Forse non avevamo ancora finito di eliminare l’analfabetismo, quando la rivoluzione tecnologica (televisione, telefonia, computer, ecc.) ci ha investito, modificando rapidamente e sensibilmente il nostro modo di comunicare e lo stesso linguaggio. I sistemi digitali consentono infatti rapidità (di scrittura, trasmissione e lettura) e richiedono brevità dei messaggi (privandoli di quanto presunto superfluo). Tutto ciò produce nelle giovani generazioni una ridotta possibilità di leggere e assimilare le espressioni colte dalla migliore letteratura, acquisendo un più corretto modo di apprendere ed esprimersi. Stiamo forse assistendo alla nascita di un nuovo linguaggio, pieno di neologismi, abbreviazioni, acronimi, e quant’altro ritenuto "creativo", troppo spesso mescolandovi la moda di intercalare termini volgari, così come quella contestuale di usare abiti sdruciti e pantaloni strappati per un improprio spirito di emulazione. Molti giovani non sanno più scrivere in corsivo a mano; quando sono costretti farlo di proprio pugno, usano tutte lettere maiuscole e solo in stampatello.
Tutto ciò può far sorgere motivi di preoccupazione in coloro che, con grande amore e impegno, si adoperano per tutelare il patrimonio culturale della nostra lingua, così come dei tanti vecchi dialetti del nostro Paese.
Il progressivo e irreversibile processo di globalizzazione sta già privilegiando l’inglese come lingua per dialogare a livello planetario. Tramontata l’ipotesi “esperanto”, molti Paesi stanno quindi diffondendo l’insegnamento dell’inglese in tutte le proprie scuole. La ricerca scientifica mondiale da tempo comunica e pubblica in inglese, per facilitare la conoscenza universale delle proprie attività. Ma conoscere altre lingue straniere ha sempre un grande valore culturale che comunque arricchisce ogni attività professionale.
Le cause dei deterioramenti che subisce la lingua italiana non risparmiano le altre lingue straniere e quindi neppure l’inglese, che deve già registrare cambiamenti “dialettali” in ciascuno dei Paesi che l’avevano adottato da tempo (USA, Sud Africa, Nuova Zelanda, Australia).
Non sarà facile condividere l'adozione di un'unica lingua planetaria. Né riusciamo a immaginare come possa evolversi un linguaggio globale, quello degli attuali ragazzi del “terzo millennio”. Si tratta invece di un elemento importante, anche per l'occupazione. Comunque rappresenta un problema sul quale occorre riflettere e trovare soluzioni da non lasciare soltanto al caso.