L’olivicoltura italiana, da sempre simbolo di eccellenza agroalimentare, è oggi chiamata a fronteggiare sfide complesse. Una progressiva perdita di competitività rispetto ai mercati internazionali, unita agli effetti dei cambiamenti climatici, alla diffusione di fitopatie come la Xylella fastidiosa e all’obsolescenza di buona parte del patrimonio produttivo, ha reso necessario un intervento organico per rilanciare il settore.
A ciò si aggiungono problematiche strutturali: frammentazione fondiaria, limitato ricambio generazionale e obsolescenza degli impianti, spesso non meccanizzabili e scarsamente produttivi, a cui fanno eco la concorrenza sempre più forte di Paesi come Spagna, Tunisia, Grecia e Marocco, capaci di innovare il proprio sistema olivicolo, con impianti intensivi e super-intensivi e tecnologie avanzate.
Un patrimonio olivicolo, quello italiano, assai composito, che comprende al suo interno numerose tipologie diverse di olivicoltura (al punto che si può ben parlare di “olivicolture”) per molti fattori, tra cui: pendenza del suolo, presenza di terrazzamenti, sesti d’impianto, età delle piante, impiego di varietà autoctone minori o altre di più larga diffusione, incluso alcune straniere, disponibilità di acqua di irrigazione, certificazione di origine, ecc.
L’Italia, tuttavia, vanta punti di forza ineguagliabili: un patrimonio genetico ricco di biodiversità, la capacità di produrre oli EVO di qualità eccellente e un legame profondo con il territorio, che conferisce unicità alle produzioni. È quindi essenziale un Piano Olivicolo Nazionale Pluriennale, per superare le criticità e trasformare il settore in un volàno di crescita economica, sostenibile e culturale. Con tale spirito, la Regione Toscana si è fatta promotrice di una forte sollecitazione, sia verso le altre regioni che il Ministero dell’Agricoltura, con una proposta che è stata largamente condivisa ed ha formato la proposta regionale del Piano.
Le sfide strutturali dell’olivicoltura italiana
L’olivicoltura italiana si distingue per la grande varietà di tipologie colturali, che si possono sostanzialmente ricondurre a tre principali modelli:
• Olivicoltura marginale: sviluppata in aree collinari con pendenze superiori al 25%, caratterizzata da una scarsa meccanizzabilità, un alto tasso di abbandono e una produzione destinata perlopiù all’autoconsumo o ad una vendita di prossimità, diffusa presenza di più fusti ottenuti da ricacci post-gelata ’85 in Italia centro-settentrionale, limitata partecipazione al fatturato aziendale (in genere, complementare alla viticoltura), frangitura normalmente extra-aziendale. Questa tipologia è particolarmente vulnerabile all’abbandono, con gravi conseguenze ambientali e paesaggistiche.
• Olivicoltura tradizionale: con densità inferiori a 250 piante per ettaro, impianti con schemi di impianto tradizionali, forme di allevamento poco o nulla controllate (ricacci post-gelata 1985, specie nel centro Italia) e un limitato ricorso alla meccanizzazione. In molte zone, questa tipologia rappresenta una coltura complementare alla viticoltura o ad altre attività agricole aziendali.
• Olivicoltura ad alta densità: sviluppata su terreni pianeggianti o a bassa pendenza, con densità superiori a 250 piante per ettaro e un medio-elevato grado di meccanizzazione, dalla potatura alla raccolta.
Questa diversità è all’un tempo sia una risorsa che una criticità. Se da un lato infatti permette una produzione variegata e tipica, dall’altro rende complessa l’attuazione di interventi univoci. L’abbandono degli oliveti marginali, in particolare, costituisce un fenomeno preoccupante. Esso non solo riduce solo il potenziale produttivo del settore, ma comporta gravi conseguenze ambientali: perdita di biodiversità, dissesto idrogeologico e rischio incendi.
A fronte di tali criticità, i principali punti di forza del nostro settore olivicolo-oleario, sui quali occorre puntare per il rilancio, sono l’esperienza dei produttori nel fornire un olio di elevata qualità, un prodotto fortemente legato alla tipicità/territorialità/identità, la disponibilità di varietà autoctone di pregio (biodiversità), nonché il valore salutistico e nutraceutico dei nostri oli extra-vergini di oliva di elevata qualità. In tale ottica anche il ruolo ambientale e paesaggistico degli oliveti è un elemento di valorizzazione del territorio e quindi del prodotto.
Nell’affrontare il percorso da compiere per l’indispensabile rinnovamento del settore, bisogna quindi porsi il duplice obiettivo, da un lato di aumentare la competitività delle imprese, senza però rinunciare, dall’altro, alla qualità, alla tipicità e alla sostenibilità che qualificano i nostri prodotti. Una strategia basata esclusivamente sulla riduzione dei costi e sul collocamento dei prodotti nella fascia di prezzo più bassa ci vedrebbe infatti perdenti in partenza, se non altro per le caratteristiche morfologiche del territorio nazionale, estremamente disomogenee rispetto ai nostri principali competitors sui mercati mondiali (ex multis, l’olivicoltura diffusa nella regione spagnola dell’Andalusia).
Occorre quindi sviluppare e promuovere un “sistema di olivicoltura misto”, capace da un lato di garantire, in zone vocate ad un’olivicoltura intensiva ad alta densità, alte produzioni a minori costi; dall’altro di valorizzare l’enorme patrimonio genetico di cui disponiamo e la grande variabilità ambientale, indirizzandole verso produzioni di eccellenza. Si tratta in definitiva semplicemente di applicare il corretto modello di coltivazione alle diverse situazioni.
Il comparto olivicolo-oleario, adeguatamente ristrutturato, potrebbe rappresentare un importante volàno di crescita economica e produttiva, nell’ambito del settore primario, considerato anche che l’attuale produzione di olio di oliva e/o la produzione di olive da mensa non è nemmeno in grado di soddisfare la metà della domanda interna esistente sul mercato. Infine, nell’ultimo anno, accanto alla contrazione delle produzioni olivicole nazionali e ad un generale innalzamento dei prezzi al consumo, in molti casi triplicati, si assiste ad una contrazione dei consumi, e dell’export, che pure continua a presentare ampi margini di sviluppo, grazie anche all’effetto “sostituzione” dei grassi animali.
A testimoniare l’interesse degli operatori nei confronti dello sviluppo della filiera, giova ricordare il successo del recente intervento PNRR, che attraverso la misura “Rinnovamento frantoi oleari” ha visto la progettualità di circa 900 frantoi, con una spesa complessiva di quasi 300 M€ ed un contributo richiesto di oltre 180 M€ (a fronte dei 100 M€ disponibili). Questa misura, una volta portata a termine diventerà un evidente punto di forza della filiera nazionale.
Ovviamente le considerazioni che qui si svolgono riguardano l’intera filiera, non solo declinata sulla produzione oleicola, ma anche finalizzata alla produzione del prodotto da mensa; ciò anche al fine di consentire alle imprese, soprattutto nelle aree a marcata vocazionalità, di diversificarne l’offerta, così compensando anche le eventuali mancate marginalità della produzione olio.
Per il rilancio del settore olivicolo-oleario serve quindi un Piano strategico nazionale, avente una prospettiva almeno decennale, finalizzato a sviluppare tutti gli anelli della filiera, da quelli più a monte a quelli più a valle, con un approccio “Before Farm, Beyond Fork”.
L’esistenza di tipologie diverse di olivicoltura (e di olivicoltori) rende necessario individuare anche strategie d’intervento diversificate, a seconda delle tipologie di oliveti e di soggetti alle quali esse sono rivolte, senza tuttavia trascurare alcuna delle tipologie esistenti, in quanto ognuna assume rilievo, vuoi per gli aspetti produttivi ed economici, vuoi per quelli ambientali, paesaggistici ed idrogeologici.
Quali interventi strategici per il rilancio
Il rilancio del settore richiede un approccio integrato, che coinvolga ricerca, innovazione, formazione e promozione. Un Piano Olivicolo Nazionale deve affrontare le criticità strutturali e valorizzare le eccellenze.
La proposta articola:
1. Vivaismo olivicolo e innovazione genetica
Il vivaismo rappresenta il punto di partenza per il rinnovamento degli oliveti italiani. Gli interventi principali includono:
• Produzione di piante certificate: garantire la qualità genetica e sanitaria attraverso sistemi di certificazione e tracciabilità avanzata, come l’uso di microchip e caratterizzazione genetica.
• Selezione di nuove varietà: sviluppare varietà resilienti ai cambiamenti climatici e alle fitopatie utilizzando Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA). La biodiversità autoctona italiana deve essere il punto di partenza.
• Tecniche vivaistiche innovative: promuovere la micropropagazione in vitro per aumentare la disponibilità di piante di alta qualità a costi ridotti.
2. Nuovi impianti e reimpianti razionali
Per incrementare la produttività e la competitività del settore, il Piano deve incentivare:
• La creazione di nuovi impianti in aree vocate, preferendo varietà autoctone certificate.
• L’introduzione di sesti d’impianto regolari e forme di allevamento che facilitino la meccanizzazione, riducendo i costi di produzione.
• La riconversione di impianti obsoleti, con l’obiettivo di garantire una gestione più efficiente e sostenibile.
3. Infrastrutture irrigue e gestione idrica
L’irrigazione è un elemento chiave per la resilienza del settore. Gli investimenti dovrebbero concentrarsi su:
• Bacini consortili per accumulare e distribuire l’acqua.
• Fertirrigazione per ottimizzare l’uso delle risorse idriche.
• Semplificazione burocratica per agevolare la creazione e la manutenzione degli invasi irrigui.
4. Recupero degli oliveti abbandonati
Il recupero degli oliveti marginali è essenziale per preservare il paesaggio e la biodiversità. Le proposte includono:
• Incentivi economici per il mantenimento e la gestione degli oliveti marginali.
• Progetti di recupero con il coinvolgimento di Comuni, associazioni e enti di ricerca.
• Detrazioni fiscali per interventi di ripristino di infrastrutture come terrazzamenti e muretti a secco, come ad esempio la devoluzione da parte dei comuni di una quota della tassa di soggiorno, per intervenire o incentivare i lavori di recupero delle opere murarie e degli alberi ai fini della prevenzione del rischio idrogeologico e di incendio.
5. Innovazione tecnologica e trasformazione
L’ammodernamento degli impianti di trasformazione e stoccaggio è cruciale per garantire qualità e sicurezza alimentare. Si propone:
• La diffusione di tecnologie per il trattamento ecosostenibile dei sottoprodotti oleari (sansa, acque di vegetazione).
• Certificazioni avanzate basate su tecnologie di analisi rapida della qualità degli oli.
6. Aggregazione e cooperazione
Rafforzare il ruolo delle Organizzazioni di Produttori (OP) è fondamentale per:
• Programmare e organizzare la produzione e l’offerta.
• Realizzare progetti integrati di filiera, con investimenti in strutture moderne.
7. Certificazioni di qualità (DOP e IGP) e di sostenibilità (biologico, integrato, ecc.)
Cruciali per la caratterizzazione di un prodotto territoriale identitario sono:
• potenziare gli incentivi per i sistemi di certificazione già affermati (DOP e IGP, ma anche biologico, prodotto di montagna, integrato SQNPI, Equalitas, ecc.)
• Integrare sistemi strumentali di monitoraggio della qualità che siano rapidi, oggettivi, sicuri e replicabili, per l’individuazione analitica dei principali attributi sensoriali e nutraceutici, volti a valorizzare le produzioni di alto pregio;
• sviluppare altre certificazioni per la sostenibilità sociale e per gli aspetti salutistici dei prodotti (ad esempio l’elevato contenuto di biofenoli, importanti sostanze antiossidanti naturali normalmente presenti negli oli EVO di alta qualità)
• sviluppare la produzione e commercializzazione di oli monovarietali, per contribuire a far apprezzare la ricchezza della biodiversità presente nei nostri oliveti
• intensificare i controlli sulla conformità dei prodotti immessi in commercio e sui prodotti conferiti alla GDO e sulla loro etichettatura, affiancando ai normali programmi di controllo sugli operatori del settore dei controlli straordinari sugli operatori del trade e dell’e-commerce
8. Promozione e internazionalizzazione delle imprese
Il Piano intende:
• Educare i consumatori al valore culturale e nutrizionale dell’olio extravergine.
• Promuovere l’oleoturismo, integrando percorsi culturali e gastronomici.
• Collaborare con ICE e MAECI per espandere la presenza sui mercati esteri attraverso fiere, campagne promozionali e piattaforme online.
9. Innovazione e ricerca
Il Piano, tenendo conto sia degli aspetti tecnici che economici, favorisce le azioni di ricerca, innovazione e trasferimento, volte a individuare:
• le aree maggiormente vocate, le varietà autoctone che più si adattano ad una intensificazione colturale (per entrata in produzione anticipata, ridotta vegetazione, ecc.), ai cambiamenti climatici (alte temperature, siccità) e che sono meno suscettibili alle principali avversità dell’olivo (mosca, Xylella, ecc.);
• le forme di allevamento e i sesti di impianto più adatti in relazione all’esigenza di meccanizzare la potatura e la raccolta;
• le tecniche di irrigazione che consentano il più razionale utilizzo delle limitate risorse idriche disponibili;
• le tecniche di gestione del suolo, di concimazione, di lotta ai principali parassiti più adeguate al contenimento dell’uso di prodotti chimici di sintesi, anche attraverso l’adozione di tecniche di agricoltura di precisione
• nuove molecole caratterizzate da una buona efficacia nel controllo della mosca, da un basso impatto ambientale e da una bassa tossicità nei confronti dell’uomo e degli animali
• eventuali portinnesti nanizzanti
• approfondimento sulle caratteristiche qualitative degli oli extravergine di oliva, sulle caratteristiche edonistiche e nutraceutiche per l’identificazione di oli extravergini di alta qualità;
• impronta di carbonio e olivicoltura: creare linee guida chiare e standardizzate per la valutazione dell'impronta di carbonio nei diversi sistemi olivicoli.
• nuove tecnologie per la valorizzazione dei sottoprodotti ottenuti nei frantoi
• metodi strumentali per l’individuazione analitica dei principali attributi sensoriali, nella prospettiva, di affiancare e snellire il metodo della valutazione organolettica, affiancandolo con sistemi di rilevazione rapidi, più affidabili e ripetibili, da utilizzare, ad esempio, in screening di massa sui prodotti presenti in commercio e per valorizzare le produzioni di più alto pregio
• modelli d'impianto intensivi ad alta densità con cultivar autoctone (300-800 piante/ha) e intensivi (>800 piante/ha) idonei alla potatura e raccolta meccanica in continuo
• mezzi tecnici e strategie volte ad una gestione più sostenibile degli oliveti tradizionali
• innovazioni organizzative che consentano di aggregare piccoli produttori, dando loro la forza di competere in contesti di mercato diversi e di maggior soddisfazione economica
• riuso dei sotto-prodotti di origine olivoleica (dalla cosmetica, alla nutraceutica, alla farmacopea, ecc.)
10. Formazione e consulenza
Il piano intende:
• rafforzare le misure finalizzate alla formazione degli operatori del settore (tecnici, potatori, produttori, frantoiani, consumatori, ristoratori, cuochi, ecc.), così come quelle destinate alla consulenza ed al trasferimento dell’innovazione
• implementare la formazione di tecnici in grado di garantire il corretto approccio e applicazione alle attività innovative nel settore dell’olivicoltura avanzata, la precision farming, quindi negli specifici campi del vivaismo, della coltivazione, dell’estrazione e del marketing
• valutare la possibilità di introdurre nell’ordinamento degli Istituti Tecnici Agrari, un nuovo indirizzo in olivicoltura ed elaiotecnica, così come avvenuto nel passato per il settore viticolo ed enologico
• favorire la diffusione di una serie di tecnologie 4.0 e agricoltura di precisione, finalizzate al monitoraggio, all’efficientamento e l’ottimizzazione della produzione
• valorizzare i comitati di assaggio professionali degli oli, attraverso i quali è possibile organizzare corsi di formazione qualificati e sessioni di degustazione di esercitazione
• sviluppare campagne di marketing, mirate a promuovere e valorizzare l'olio extravergine d'oliva di alta qualità, prodotto secondo criteri sostenibili, evidenziando oltre alle caratteristiche nutraceutiche, anche la responsabilità ambientale e sociale
• mantenere sul territorio una rete di assistenza tecnica in grado di garantire il trasferimento dell’innovazione e la consulenza alle aziende agricole sulle tematiche di maggiore interesse (fitopatologiche, agronomiche, qualità dell’olio, etichettatura, ecc.).
Conclusioni
Un Piano Olivicolo Nazionale, supportato da finanziamenti adeguati e un coordinamento efficace, può trasformare le sfide attuali in opportunità. A tal fine, appare necessaria l’istituzione e la convocazione di un tavolo olivicolo-oleario nazionale, nel quale condividere con tutta la filiera gli obiettivi per il rilancio del settore.
Riepilogando quindi, il Piano intende mettere a disposizione degli operatori adeguate opportunità di finanziamento, in particolare:
• una misura di sostegno agli investimenti, con priorità e risorse adeguate, per finanziare il vivaismo olivicolo, la ristrutturazione e riconversione degli oliveti, l’irrigazione degli stessi, l’ammodernamento degli impianti di trasformazione e commercializzazione e l’aggregazione;
• una misura ambientale, con priorità e risorse adeguate, per sostenere la cura degli oliveti a valenza prevalentemente ambientale e paesaggistica e per il recupero degli oliveti abbandonati;
• una misura di sostegno alle iniziative di promozione, internazionalizzazione, comunicazione e informazione, con priorità e risorse adeguate per finanziare la valorizzazione delle certificazioni di qualità, di sostenibilità e degli aspetti salutistici;
• una misura di sostegno ai progetti di ricerca e innovazione;
• una misura di sostegno alle attività di formazione e consulenza.