Il filo rosso del dibattito che si è svolto nel corso della giornata può essere ricondotto alla necessità di ottemperare a opposte esigenze: opportunità della tutela attraverso la conservazione (anche con introduzione di meccanismi compensatori) ovvero libertà dell’imprenditore agricolo di organizzare i fattori della produzione modificando opportunamente gli assetti produttivi e, inevitabilmente, paesaggistici. Nell’ambito della pianificazione delle risorse ambientali ci si può, quindi, ritrovare di fronte a una scelta: ingessare il paesaggio perché suggestivo o ricco di storia ovvero consentire all’impresa di adeguarsi al mercato col rischio di stravolgere e/o erodere paesaggi di grande valore identitario. Si tratta, quindi, di riconoscere i valori del paesaggio colturale nella stratificazione di componenti ambientali e culturali, di individuare i contesti territoriali recuperabili alla funzione agricola suggerendo specifiche linee guida e di trovare soluzioni per garantire la conservazione di singole colture e interi appezzamenti.
Di fronte a un numeroso e attento pubblico (particolarmente significativa la presenza di 40 dottori agronomi e forestali), l’accademico emerito prof. Giancarlo Rossi ha aperto i lavori della mattinata con i saluti di rito, dando poi la parola al Direttore del Dipartimento prof. Antonello Pazzona. L’introduzione ai lavori è stata sviluppata dall’accademico prof. Amedeo Alpi, presidente della sezione centro-ovest dell’Accademia, che ha richiamato il ruolo centrale dell’agronomo e dell’Accademia nel riconoscimento e analisi dei paesaggi rurali. Il prof. Rossi, chairman dell’evento, ha quindi chiamato al tavolo l’arch. Costa, funzionario regionale componente l’Osservatorio del Paesaggio, che nel corso del suo intervento (
Il PPR verso le aree interne della Sardegna) ha ricordato come il Piano Paesaggistico Regionale, nel rispetto del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (2004), si articoli in 51 ambiti, di cui 27 costieri e 24 interni; i primi sono sin dal 2006 dotati di Norme Tecniche di Attuazione, mentre i secondi attendono ancora questo fondamentale strumento pianificatorio. Il Piano terrà certo conto del ruolo centrale delle aziende agrarie e della prevalenza di modelli agro-silvo-pastorali.
Il gruppo di studio del DiA (Dettori et al:
Una metodologia per il riconoscimento dei paesaggi rurali regionali) ha ribadito la trasversalità del concetto di paesaggio e della sua unicità per uno stesso territorio, proponendo, coerentemente alla bibliografia internazionale, i risultati di un processo di riconoscimento basato su due principali database: quello geo-litologico e l’uso del suolo. Sono stati, così, individuati 258 Paesaggi Agrari Locali, per ciascuno dei quali è stata prodotta una scheda che riporta molte delle informazioni spazializzate ad oggi disponibili.
Il gruppo di studio DiA – Agenzia Fo.Re.S.T.A.S. (Pulina et al:
Paesaggi Forestali e Silvopastorali della Sardegna) ha sottolineato sia la recente espansione delle vegetazioni forestali che assicurano alla Sardegna un indice di boscosità superiore al 50%, sia la diffusione degli allevamenti (segnatamente dell’ovino da latte) che coinvolgono non solo le aree agricole ma anche le superfici boscate. La Sardegna, descritta come una regione agro-pastorale dal geografo francese Maurice Le Lannou negli anni Trenta del secolo scorso, è oggi definibile una regione agro-silvo-pastorale.
I ricercatori dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico Calzia e Cara (
Il paesaggio immateriale. Un approccio all’etnografia della territorialità) hanno segnalato l’importanza delle componenti socio-culturali e la presenza, nell’ambito degli archivi dell’ISRE, di documenti e materiali utili per costruire l’identità dei territori a livello sub regionale, processo sviluppato nell’ambito dello studio.
Il sociologo territoriale prof. Benedetto Meloni, già docente del Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni dell’Università di Cagliari (Meloni e Sois:
La multifunzionalità dell’azienda agraria in Sardegna) ha ricordato che l’Isola è soggetta da tempo a un forte fenomeno di spopolamento che colpisce soprattutto le Aree interne e le spinge verso i margini dei processi di sviluppo territoriale. In prospettiva assume importanza sia la politica statale che si fonda sulla “Strategia nazionale aree interne 2014-2020” sia una visione aggiornata dell’azienda agraria che coniuga una nuova agricoltura attraverso la multifunzionalità, contribuendo a un rapporto equilibrato fra ambiente e sistemi produttivi agricoli e zootecnici.
Il prof. Antonio Sanna, direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile Ambientale Architettura dell’Università di Cagliari, ha tracciato nel suo intervento (
L’insediamento rurale storico e contemporaneo) l’evoluzione dell’abitare negli spazi rurali della Sardegna, anche attraverso i “cento paesaggi rurali” già inseriti nel PPR 2006. Lo studio ha utilizzato indicatori a diverso livello per definire i Sistemi Insediativi Rurali esemplificati per la regione della Marmilla, territorio che ha conservato la rete dei centri alto-medievali rispetto alle “catastrofi” insediative che hanno caratterizzato la gran parte della Sardegna.
L’incontro si è chiuso con l’intervento dell’assessore regionale agli Enti Locali, Finanze e Urbanistica Cristiano Erriu che, richiamate le delibere di Giunta che hanno tracciato lo sviluppo e gli obiettivi dello studio, ha confermato il ruolo centrale dell’agricoltura nella costruzione e conservazione dei paesaggi rurali regionali e un orientamento politico della Giunta regionale favorevole a un modello di sviluppo che trovi nel paesaggio e nella multifunzionalità delle aziende agrarie e agro-alimentari uno strumento utile per il riequilibrio territoriale, la lotta allo spopolamento e la valorizzazione delle produzioni agro-alimentari.