La tracciabilità, descrivendo l’intero percorso di un prodotto all’interno della filiera produttiva e riunendo tutte le informazioni relative ad ogni fase di produzione, trasformazione, e distribuzione, è legata a doppio filo con la garanzia della sicurezza alimentare, poiché permette di individuare gli ingredienti impiegati per la preparazione di un determinato prodotto alimentare, e di valutare, prevenendo o correggendo, gli eventuali fattori di rischio per il consumatore, fornendo informazioni indispensabili alle autorità di controllo e assicurando così la capacità d’intervento in tutte le circostanze in cui possono sorgere rischi sanitari o emergenze di vario genere.
Secondo una classifica riportata sul Journal of Food Science il settore dell’olio extravergine di oliva è uno dei più soggetti ai fenomeni delle frodi alimentari, fattore che mina la fiducia dei consumatori e la redditività dei produttori onesti.
Pertanto, lo sviluppo di metodiche che supportino la verifica della tracciabilità del prodotto e delle materie prime ha risvolti non solo sulle garanzie assicurate ai consumatori ma anche sulla redditività potenziale di un prodotto che rispecchia le aspettative di autenticità e per il quale può innalzarsi la disponibilità a pagare.
In un recente articolo apparso sulla rivista internazionale Foods, i ricercatori dell’Enea - l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - hanno messo a punto uno studio che ha lo scopo di valutare il profilo degli oligoelementi in olive e foglie di diverse cultivar come strumento per risalire all'area di produzione. Il profilo dei microelementi (Sr, Cu, Rb, Ti, Ni, Sn, Cr, V, Co, Sb Cd, Pb, As e Zr) è stato valutato, sia sui frutti che sulle foglie di olivo di undici cultivar provenienti da due aree di produzione differenti, per mezzo della spettrometria di massa a plasma accoppiato induttivamente (ICP-MS) e della spettroscopia laser fotoacustica (LPAS), supportate da un approccio chemiometrico.
Il risultato più importante di questo studio è la dimostrazione che l'analisi degli oligoelementi con ICP-MS e LPAS, combinate con la chemiometria, rappresenta uno strumento prezioso per individuare l’area geografica di produzione. L'attribuzione di drupe e foglie alla zona di produzione non risente dell'effetto della cultivar poiché le caratteristiche misurate dipendono dal suolo e dalle condizioni pedoclimatiche.
La domanda più comune che si pongono i produttori riguarda l’applicabilità del metodo. A tal proposito è opportuno ricordare che, attualmente, queste metodiche di analisi sono svolte con strumenti di laboratorio, anche prototipali, che richiedono personale qualificato e tempi lunghi, e dovranno essere sottoposte ai protocolli di validazione e quindi, nel breve periodo, non saranno disponibili nei laboratori accreditati per le analisi degli oli. L’aspetto più interessante, sul piano scientifico, sarà rappresentato dalla possibilità di estendere l’applicazione delle stesse metodiche non solo su frutti e foglie ma direttamente sull’olio.
In tal modo l’approccio innovativo sviluppato dall’Enea potrà affiancarsi ed integrare altri metodi analitici che si stanno affermando come complemento alla verifica della tracciabilità degli oli, tra i quali, ad esempio, l’analisi del DNA. L’analisi molecolare delle tracce di DNA consente di identificare le varietà da cui l’olio è stato estratto e di verificare la presenza di oli di altre specie oleaginose diverse dall’olivo. L’aspetto interessante dell’analisi del DNA è legato all’evidenza che i frammenti di DNA, anche se non liposolubili, rimangono in sospensione nel mezzo oleoso e si conservano anche per alcuni anni e la raffinazione dell’olio non allontana o distrugge queste molecole, che possono essere comunque estratte, amplificate ed analizzate. Il limite di questa analisi è, da un lato, l’assenza di una banca dati dei profili DNA delle principali varietà di olivo coltivate nel mondo e, dall’altro, il fatto che accertare l’identità della cultivar non è un dato sufficiente a definire l’areale di origine del prodotto, in quanto cultivar italiane possono essere coltivate in nord Africa, così come cultivar spagnole o greche possono essere coltivate in Italia.
Anche la spettroscopia NMR (Risonanza Magnetica Nucleare) rappresenta un utile complemento alla verifica della tracciabilità degli oli di oliva. La Risonanza Magnetica Nucleare, in combinazione con tecniche di analisi statistica multivariata, consente di accertare l’origine geografica degli oli di oliva, le varietà, i fattori agronomici e tecnologici di produzione e la presenza di adulterazioni. Attualmente, queste metodiche di analisi sono svolte con strumenti presenti prevalentemente in laboratori di ricerca e richiedono personale qualificato, ma soprattutto la robustezza del risultato, basato su un approccio statistico, dipende dalle dimensioni delle banche dati di riferimento.
È solo una questione di tempo, la strada è ormai comunque tracciata per una filiera dell’olio extravergine di oliva sempre più sicura.