La categoria ecologico-funzionale dei saproxilici include tutti gli organismi coinvolti nei processi di degradazione del legno. In Europa i Coleotteri partecipano a tali processi con circa 4000 specie che, almeno in uno stadio biologico, vivono nel legno di piante deperienti, o morte; del quale si nutrono e trovano rifugio, e partecipano attivamente ai processi di decomposizione grazie ai quali vengono restituite all’ambiente, e rese disponibili, importanti risorse.
Sull’Etna le pinete artificiali a Pinus laricio Poiret, impiantate in zone altomontane poco idonee, sono particolarmente vulnerabili ai fulmini e agli attacchi della Processionaria Traumatocampa (=Thaumatopoea ) pityocampa (Denis e Schiffermuller) che, nel corso delle ricorrenti gradazioni, rendono le piante più suscettibili alle infestazioni degli xilofagi e arrivano a causare la morte di giovani pini. Stessa sorte subiscono le piante di Pinus pinaster Aiton e Pinus pinea Linnaeus, messe a dimora nelle zone residenziali a quote più basse.
§Su tali substrati alterati sviluppano gli stadi larvali di molte specie di Coleotteri saproxilici rappresentati dagli Elateridi Lacon punctatus (Herbst) e Melanotus crassicollis (Erichson), dall’Eucnemide Xylobius corticalis (Paykull); dai Buprestidi Buprestis novemmaculata Linnaeus; Phaenops cyanea (Fabricius) e Anthaxia godeti Castelnau e Gobbi; dall’Anobiide Ernobius fulvus Jonson; dagli Scolitidi Tomicus destruens (Wollaston), Tomicus minor Hartig) e Hylurgus ligniperda (Fabricius), nonché dai Cerambicidi: Ergates faber (Linnaeus), Arthopalus rusticus (Linnaeus), Tricopherus fasciculatus (Faldermann) e Spondylis buprestoides (Linnaeus).
Gli adulti di quest’ultima specie hanno il corpo robusto e convesso di colore nero opaco, con il capo subquadrato e le antenne che, in entrambi i sessi, sono più corte del pronoto, il quale è più largo che lungo con margini arrotondati privi di protuberanze. Le robuste elitre sono arrotondate all’apice con lati quasi paralleli. Le femmine sono lunghe da 14 a 26 mm; il corpo dei maschi è lungo da 15 a 23 mm, ha le mandibole più sviluppate e arcuate di quelle delle femmine e sono dotate di un dente nella parte interna; inoltre presentano delle costolature sulle elitre.
La larva matura ha il corpo bianco lungo fino a 35 mm, con i segmenti toracici più larghi di quelli addominali. Il pronoto presenta una placca rugosa; i rigonfiamenti ambulacrali sono accentuati e nel nono urite sono presenti due lunghe spine.
La pupa è lunga fino a 24 mm con un diametro di 5-7 mm. Il corpo di colore giallastro, è rivestito di spinule e sul segmento anale sono presenti due spine divergenti.
Il cerambicide vive su Conifere ed è comune nella Paleartide dal Portogallo alla Siberia e alla Mongolia; è segnalato anche in Cina, Corea e Giappone.
Gli adulti hanno costumi crepuscolari e notturni; durante il giorno restano nascosti nelle anfrattuosità della corteccia o sotto gli alberi al suolo. La sera compiono rapidi e lunghi voli, e sono attratti dalle luci. Le femmine depongono le uova in luglio-agosto nella corteccia delle ceppaie di Pini abbattuti di recente o deperienti. Le larve neonate iniziano a scavare gallerie larghe e poco profonde nel libro e nell’alburno; in autunno si addentrano nel tronco dirigendosi nelle radici. Lo sviluppo può richiedere fino a 3 anni. La larva matura a fine inverno ritorna nella zona corticale ove realizza una larga camera pupale di forma ellittica nella quale compie la ninfosi e, dopo circa venti giorni, si trasforma in adulto. Una singola pianta deperiente può ospitare più larve che ne compromettono la stabilità.
Secondo Cecconi (1924), il Cerambicide non arreca “danni accentuati perché attacca di preferenza le ceppaie provocandone una rapida distruzione”. Attualmente la specie, che viene riscontrata sempre più frequentemente sulle pendici etnee, è inserita nella lista rossa della Unione Internazionale per la conservazione della Natura (IUCN) quale specie quasi minacciata.