E’ forse banale ribadire quanto, immerso nel difficile contesto mondiale e nel complesso panorama comunitario, il sistema agroalimentare italiano si trovi di fronte a simultanee e molteplici sfide: la gestione sostenibile delle risorse naturali (Green Deal e Biodiversity), il contrastante bisogno di produrre di più e in modo sempre più attento verso la salute e la sicurezza (One Health), la circolarità e l’efficienza dei flussi tra produttori e consumatori (Farm to Fork) e la competizione verso le nuove economie agroalimentari e le loro diverse regole.
Per sostenere un necessario cambio di prospettiva e tornare prima alla normalità poi alla crescita, l’innovazione legata anche alle opportunità offerte dal PNRR è ora il principale motore di sviluppo. Per definire e inquadrare le priorità, il CL.USTER N.AZIONALE A.GRIFOOD ha elaborato e presentato a Parma il 5 maggio scorso durante lo svolgimento di CIBUS, il position paper per la Crescita Economica e Sostenibile del settore Agroalimentare italiano basato su ricerca e innovazione, inquadrando quattro trend tecnologici progettuali, su cui si sono raccolte manifestazioni di interesse di grande imprese, PMI e associazioni agricole e industriali.
Il primo di essi riguarda “Decarbonizzazione dei Sistemi Agroalimentari”, ed è volto alla riduzione drastica delle emissioni di gas-serra. In particolare, la gestione degli allevamenti animali, fortemente impattante da questo punto di vista, deve considerare una migliore gestione dei liquami (stoccaggio, spandimento), l’adozione di fertilizzanti organici, la messa a punto di mangimi additivati e il miglioramento della alimentazione animale. Nel contempo, anche la gestione del suolo deve favorire la sua naturale capacità ad agire come serbatoio di carbonio, minimizzandone anche la perdita. A tale scopo, tecniche miste includono anche l’uso di ammendanti organici, si rinnovano tecniche conservative e di Carbon farming, si allarga l’uso dell’agricoltura di precisione. Sono interessanti gli intrecci tra comparti alimentare e energetico: l’uso della biomassa da sottoprodotti e scarti del settore, le colture ligno-cellulosiche dedicate e tradizionali, i fanghi di depurazione delle acque per la produzione di biogas, il biometano hanno raggiunto ormai livelli elevati di maturità tecnologica (Tecnology Readiness Level 8-9), mentre si vanno ottenendo interessanti risultati dalla sperimentazione di colture dedicate come le microalghe per convertire la quota di CO2 contenuta nei biogas in altri prodotti energetici. In generale e in un’ottica di bioeconomia, le tecnologie per lo stoccaggio della CO2 sviluppate dal settore energetico (CCS- Carbon Capture and Storage) vanno raggiungendo livelli avanzati, ed è promettente il loro prossimo utilizzo per la produzione di bioenergia a partire da fonti agroindustriali. Certamente, nella condizione di produrre di più in superfici sempre più ridotte, si dovrà operare un processo di intensificazione sostenibile dell’intera filiera, che includa tracciabilità e logistica mirate ad ottimizzare anche i trasporti in fase di distribuzione.
L’incremento delle prospettive di digitalizzazione è al centro del trend tecnologico “Tracciabilità dei prodotti agroalimentari, logistica e piattaforme fisiche e digitali” e rappresenta una priorità strategica nell’agenda politica delle istituzioni europee. La nostra nazione ha una competitività molto scarsa in questo campo, e si attesta al ventesimo posto sui 27 stati membri dell’UE, con grado di allineamento molto eterogeneo condizionato dalle dimensioni aziendali (molte difficoltà permangono per le PMI su marketing, vendite, finanza e controllo, sistemi informativi, acquisti e catena di approvvigionamento). Nel settore alimentare, l’uso dei “big data” è ancora all’alba ma vanno crescendo gli usi di soluzioni tecnologiche innovative su blockchain, QR codes, App, IoT e Cloud, che portano verso quello che viene denominata Agricoltura 4.0. L’implementazione di tecnologie di tracciabilità potrà consentire alle aziende di migliorare il rendimento dei propri sistemi produttivi, in diversi punti strategici. Ad esempio, spostare all’ indietro la tracciabilità, partendo già dal seme e dalle “breeding technologies” per favorire un migliore adattamento e miglioramento produttivo, ridurre la vulnerabilità a frodi e sofisticazioni, promuovere trasparenza e sostenibilità, migliorare le allerte precoci e la gestione del rischio riducendo le perdite, gestire le eccedenze e consentire il riallocamento e riutilizzo nel terzo settore. Le strategie si basano, oltre che sulla automazione e l’allargamento della connettività, sull’accompagnamento verso una transizione digitale, coinvolgendo le aziende nella co-progettazione e favorendo la formazione delle competenze e la cultura digitale. E’ interessante vedere che il sistema di tracciabilità potrà integrare agricoltura e sensoristica di precisione con il monitoraggio e allerta climatico, i sistemi di gestione logistica, i nuovi sistemi di smart packaging, i modelli collaborativi.
Il terzo trend tecnologico considera il “Made in Italy e One Health”. Inutile dire quanto il settore sia preponderante nel Paese, e quanto necessarie siano le azioni di supporto e protezione del marchio. Le contraffazioni, la concorrenza sleale, il rischio dell’”italian sounding” che induce nel consumatore false convinzioni circa origine, provenienza e autenticità dei trasformati Made in Italy, sono noti a tutti. L’Italia è l’unico Paese al mondo che vanta oltre 300 indicazioni geografiche riconosciute per i prodotti alimentari e circa 500 per il comparto vini, cui si aggiungono più ‘di 5000 prodotti tradizionali riconosciuti a livello regionale. Tutto questo per merito della grande biodiversità presente sul nostro territorio (stimata in circa 7000 specie vegetali e 58000 specie animali) e al lavoro professionale e attento di tutti coloro che nel tempo hanno saputo conservare, valorizzare e produrre anche in condizioni marginali e disagiate. Le sfide più difficili nella ottica del Green Deal (sintetizzabili in : -50% antiparassitari chimici, -20% fertilizzanti, -50% antibiotici per allevamenti e acquacoltura, -50% perdita nutrienti dal suolo e + 25% biologico) riguardano tutte le fasi delle filiere produttive a partire dalla produzione primaria fino alla industria di trasformazione, ed associano alle strategie di sostenibilità strategie tecnologiche volte a preservare le qualità nutrizionali, organolettiche, igienico sanitarie dei trasformati, l’ ampliamento della gamma di prodotti inclusi quelli funzionali, la gestione e la riconversione dei sottoprodotti. Non trascurabili sono anche gli sviluppi di nuove strategie di marketing per il contrasto alla concorrenza e la guida delle preferenze del consumatore verso prodotti di eccellenza e l’adozione di stili di vita e di consumo sostenibili e salutari. Oltre a tutto questo, e per fare qualche esempio, sono prioritarie l’implementazione di nuove pratiche agronomiche per la biofortificazione e la qualità nutrizionale dei prodotti freschi, l’introduzione o re-introduzione di specie e varietà sotto-utilizzate ad elevato valore salutistico e resilienza, lo sviluppo di filiere dedicate a specie ricche di nutrienti e proteine per limitare le importazioni da paesi non UE. Anche in questo caso, si prevedono percorsi basati su modelli partecipati aperti, che favoriscano una organizzazione tra i diversi soggetti delle filiere in un’ottica di reciproco supporto.
La pandemia ha fatto emergere numerose fragilità dei modelli di produzione e consumo a livello mondiale, basati preminentemente su una logica di sfruttamento delle risorse. In questo si inquadra il trend tecnologico “Valorizzazione dei Foods by product e riduzione degli sprechi”. In questo contesto, molto giocano anche la mancanza di coordinamento tra i diversi partecipanti ai processi di produzione, e lo spreco lungo la filiera per una numerosa serie di motivi, dall’invenduto per carenza di domanda, per il raggiungimento della data di scadenza, per non conformità o per errori di programmazione. A ciò si aggiungono una carenza impiantistica per il riciclaggio dei rifiuti organici, la difficoltà di realizzazione di impianti di bioraffineria, e di valorizzazione degli scarti. I fabbisogni sono quindi molteplici, e partono dalla messa a punto di nuove strategie di produzione che minimizzano risorse e scarti che, quando prodotti, devono poi essere qualificati come sottoprodotti identificabili e riutilizzabili come materie prime secondarie. E’ poi necessario individuare tutti i possibili percorsi di riutilizzo integrando le filiere alimentari con altre che possano valorizzarne gli scarti (es: nutraceutica, cosmetica, tramite appropriate normative che ne definiscano e regolino gli usi. Appare molto importante una azione di collegamento tra domanda e offerta, con la creazione di supporti digitali che offrano informazioni strutturate, ad esempio sulla disponibilità e localizzazione delle biomasse per promuovere la simbiosi tra industrie produttrici e potenziali utilizzatrici. Nuove tecnologie di processo che minimizzino gli scarti, uniti a riduzione dello spreco anche tramite packaging innovativi, sviluppo di filiere I-tech intelligenti che portino corrette informazioni su valore e gestione degli alimenti dovranno integrare gli strumenti messi da disposizione dall’industria, industria 4.0 in particolare.
L’attuazione di questi interventi passerà anche dalla messa in campo di diversi strumenti del PNRR la cui attuazione è comunque caratterizzata da una tempistica serrata per la realizzazione di interventi e riforme, e da uno stretto monitoraggio degli avanzamenti rispetto alle previsioni formalizzate dalla UE. Ogni progettualità inserita nel PNRR ha indicatori specifici e trasparenti a fornir prova di un progresso continuo, e questo va richiedendo solide programmazione e collaborazione a tutti i livelli.