Con i suoi fiori rosa brillante, il fico degli ottentotti tesse tappeti che si espandono finché trovano terra, ma sfratta le piante locali. L'ailanto, o albero del paradiso, sfoggia un fogliame folto ma di divino per strade e monumenti ha giusto la punizione: rompe l'asfalto, spacca le tubature, occupa le aree archeologiche mandando in tilt il bilancio dei comuni. Anche l'ambrosia ha poco a che fare con il nettare degli dei: il suo fiore racchiude un polline ultra allergenico che fa starnutire mezzo mondo. Ancora la robinia è utile al rimboschimento ma si diffonde così in fretta da sostituire gli alberi nativi e l'agave con i bracci spinosi invade coste e aiuole e ruba la luce ai vicini.
Sono questi alcuni esempi delle piante invasive che l'Europa vorrebbe vietare. Specie aliene, arrivate dall'Australia, dalle Americhe, dalla Cina o dal Sud Africa insieme ai botanici e ai grandi viaggiatori per ornare ville e giardini, coltivare i frutti o rinvigorire i boschi. Ma che si sono adattate così bene da prendere il sopravvento sulle specie locali. Tanto che adesso in molti paesi minacciano la biodiversità, colonizzano le zone agricole, provocano fastidi alla salute.
Solo nel 2008 sono stati spesi quasi 13 miliardi di euro in Europa per strappare dai fiumi il giacinto d'acqua, sfalciare i prati contro l'ambrosia o eradicare il panace gigante che, se toccato, provoca dermatiti.
Ecco, dal 2016 queste specie potrebbero finire al bando: vietato acquistarle, farle entrare in Europa, anche solo trasportarle attraverso gli stati membri. Lo prevede una proposta di regolamento esaminata lo scorso aprile dal Parlamento europeo, che verrà approvata ufficialmente nel Consiglio dei ministri dell'Ambiente il 12 giugno.
Partendo dalle 162 specie invasive che più flagellano l'Europa (erano 90, quasi la metà, cinquant'anni fa), si dovrà compilare un elenco rilevante per tutti i paesi dell'Unione, che includa cioè quelle piante dannose un po' ovunque.
FOTO: Ailanto, importato dalla Cina nel 1740 come pianta ornamentale, danneggia monumenti e tubature.
Cfr: La Repubblica, 16/05/2014 (articolo di Cristiana Salvagni)