Sedici anni dopo la messa al bando degli antibiotici in alimentazione animale in Europa, l’argomento continua ad essere globalmente attuale. L’uso troppo “disinvolto” di queste sostanze come promotori di crescita ha causato il deleterio fenomeno della resistenza microbica agli antibiotici (AMR), con la conseguenza che molti microrganismi patogeni, anche per l’uomo, sono divenuti resistenti alle terapie antimicrobiche.
Molti Paesi hanno reagito al problema con varie e diverse strategie legislative, ponendo delle precise restrizioni all’impiego degli antibiotici solo per fini terapeutici o preventivi, attraverso l’obbligo di prescrizione veterinaria motivata. Purtroppo, il confine fra somministrazione ad animali sani per prevenire una malattia che è stata diagnosticata nello stesso allevamento in altri animali e l’impiego di antibiotici come promotori di crescita è molto labile e, quindi, facilmente valicabile.
Il problema era noto da tempo, molto prima della messa al bando ufficiale in Europa, tanto che le ricerca scientifica si è ampiamente interessata alla sua risoluzione per trovare dei prodotti promotori di crescita alternativi con caratteristiche antimicrobiche, che non causassero la AMR.
L’Unione Europea, per il tramite dell’“European Commission’s One Health Action Plan Against Antimicrobial Resistance” del 2011, è riuscita a limitare l’uso di antibiotici in molti Paesi, anche in assenza di precise direttive. Il 25 ottobre 2018 il Parlamento Europeo ha approvato una nuova legge, divenuta operativa il 28 gennaio 2022, per proibire anche l’uso profilattico degli antibiotici negli allevamenti.
I sistemi di produzione animale sostenibili devono bilanciare la crescente domanda di alimenti e la necessità di ridurre al minimo gli effetti collaterali negativi per l’ambiente. Secondo la FAO i sistemi produttivi alimentari globali della seconda metà del ventunesimo secolo saranno più sostenibili di quelli del secolo scorso e dell’inizio di questo secolo ed ogni sforzo volto a mitigare la resistenza microbica agli antibiotici attraverso la riduzione del loro uso non necessario contribuirà allo sviluppo di sistemi produttivi animali sostenibili. Lo afferma la FAO ed è sperabilmente auspicabile.
Nel frattempo è divenuto imperativo cercare nuove alternative per promuovere le capacità produttive dei nostri animali, senza ricorrere agli antibiotici, e molte ne sono state proposte fino dalla seconda metà del secolo scorso. Anche la nostra Accademia se n’è occupata, sia con giornate dedicate, sia con comunicazioni sulla nostra newsletter di informazione. Ricordiamo che le proposte più significative hanno riguardato i gliceridi degli acidi grassi, in particolare i monogliceridi degli acidi grassi a catena corta, i tannini e gli oli essenziali di molte essenze vegetali. Per quanto riguarda gli oli essenziali, conosciuti come antibatterici generici, antimicotici, antiparassitari e antivirali, la forma della nano-emulsione, con goccioline di diametro compreso fra 100 e 500 nm, è preferibile perché ne limita la volatilità.
A questo proposito, sembra interessante citare l’articolo-rassegna di Abd El-Hack e collaboratori, (Poultry Sci. 2022. 101:101584) nel quale gli autori ci ripropongono gli oli essenziali come promotori di crescita nell’alimentazione dei polli, anche sotto la forma di nano-emulsioni. L’argomento non è originalissimo, ma vale la pena citare il lavoro di El-Hack per i significativi e positivi risultati sperimentali.
Lo studio ha riguardato gli effetti del timolo e della sua nano-emulsione in broiler artificialmente infettati con Samonella typhimurium. Ambedue gli additivi, all’1% nella razione, hanno influito positivamente sugli accrescimenti e le conversioni alimentari dei pulcini infettati, attraverso il miglioramento della digeribilità alimentare, con maggiore efficacia nel caso della nano-emulsione. Gli autori concludono osservando che fare a meno degli antibiotici come promotori di crescita si può: le alternative ci sono e funzionano. Fra queste gli oli essenziali, meglio se come nano-emulsioni.