All’inizio di settembre è stata consegnata a Ursula von der Leyen la relazione finale del rapporto “Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura nell’Ue” che reca un titolo significativo “Una prospettiva condivisa per l’agricoltura e l’alimentazione in Europa”. Due parole, in realtà, fanno intendere il metodo seguito nel redigerlo: “dialogo”, che sottintende la volontà di un confronto libero e aperto fra i partecipanti, e “condivisa” nel senso che la versione finale è approvata dai partecipanti. Ora essa è all’esame del mondo agricolo-alimentare e della politica in Europa. Il “Dialogo” appartiene ad una serie di studi e rapporti affidati da von der Leyen ad un certo numero di personalità, ad esempio, per rimanere agli Italiani, a Draghi, su “Il futuro della competitività europea”, e a Letta su “Molto più di un mercato comune”. Nel caso del Dialogo il compito è stato affidato a Peter Strohschneider, una figura di studioso di vaste competenze e di altissimo livello, per anni anche Presidente dell’Accademia delle Scienze in Germania. Come negli altri casi il Relatore è stato libero di scegliere la formula che riteneva più utile per giungere al risultato finale. Strohschneider si è avvalso di 29 esperti e stakeholders europei attivi nei più diversi ambiti del comparto ed ha organizzato una serie di discussioni e di proposte che poi sono state riassunte e riportate nel Rapporto finale.
Un Rapporto che risulta ampio, complesso e interessante soprattutto per due ragioni: la capacità di affrontare nel loro insieme le numerose questioni che riguardano il comparto agricolo, alimentare, ambientale, territoriale e sociale europeo e la volontà di dimostrare che attraverso un dialogo approfondito e articolato si può raggiungere un elevato grado di consenso su diagnosi e suggerimenti per affrontare il suo futuro.
Von der Leyen aveva affidato il compito di riflettere su quattro quesiti e di fornire le risposte:
1. Come possiamo offrire agli agricoltori e alle comunità rurali in cui vivono una prospettiva migliore, compreso un tenore di vita equo?
2. Come possiamo sostenere l'agricoltura entro i limiti del Pianeta e del suo ecosistema?
3. Come possiamo sfruttare meglio le immense opportunità offerte dalle conoscenze e dall'innovazione tecnologica?
4. Come possiamo promuovere un futuro luminoso e prospero per il sistema alimentare europeo in un mondo competitivo?
Il risultato è un documento dettagliato che soddisfa molte esigenze, a partire dalla definizione di “Agricoltura” che viene estesa giustamente ad un ampio insieme di attività che si origina ed ha il suo centro nella pratica agricola. Il metodo di lavoro seguito consiste nell’evitare fratture e contrapposizioni fra i 29 esperti. Definisce anche a quale scenario temporale fa riferimento: un orizzonte che si colloca a 10-15 anni e dunque abbastanza vicino per permettere approssimazioni attendibili senza essere il presente o un domani immediato.
Stile, tono, contenuti e suggerimenti, definiti con prudenza “raccomandazioni”, rispecchiano il metodo del dialogo. Le inevitabili differenze di posizione trovano composizione nel dialogo e nella conseguente scrittura, ma esistono e se ne coglie traccia. In estrema sintesi, un Rapporto da leggere con attenzione e una guida da seguire per gli Organi comunitari.
Tuttavia, dopo un’attenta riflessione sembrano emergere alcuni limiti.
Il primo è il fatto che le diverse parti presentano un grado di approfondimento e di dettaglio sullo scenario e sul come agire per realizzarlo che in qualche caso stride con l’intento del Professore di rendere effettiva quell’immagine di convergenza e omogeneità pacifica frutto del metodo scelto. Si colgono così sfumature non minori che lasciano individuare il prevalere di certe posizioni nel presentare i risultati delle diverse parti.
Il secondo, e più preoccupante, è che dietro al consenso si possa celare una serie non ricomposta di riserve mentali dei 29 che in futuro potrebbero riemergere nel momento in cui le “raccomandazioni” dovessero essere tradotte in indicazioni prescrittive e operative nelle politiche da intraprendere o correggere, a partire dalla modifica della Pac che il documento stesso dà per scontata. Ciò riaprirebbe un contenzioso fra le diverse posizioni dei 29 e, di conseguenza, delle componenti del mondo agricolo-alimentare, che inevitabilmente dovrà essere sciolto in sede politica.
Il terzo limite è particolarmente evidente nella sezione delle “Raccomandazioni”, cioè dei suggerimenti che il Dialogo avanza all’Ue, e che mostrano un grado di ricomposizione/riconciliazione fra le diverse posizioni molto eterogeneo.
Il quarto è che aleggia in tutto il documento un’impostazione fortemente dirigistica nell’attuazione, in parte comprensibile per la composizione del panel e per la struttura istituzionale dell’Ue, e in parte in contrasto con i propositi del Dialogo e nuoce all’accettabilità delle raccomandazioni da parte dei Paesi membri e dei partiti politici europei e nazionali, nonché dei cittadini europei. Il contenuto di alcune di esse, (si veda ad esempio la raccomandazione C.2) in particolare di quelle più attese dal mondo agricolo sul futuro assetto concreto delle politiche agricole, risulta dettagliato all’eccesso, poco rispettoso della libertà d’impresa degli agricoltori, e soprattutto, non in linea con lo stile più “alto” del documento. Al contrario in altre (raccomandazione C. 5 su accesso ed uso della conoscenza e dell’innovazione) stringata all’eccesso e quasi “forzata”ad un minimo generico. se approfondimento e peso corrispondessero ad un’indicazione sui successivi sviluppi sorgerebbero grossi interrogativi sul senso del contenuto esecutivo. Più che raccomandazioni sembrano precise imposizioni che stonano. Se fossero accolte integralmente costituirebbero quasi una sintetica bozza di riforma della Pac, andando oltre i compiti del documento.
Il quinto è che il documento accenna in molteplici passaggi all’esigenza generica di un aumento delle risorse, sia pure in una fase temporanea di transizione delle politiche interessate, in vista del traguardo finale dello scenario a 10/15 anni dell’intero comparto, ma non ne indica l’origine e l’entità, nemmeno in via di larga massima, della loro origine. Non era nei suoi compiti, ma un certo dimensionamento delle risorse necessarie e dei benefici ottenibili sembrerebbe necessario.
Il sesto, del cui inserimento mi scuso, è un’osservazione personale e quindi, forse indebita, ed è il fatto che la volontà spinta all’eccesso del metodo seguito lascia una certa carenza che non è trascurabile. Il rischio di perdere il segno e la sensibilità della peculiarità dell’agricoltura vera, quella vissuta ogni giorno da milioni di agricoltori e dalle loro famiglie oggi in Europa. Quadro, scenari e raccomandazioni sono validamente studiati ed espressi, ma ad un certo punto l’agricoltura si perde e si rischia di smarrire la sensibilità alla sua natura specifica.
Il settimo punto è forse quello cruciale, anticipiamo che non dipende dal Rapporto, ma dalle interpretazioni che ne verranno date dagli Organismi comunitari. Tutto dipenderà dall’andamento del dibattito politico nella fase preparatoria dei testi, in seno al Consiglio dei Ministri, alla Commissione e al Parlamento Europeo (PE) per la sua rilevanza come colegislatore nell’ambito del metodo del “trilogo”, nella discussione sugli indirizzi strategici indispensabili e sulle risorse ragionevolmente disponibili in toto e per le differenti missioni. Su quest’ultimo aspetto, che ovviamente non è imputabile al “Dialogo” e al suo Ideatore, mi siano permesse numerose ed ampie perplessità sulla base di quanto è già avvenuto in passato e accentuato recentemente al PE che anziché avvicinare i popoli, lo sta trasformando, a partire dalla recente fase elettorale, in una sorta di sede di scontri attinenti le politiche nazionali in base a minuti interessi dei singoli Paesi e partiti nazionali, con risultati spesso devastanti nella costruzione del futuro europeo e della volontà politica dell’Ue L’occasione dell’avvio della nuova Legislatura europea e la dimostrata volontà di rimettere in marcia la costruzione dell’Europa, da tempo ferma e in perdita di consenso, nonché in crisi di fronte ai preoccupanti scenari mondiali, è preziosa. L’Ue necessita di una maggiore unità interna e capacità di reazione pronta ed efficace, due caratteristiche che mal si conciliano con le divisioni interne.
Il mondo agroalimentare così bene rappresentato nel documento del Dialogo è in vibrante attesa per continuare a fornire quel contributo allo sviluppo economico, sociale e ambientale dell’Ue, che nel prossimo futuro deve fornire, come ha saputo dimostrare anche nelle recenti crisi mondiali.
Il rischio politico, a questo punto, diventa che le decisioni relative alle politiche da intraprendere o correggere finiscano nella palude che allontana i cittadini dalle decisioni europee dell’applicazione meramente burocratica delle norme esistenti, senza la capacità di compiere quei passi in avanti che dipendono dalla volontà politica e nuocendo alla fiducia degli Europei nel loro comune futuro.
Il “Dialogo”, in ogni caso, per metodo e contenuti rimane uno strumento prezioso da valutare e valorizzare per il futuro dell’Europa e dell’agricoltura. Un punto di riflessione e di ripartenza da non trascurare. Per rendersene conto, è sufficiente la lettura delle pagine finali che sotto il titolo “Syntesis report” rispondono alle 4 domande iniziali in maniera molto chiara e senza forzature di parte.