Il Re d'Italia Vittorio Emanuele III decide di recarsi in visita a Bologna il 28 aprile 1904, dove il Cardinale Domenico Svampa, in un periodo di rapporti tesi fra Santa Sede e Monarchia, desidera accogliere il Re senza contrariare il Pontefice. Per tale motivo il Cardinale invia in Vaticano l’avvocato Ambrosini per chiedere il permesso di ossequiare il monarca italiano e il Papa dà il via libera all’iniziativa. Nell’eccezionale avvenimento non manca un pranzo di gala al quale è invitato anche il Cardinale Svampa, ma vi è l'inconveniente che il sabato, giorno del banchetto, cade nella Tempora di Primavera nel quale, secondo il rito della Chiesa Romana, è prescritto un digiuno da rispettare con un solo pasto, ma soprattutto con l’astinenza dalle carni. Per questo ai partecipanti al pranzo di gala, che si svolge nel Salone del Consiglio Comunale, e in particolare per il Cardinale che siede di fianco al Re e che all’altro lato ha il ministro Luigi Rava, è offerta la possibilità di un menù alternativo di magro. Da questo espediente prende il titolo il libro
Pranzo di magro per il Cardinale nel quale con rigore e allo stesso tempo con ironia Giulio Andreotti descrive l'incontro fra Domenico Svampa e Vittorio Emanuele III e le reazioni che ne seguirono. Tutto questo avviene anche perché Giulio Andreotti ha per moglie Livia Danese, il cui zio è il bolognese Giulio Belvederi, segretario particolare del Cardinale Svampa nel periodo in cui è Vescovo di Bologna. Fino ad oggi non risulta però il menù di magro offerto in alternativa a quello del pranzo di gala, ma non si può negare la possibilità che vi fossero anche dei tortellini di magro, secondo una ricetta in uso nelle cucine dei prelati bolognesi per i giorni di magro.
Sulla ricetta dei tortellini bolognesi si potrebbe discutere all’infinito, ma non bisogna dimenticare che accanto ai tortellini per i giorni di grasso, con ripieno di carni e cotti in brodo di carne, esistevano anche i tortellini per i giorni di magro nei quali la carne era sostituita da solo formaggio e spezie, o da pesce o da rane, oppure da vegetali come la cipolla e cotti in acqua salata o brodo di verdure o anche di sola cipolla. I tortellini di magro dimostrano che a tavola Bologna non solo è grassa ma anche dotta e sa adeguarsi alle esigenze ecclesiastiche superando i limiti delle ristrettezze economiche se non della povertà, con ricette che oggi potrebbero essere ricuperate per soddisfare le esigenze dei vegetariani.
Durante il pranzo di gala, in alternativa a piatti di carne, potrebbe essere stato offerto un piatto di tortellini di magro, forse di rana, ben noti e graditi al Cardinale Domenico Svampa. Infatti, alla fine degli anni trenta del secolo scorso presso la Parrocchia di San Gregorio e Siro in Via Montegrappa, nel centro di Bologna, vive ancora Peppina, l’anziana perpetua e cuoca di fiducia del parroco Monsignor Nardi presso il quale non raramente, dalla vicina cattedrale di San Pietro, arriva ospite di gran riguardo l’Arcivescovo Domenico Svampa. Memorabile è il pranzo che un venerdì, giorno di magro, preparato per il Cardinale. Quel giorno infatti all’illustre ospite è presentata una zuppiera di fumanti tortellini in brodo, che solleva la reazione dell’alto prelato. Indubbiamente pensa ad un’imperdonabile dimenticanza della cuoca, ma soprattutto ad una grave mancanza di controllo del Monsignore padrone di casa, che però rimane muto e soprattutto sembra sorridere. L’imbarazzo è in breve superato dall’intervento della cuoca che spiega l’arcano. I tortellini hanno un ripieno di carne di rana, insaporita con abbondante parmigiano e noce moscata, e sono cotti in brodo di rane. In questo modo non si contravviene al divieto di mangiare carne, perché le rane non sono presenti nell’Arca di Noè. Vale qui la pena di ricordare l’antica regola ecclesiastica che identifica le carni in quelle degli animali presenti nell’arca e di cui Noè non si ciba, mentre il patriarca con la sua famiglia può cibarsi degli animali rimasti fuori dell’arca: pesci d’ogni tipo, mammiferi marini quali delfini e balene, uccelli acquatici, molluschi, rane ed altri anfibi acquatici. Secondo questa interpretazione i monaci dell’Abbazia di Pomposa anche nei giorni astinenza dalle carni si cibano di anatre selvatiche e di folaghe, che ovviamente sono rimaste fuori dall’arca, vivendo sulle acque del diluvio. Un’interpretazione un poco ardita, forse, ma in ogni caso molto gustosa e ricordata da Pellegrino Artusi che nella ricetta 275
Folaghe in Umido ricorda che la folaga (
Fulica atra) si potrebbe chiamare uccello pesce, visto che la Chiesa permette di cibarsene ne’ giorni magri senza infrangere il precetto.
Nel passato i tortellini di magro sono preparati con carni di pesci e cotte in brodi ottenuti da questi ultimi, mentre il popolo meno abbiente può ricorrere ai tortellini di verdure e soprattutto di cipolle, queste ultime presenti nel ripieno assieme al formaggio e aromi, e usate per fare il brodo, secondo ricette anche di recente ricuperate. Con la forte riduzione del divieto ecclesiastico di mangiare carne, ma con la diffusione di stili alimentari vegetariani, i tortellini di rane, di pesce e soprattutto di vegetali potrebbe essere usate dai seguaci della nuova religione laica del vegetarianismo che ripudia le carni, ma accetta le uova, il formaggio, il pesce e, ovviamente, anche le rane, ma soprattutto i vegetali. Infatti i tortellini di rana sono oggi rivistati da cuochi di prestigio, come Massimo Bottura, che li inserisce nella presentazione intitolata Arca di Noè, ovvero i Tortellini in brodo di Massimo Bottura e con un ripieno che comprende coscia di rana, prezzemolo, Parmigiano Reggiano, sale e pepe nero e cotti in brodo ottenuto dalle ossa degli stessi animali.