Culicoides, chi sono costoro? Non come le farfalle sotto l’Arco di Tito questi moscerini pungitori sono i trasmettitori di una malattia virale che colpisce i ruminanti e non l’uomo: la Febbre Catarrale degli Ovini o Blue Tongue. Questa malattia oggi presente in circa tremila focolai è uno dei concreti segnali di un cambiamento climatico in corso che riguarda l’Italia, che sempre più sta diventano un paese con un clima subtropicale con tutte le inevitabili conseguenze e caratteristiche nella flora, fauna, agricoltura, allevamenti senza contare dell’impatto sociale ed economico.
La Blue Tongue, malattia virale dei ruminanti domestici e selvatici è causata da un Orbivirus che non colpisce l’uomo e che si differenzia in oltre ventiquattro sierotipi e ceppi diversi per virulenza, patogenicità e capacità di produrre nuove varianti. Largamente presente in forma endemica in Africa, dagli anni Duemila arriva in Europa colpendo l’Italia e iniziando dalla Sardegna ora è su gran parte della penisola sfiorando i tremila focolai con gravi danni al nostro patrimonio soprattutto ovicaprino, dove pecora è la specie più sensibile e manifesta sintomi tipici della malattia tra febbre, fragilità capillare e colorazione bluastra ed ingrossamento della lingua, da cui origina il nome di Lingua Blu (Blue Tongue). Nel bacino del Mediterraneo l’infezione è diffusa da insetti del genere Culicoides e in Italia per primo è arrivato il C. imicola e ora il C. obsoletus è il principale responsabile dell’infezione.
La presenza e la diffusione della Blue Tongue in Italia è condizionata da tre diversi e tra loro correlati ambiti: animali recettivi, culicoidi, ambiente e suo clima. Animali recettivi sono i ruminanti domestici come bovini, ovini e caprini degli allevamenti, sui quali si può intervenire prevenendo e controllando la malattia con vaccinazioni continuamente aggiornate al tipo di virus. Importante è la vaccinazione anche dei bovini che infettati mantengono il virus nel loro sangue per due mesi. Non è invece possibile intervenire con vaccini nei ruminati selvatici (cervi, caprioli, daini) presenti nei boschi che ora coprono circa un terzo dell’Italia.
Sui culicoidi, o moscerini succhiatori di sangue che vivono e si moltiplicano soprattutto nei terreni incolti e nei boschi e con i venti arrivano dovunque, a parte qualche intervento protettivo degli animali in allevamento non si può pensare ad interventi con antiparassitari su più o meno vaste aree territoriali. Sull’ambiente e sul clima e sue variazioni che condizionano la presenza e l’entità delle popolazioni di culicoidi le attuali conoscenze indicano l’importanza di diversi fattori climatici, tra cui temperatura, umidità e precipitazioni. Le temperature calde dell’attuale cambiamento climatico migliorano la riproduzione e l'attività dei Culicoides e solo un caldo estremo può portare a una riduzione delle loro popolazioni. Alti livelli di umidità sono favorevoli allo sviluppo delle larve di culicoidi che vivono in habitat umidi come paludi, rive di corsi d'acqua e aree agricole irrigate e solo una aridità può portare a una diminuzione della sopravvivenza degli adulti e delle larve. Mentre nei climi tropicali le popolazioni di Culicoides sono attive tutto l'anno, nelle regioni un tempo a clima temperato italiane e che ora tendono alla sub-tropicalizzazione raggiungono tipicamente il picco nei mesi più caldi, come avvenuto nella recente estate in tutta Italia. Per questo l’infezione e la malattia provocate dal virus trasmesso dai culicoidi hanno un andamento stagionale legato all’attività dei vettori e la maggior parte dei focolai avviene in tarda estate-autunno, mentre la circolazione virale si rileva anche in inverno.
I cambiamenti nei modelli climatici influenzano la distribuzione e il ciclo di vita dei Culicoidi, aumentando il loro areale in nuove aree con l'aumento delle temperature. Comprendere la relazione tra i Culicoides e il clima è fondamentale per la gestione delle loro popolazioni in quanto vettori di malattie e il monitoraggio dei cambiamenti climatici e del loro impatto su questi insetti può aiutare a informare la salute pubblica e le pratiche agricole.
Odiernamente in Italia la Blue Tongue è malattia soggetta a notifica, il suo controllo si attua con una sorveglianza sierologica, clinica ed entomologica, quest’ultima mediante una cattura di insetti per provincia con cadenza settimanale. Sono inoltre disponibili vari tipi di vaccini inattivati monovalenti o bivalenti per una vaccinazione a carico degli allevatori. La Blue Tongue non infetta l’uomo e non esiste alcun pericolo di infezione attraverso il contatto con animali infetti o il consumo di latte e carne. Nella Comunità Europea uno Stato Membro può stabilire di attuare o meno un programma di eradicazione e l’Italia ha deciso di non attuarla e ha soltanto ha trasmesso alla CE l’elenco dei propri territori aventi lo status di indenne da malattia: attualmente regione Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Trento e regione Friuli Venezia Giulia.
Ma quale è il futuro di una epizoozia di rilevante interesse economico e condizionata da popolazioni di insetti per i quali i fattori climatici sono i principali fattori che determinano la presenza di culicoidi e la loro distribuzione soggetta a rapidi cambiamenti a causa dei cambiamenti climatici? I ricercatori italiani come Del Lesto e coll. (2024) hanno analizzato la nicchia ecologica per modellare la distribuzione di C. imicola e i possibili futuri spostamenti dell'areale in Italia in periodi di venti anni, in base a combinazioni di modelli di circolazione generale e percorsi socioeconomici condivisi. Considerando diversi scenari di cambiamento climatico e facendo previsioni sulla distribuzione di C. imicola, secondo le più aggiornate proiezioni climatiche future lo scenario peggiore dei cambiamenti climatici prevede che l'areale di C. imicola si espanderà verso nord (colpendo in modo particolare le zone di maggiore sviluppo zootecnico italiano, dove sono già presenti molti focolai di Blue Tongue), si allontanerà dalle coste dell'Italia centrale mentre in alcune aree dell'Italia meridionale l'idoneità ambientale diminuirà. Da qui l’importanza di una sorveglianza entomologica su scala regionale e nazionale.