema che fa fatica a essere percepito dal pubblico, e in realtà le attività che contribuiscono al riscaldamento globale sono azioni innocenti, banali, come guidare un veicolo, scaldare una tazza di caffè, salire su un ascensore, usare un computer o riscaldare la propria abitazione. Tutti processi che hanno quasi sempre alla base quella che possiamo definire “la madre di tutti i problemi”, vale a dire la combustione di materiali fossili, con conseguente rilascio in atmosfera di biossido di carbonio, il principale agente clima-alterante. Un altro elemento critico è la facile confusione nell’opinione pubblica tra ’clima’ e ‘meteo’. Infatti, è vero che in un contesto incontrovertibile di riscaldamento globale possono verificarsi episodi puntiformi che lasciano perplessi, come giornate particolarmente fredde in piena estate, ben al di sotto delle medie. Ma non lasciamoci ingannare: la climatologia lavora su periodi di tempo infinitamente più lunghi della meteorologia.
Parliamo di argomenti di stringente attualità: pandemia di Covid-19, qualità dell’aria e clima
Abbiamo assistito a un esperimento imprevedibile e altrimenti impensabile: la riduzione in tempi rapidissimi delle emissioni di inquinanti atmosferici e gas serra dovuta ai lockdown estesi praticamente in tutto il mondo. Ebbene, i risultati sono preoccupanti, perché a fronte di significative riduzioni nelle emissioni di CO2, la sua concentrazione in atmosfera non è mutata in maniera apprezzabile e non ha prodotto alcun beneficio in termini ambientali. In realtà, il fenomeno era prevedibile sulla base delle note caratteristiche di persistenza della molecola. È l’ennesima conferma che i guasti che stiamo causando al clima si ripercuoteranno sulle generazioni future e quindi dobbiamo agire ancora più in fretta. Lo dicono in molti, ma le risposte sono blande e il raggiungimento dei seppur modesti obiettivi che faticosamente i decisori politici hanno concordato sembra sempre problematico.
E’ chiaro che dobbiamo fare di più, e subito. Qual è il ruolo del sistema universitario?
Ovviamente le aspettative del sistema Paese nei confronti del mondo della Ricerca e della Formazione sono enormi, e non mancano le competenze per offrire proposte. È necessario che i giovani vengano educati e portati a conoscenza di tutte le implicazioni ecologiche delle loro attività, indirizzandoli verso il risparmio, il riuso e il riciclo, in un’ottica di economia circolare. Desidero cogliere l’opportunità per segnalare due recentissime iniziative didattiche che hanno visto l’Università di Pisa protagonista: mi riferisco al neonato corso master di II livello in Sviluppo Sostenibile e Cambiamento Climatico (https://www.agr.unipi.it/master-in-sviluppo-sostenibile-e-cambiamento-climatico/) e al primo Dottorato di Ricerca Nazionale su Sviluppo Sostenibile e Cambiamento Climatico (http://www.iusspavia.it/phd-sdc), nell’ambito del quale istituzioni accademiche e di ricerca di tutta Italia uniscono le competenze in un programma multidisciplinare teso a cercare nuove soluzioni a un problema epocale. Questo dottorato è offerto da un consorzio di più di 30 atenei, tra cui l’Università di Pisa, la Scuola Superiore Sant’Anna e la Scuola Normale Superiore, e ha sede amministrativa presso la Scuola Universitaria Superiore di Pavia (IUSS). Oltre 150 i docenti coinvolti nella formazione e conduzione delle attività di ricerca, tra cui molti esponenti delle istituzioni accademiche e di ricerca pisane.