Perché sono pochi gli agricoltori che partecipano alle iniziative culturali che riguardano i temi dell’agricoltura e delle campagne? Rispondere a questa domanda non è semplice perché si rischia di non essere compresi e di suscitare risentimenti. Ma è bene riflettere su questo problema anche a costo di apparire impopolari.
Molti agricoltori sono indifferenti alle iniziative che affrontano gli aspetti culturali e ideali dell’agricoltura e del mondo rurale perché hanno rinunciato ad essere innovativi. Si sono rassegnati a vivere nell’immobilità e nella stagnazione. Sono interessati esclusivamente a qualsiasi azione dei pubblici poteri che possa alleggerirli dei costi e dei pesi che sopportano le loro aziende. Una preoccupazione più che legittima in un Paese ancora pieno di disuguaglianze e che non assegna all’agricoltura il ruolo centrale che dovrebbe avere nell’economia e nella società.
Un assillo tuttavia insufficiente se non è accompagnato da un analogo cruccio nello spalancare porte e finestre all’innovazione. Essere imprenditori innovativi è l’esito di processi motivazionali che vanno stimolati, accompagnati e orientati verso le migliori pratiche, tenendo conto delle vocazioni e prerogative dei territori di appartenenza. È il frutto di legami comunitari, di beni relazionali, di fiducia da tessere costantemente. È l’esito di una guerra gigantesca da fare tutti i santi giorni contro la mentalità e la pratica assistenzialistica, che è causa ed effetto del clientelismo e dell’illegalità.
Tratto da: Olioofficina.it del 20/10/2015 (articolo di Alfonso Pascale)