Notizie recentissime ci rendono edotti del fatto che le scorte americane e mondiali di grano sono incrementate (non tanto, per il vero), che quelle di mais sono stabili – e la Cina ha aumentato la produzione di questo cereale, ma anche i suoi consumi – sicché si potrebbe concludere che la situazione alimentare mondiale è tranquillizzante.
Ovviamente l’affermazione è destituita di fondamento, dato che le scorte esistono perché miliardi di persone non mangiano quasi nulla, e le morti per fame continuano a caratterizzare il pianeta.
Anche il traffico di disperati, talvolta destinati a raggiungere l’Europa, talaltra a diventare materia prima per la fornitura di organi umani, talaltra ancora a finire in fondo al mare, è in continuo aumento.
Non sarebbe ragionevole domandarsi se questa emigrazione costante e irrefrenabile, con il suo gravissimo costo in vite umane, abbinata alle morti per penuria di cibo, non meriterebbe qualche attenzione maggiore da parte dei Paesi così detti ricchi, nei quali, tra l’altro, aumenta vertiginosamente il numero degli obesi e dei diabetici?
L’UE, intanto, si balocca con la riforma della PAC, che si vorrebbe ancor meno orientata alla produzione e più propensa al greening; il P.E., fortunatamente, sembra voler bloccare questa vera e propria mania di alcuni economisti che sostengono che la domanda garantirà il reddito degli agricoltori che, dunque, non abbisognano di essere orientati pubblicamente alla produzione. Si aggiunga, poi, che il bilancio UE non è stato approvato proprio perché si vogliono ridurre le spese agricole, che ammontano a quasi dello 0, 50% del PIL europeo,cifra francamente ridicola se paragonata con le spese che si sostengono per la difesa (da chi?) e .
L’idea che la domanda alimentare possa aumentare ha qualche fondamento se si pensa alla Cina e, forse, all’India, ma un miliardo di persone non possono aumentare la detta domanda perché non possiedono quanto occorre per procurarsi il cibo.
Costoro sono costretti, vista l’impossibilità di sfamarsi a casa loro, a pensare sempre più alla necessità di venire dove il cibo si trova.
Non si tratta di novità, perché la storia del mondo è caratterizzata da migrazioni che hanno sempre avuto finalità alimentari (Goti, Unni, Turchi, ecc.), ma l’Europa, alle prese con le rigidità di regole cervelloticamente rigide dettate 20 anni addietro per evitare di arrivare alla vera federazione europea ripiegando su una moneta unica, non sembra capire che i suoi stessi problemi –che sono di sovrapproduzione e di carenza di domanda – potrebbero essere risolti con una politica generosa (apparentemente) e feconda di risultati socio economici per i nostri cittadini e per le genti povere del mondo.
L’Europa sembra essersi dimenticata della fame da essa patita pochi decenni addietro; per rinfrescare la memoria si può segnalare, agli economisti così fiduciosi nel futuro splendente del mondo, che i fuggitivi dopo la II guerra mondiale “non desideravano altro che fuggire dall’Europa assassina – dal freddo, dal fango, dalla fame, dalle famiglie disperse – e andare in un paese soleggiato dove c’era da mangiare per tutti ”. (cit: B. Chatwin, La via dei Canti,
(1987), ed. italiana, Milano, Gli Adelphi, 1995, p. 37.)
Cfr: Nuova Proprietà Fondiaria – gen/feb. 2013
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