Viene chiamata pseudocereale, perché dai suoi semi si può ricavare farina. Ma in realtà la Chenopodium quinoa è una pianta erbacea della famiglia degli spinaci e delle bietole. Per questo motivo non è un cereale, anche se dai suoi semi, macinandoli, è possibile ottenere una farina ricca di amido. I suoi semi sono stati sempre una risorsa per le popolazioni sudamericane. Cresce anche ad altitudini elevate, oltre 4000 metri, in condizioni estreme di siccità, temperatura e salinità del terreno.
Al mondo si coltivano oltre 220 varietà, che si differenziano per il colore del seme (rosso, bianco, giallo, marrone o nero), ma la più coltivata al mondo è la Quinoa Real, dotata di un chicco più grande e dolce (presenta un contenuto di saponina più basso rispetto alle altre tipologie).
Nel 2020 in base ai dati Faostat le superfici coltivate a quinoa nel mondo sono stati 188.878 ettari per una produzione di 175.878 tonnellate: +97% per superfici e + 120% per produzione rispetto al 2010. Perù e Bolivia detengono la produzione quasi esclusiva: il 97% della produzione totale del 2020. Seguono poi Ecuador e Cile, con piccole produzioni.
Anche in Europa e Italia se ne sono scoperte le qualità e i consumi aumentano, spinti dalla continua richiesta di alimenti con alto contenuto proteico e privi di glutine.
In Italia la quinoa ha suscitato l’interesse di diversi imprenditori agricoli e in particolare alcune imprese agricole, con il supporto del Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali Sostenibili (DI.PRO.VE.S.) dell’Università Cattolica (U.C.S.C.) di Piacenza, hanno costituito il Gruppo Operativo "Quinovation" con il fine di effettuare uno screening delle varietà più adeguate alle condizione pedoclimatiche dell’Italia settentrionale, sia in aziende convenzionali, sia in aziende biologiche.
L’idea era quella di offrire una nuova coltura alternativa per le rotazioni, ottenere nuove informazioni sperimentali sul ciclo culturale della quinoa e sul suo potenziale di adattamento alle condizioni pedo-climatiche della regione Emilia Romagna.
Il lavoro che è stato fatto ha permesso di inserire la quinoa in un piano di rotazione pluriennale, consentendo di ridurre alcuni dei problemi generati dal continuo ricorso alla monosuccessione. Tutto questo grazie alle caratteristiche di rusticità e adattabilità che contraddistinguono la coltura.
Nello specifico, sono state individuate tecniche agronomiche efficienti per la produzione di quinoa in pieno campo come gli interventi per il controllo delle erbe infestanti, individuazione dei sesti d’impianto, la valutazione della fase di maturazione fisiologica e dei calendari di raccolta nel sistema agricolo tradizionale e biologico.
I dati raccolti nel corso del progetto hanno appurato che la coltivazione della quinoa, inserita in un piano adeguato di rotazione pluriennale, può costituire un valido contributo alla redditività agricola. Ciò in virtù del potenziale vantaggio economico di un prodotto agricolo alternativo che appartiene alla filiera degli alimenti gluten free, tenendo conto che la quinoa è uno pseudocereale commercialmente molto richiesto per l'alimentazione delle persone affette da sindrome celiaca, per quelle intolleranti al glutine e per quelle diabetiche. Non solo, la quinoa si dimostra un'ottima scelta per tutti, compresi gli atleti e ovviamente i vegetariani.
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Queste informazioni e altri approfondimenti sono disponibili nella sezione “InnovainAzione”, curata da ISMEA, all’interno del portale Innovarurale, ideato dalla Rete Rurale Nazionale.
Il Catalogo delle innovazioni in campo vuole stimolare la condivisione di esperienze significative e rappresentare uno stimolo per la nascita di nuove idee e per l'implementazione delle stesse in ambiti agricoli simili e differenti.