Il tema della transizione ecologica (e cioè il passaggio da un sistema di approvvigionamento energetico basato sui combustibili fossili ad uno strutturato su fonti rinnovabili) è questione di grande attualità ed attenzione mediatica.
Sull’argomento è però opportuno riflettere sul fatto che tale transizione, oltre a comportare pesanti conseguenze di tipo socio-economico (ad esempio conversione delle fabbriche di motori endotermici per il settore automobilistico, adeguamento delle reti infrastrutturali di fornitura di energia elettrica), avrà significative conseguenze sul paesaggio e sulle aree “naturali” ed agricole.
A tale riguardo, mi piace riportare una sintesi di quanto apparso nel numero 6 del 2021 della rivista “Landscape Architecture” della Associazione Americana degli Architetti del Paesaggio, che ha affrontato il tema in una ottica attenta alle conseguenze di tale transizione sul paesaggio (inteso come insieme degli spazi aperti sia urbani sia rurali), fornendo al riguardo alcune linee guida di progettazione sia a livello di pianificazione territoriale sia di realizzazione puntuale.
Va innanzitutto osservato che le infrastrutture energetiche hanno sempre rappresentato un intervento invasivo sul paesaggio, sia per quanto riguarda le dighe per la creazione di bacini idroelettrici, sia per le zone di estrazione dei combustibili fossili, sia per le reti di trasporto e distribuzione dell’energia. Interventi invasivi si, ma sovente iconici e testimonianza delle innovazioni tecnologiche.
Ciò premesso, risulta peraltro evidente che per raggiungere gli obiettivi ambiziosi di fornitura di energia elettrica da fonti solari sono necessari interventi di grande rilevanza in termini ad esempio di superfici coperte dagli impianti; la rivista in questione stima una superficie di pannelli fotovoltaici dell’ordine dei 600.000 km quadrati (pari al doppio della superficie dell’Italia) per raggiungere negli Stati Uniti l’obiettivo di zero emissioni nel 2050.
Al di là dei numeri forniti (comunque rilevanti), bisogna riflettere sulle possibili profonde modificazioni al tessuto produttivo agricolo-forestale e ai probabili micro cambiamenti climatici indotti dalle superfici fotovoltaiche, al di là del loro evidente impatto paesaggistico.
Sull’attualità del tema si segnala, ad esempio, che in Regione Lombardia è stata presentata una proposta di legge dal titolo “Il ruolo degli immobili pubblici nel potenziamento degli impianti fotovoltaici. Verso l’autonomia energetica regionale”.
In tale quadro, una attiva partecipazione di progettisti consapevoli e di esperti del settore agro-alimentare è fondamentale in tale fase evolutiva, al fine di formulare scelte consapevoli da parte degli amministratori pubblici e privati.
Al riguardo si riassumono di seguito alcune linee guida.
1. Il progetto dei siti deputati alla produzione di energie rinnovabili deve rispettare il principio dell’utilizzo multiplo dei luoghi: la produzione di energia non deve essere quindi l’unica destinazione sugli utilizzi degli spazi, ma deve prevedere - ove possibile – utilizzi multipli (sia a livello di uso del suolo, sia di interventi puntuali come ad esempio pensiline di aree di servizio e/o di sosta, nonché coperture di varia natura).
2. La dislocazione degli impianti di energie rinnovabili deve essere basata sulle caratteristiche regionali delle aree di intervento e sulla sensibilità paesistica dei luoghi: ad esempio nei Paesi Bassi si stanno realizzando reti di turbine eoliche con attenzione alle linee e ai ritmi regolari del paesaggio agricolo olandese, salvaguardando le caratteristiche produttive dei luoghi stessi.
3. Lo sviluppo delle energie rinnovabili sul territorio necessita di un ampio coinvolgimento delle popolazioni interessate: ciò al fine evitare che i processi decisionali vengano percepiti come imposti dall’alto, favorendo invece la partecipazione dei residenti e degli utenti nei processi informativi e di approfondimento e consapevolezza delle scelte.
4. Il processo di localizzazione degli impianti deve confrontarsi da subito con le conseguenze sull’ambiente delle scelte progettuali: tale processo va avviato in sede di studi di pre-fattibilità in modo da valutare l’impatto dei progetti sulla connessione ecologica dei diversi habitat e sulle aree ad elevata naturalità, senza dimenticare la valenza agro-forestale delle aree oggetto di intervento.
5. I progetti devono essere catalizzatori di attività lavorative e devono favorire lo sviluppo delle comunità locali: le realizzazioni devono rispettare i principi della cosiddetta “energia democratica” assicurando alle comunità interessate dagli impianti benefici sociali ed economici, favorendo una partecipazione attiva alle scelte di gestione e garantendo lavori realmente “green”.
Alla luce di quanto sinteticamente espresso, risulta evidente quanto sia importante che gli amministratori siano supportati da progettisti che sappiano contribuire sia ad una corretta informazione sulle conseguenze ambientali delle scelte effettuate, sia all’attivazione di efficaci processi di partecipazione delle popolazioni e dei settori produttivi coinvolti, atti a risolvere le situazioni di conflitto ed efficaci per la realizzazione di un paesaggio energetico multifunzionale, nel rispetto delle caratteristiche dei luoghi e della fondamentale funzione produttiva dell’agricoltura.