Nei prossimi venti-trenta anni un numero sempre crescente di umani cercheranno un cibo più disponibile e qualitativamente migliore anche perché in molte aree oggi sottosviluppate l’aumento del benessere sociale si tradurrà specialmente nell’aumento di questa richiesta. Ma nel frattempo le condizioni ambientali potranno essere divenute sempre più limitanti: meno disponibilità di suolo fertile ed acqua dolce per produrre il cibo richiesto e condizioni ambientali generali sempre più problematiche. Una domanda sorge spontanea: cosa dovrebbero fare i nostri Governanti per fronteggiare tale problema?
Non si può dimenticare che le varie attività coinvolte nella produzione alimentare sono di gran lunga le più importanti perché la continua disponibilità di alimenti è un fattore essenziale per la sopravvivenza di tutta l’umanità. Non dimentichiamo, anche come cristiani, che nel Padre Nostro si chiede di disporre di “pane, cioè di cibo, ogni giorno”! Inoltre non dimentichiamo che il cibo può essere anche un fattore che spesso contribuisce ad originare disturbi individuali e sociali sempre più importanti, sia per mancanza che per eccesso (anoressia ed obesità). In molti Paesi oggi non è un problema, ma in futuro? Occorre infatti considerare che la disponibilità di suoli produttivi nel mondo sarà sempre più limitata, come pure l’acqua dolce, altro fattore naturale indispensabile per la produzione degli alimenti di origine terrestre.
Infatti il concetto di “sicurezza alimentare” come dichiarato dalle Nazioni Unite, afferma che
“ogni umano dovrebbe disporre di mezzi tecnici ed economici per procurarsi un cibo sufficiente e sano, prodotto senza danneggiare i necessari fattori di produzione”.
La mancanza di alimenti, da tempi remoti, è sempre stata un elemento che scatena inevitabilmente rivoluzioni e guerre. Ormai è evidente che anche l’attuale “primavera araba” sia stata certamente favorita dalla difficoltà di quelle popolazioni di procurarsi il cibo quotidiano, non prodotto autonomamente in sufficienza nei vari Paesi coinvolti del Nord Africa e Medio Oriente, dove la penuria di acqua dolce rappresenta un importante fattore limitante della produzione alimentare.
Certamente in alcuni Paesi del Mondo esiste una ampia disponibilità di alimenti, specialmente dove vi è abbondanza di terreni fertili ed un numero relativamente limitato di abitanti: esempi sono l’Australia, gli USA, il Canada, l’Argentina, l’Usbekistan ecc.
Ma sono molto più numerosi i Paesi in cui, a causa dell’elevato numero di abitanti e di una limitata disponibilità di terreni produttivi, la disponibilità di cibo rappresenta un problema molto grave: ne sono esempi l’Egitto, il Pakistan, l’India, la Cina, la Repubblica Popolare del Congo e numerosi altri Paesi specialmente africani ed asiatici.
La globalizzazione del commercio, che da diversi anni è stata estesa anche ai generi alimentari di base, ha permesso a Paesi benestanti, ma con insufficienti produzioni alimentari, di poter acquistare tutti gli alimenti necessari. Ma molti Paesi poveri non possono permettersi di acquistare ed importare grandi quantità di alimenti, specie se improvvisamente divengono più cari, per una anche temporanea diminuzione delle produzioni o per un aumento del costo dei prodotti da importare.
Le più verosimili previsioni stimano che alla metà del presente secolo la popolazione mondiale possa aumentare del 30-40% (e quasi tutto l’aumento si verificherà nei Paesi emergenti!) e quindi ci dovrebbe essere una produzione alimentare aumentata almeno di altrettanto, se si dovrà mantenere la situazione alimentare attuale, del resto, in molti casi, già insufficiente. Tuttavia, si può presumere che, anche in diversi Paesi emergenti, possa verificarsi un miglioramento del potere di acquisto anche alimentare, con particolare riferimento ai cibi più “ricchi” (carne, latte ed uova in particolare) che già oggi, secondo dati FAO, usano per la nutrizione animale oltre il 40% delle granaglie che potrebbero essere usate per l’alimentazione diretta delle persone (cereali, leguminose da granella, oleaginose ecc). A tutto ciò si aggiunge che, nei prossimi decenni, assisteremo ad una continua crescita dell’urbanizzazione, in quanto nelle città sono presenti molti più servizi sociali oggi ritenuti sempre più importanti dalla popolazione, diminuendo così sempre più l’occupazione nelle aree rurali che sono quelle che producono gli alimenti per tutti.
Inoltre si deve considerare che nelle città si perde sempre di più il rispetto e la considerazione per il cibo e per chi lo produce, dando per scontata, anche per semplice ignoranza, la sua disponibilità. Inoltre nelle città vi è una molto maggiore frazione di alimenti che non vengono consumati, finendo nella spazzatura.
Considerando l’insieme di tutti questi fattori non dobbiamo meravigliarci se la FAO ha stimato che nei prossimi 3-4 decenni la domanda di alimenti possa aumentare del 60-70%!
Inoltre, mentre alla fine del secolo passato la classe media era presente per il 60% in Europa e Nordamerica, a metà del secolo attuale si stima che l’80% di tale classe sarà dislocata in Asia. Quindi, particolarmente in Africa, ma fors’anche in Europa, si potrà verificare una carenza di cibo, causata anche da un aumento dei costi, sia di produzione che di importazione, con conseguenze purtroppo facilmente prevedibili, visto quanto è recentemente successo in Africa e Medio Oriente, in cui le aree subdesertiche e quindi improduttive, sono molto estese e la popolazione è sempre crescente.
Inoltre l’attuale produzione alimentare è sempre più legata a modalità che richiedono un uso massivo di lavorazioni del suolo, di fertilizzanti e di pesticidi che contribuiscono a deprimere la fertilità e la qualità dei suoli e la sanità dei prodotti ottenuti.
Modalità di produzione “sostenibili” dovranno essere sviluppate ed adottate più diffusamente per mantenere ed anche migliorare la fertilità e quindi la continua produttività dei suoli agrari. Infine non bisogna sottovalutare gli effetti dei cambiamenti climatici recentemente verificatisi un po’ in tutto il mondo ed anche in Europa. In pochi anni si sono verificati periodi molto più aridi e molto più piovosi, molto più caldi e molto più freddi delle medie dell’ultimo secolo, con ovvie conseguenze anche sulle produzioni alimentari locali.
Non vi è dubbio che solo la promozione di una ricerca specificatamente orientata e l’applicazione estesa di nuove tecnologie idonee, saranno in condizione di ovviare e porre rimedio ad una serie di problemi che si accavalleranno in un prossimo futuro riguardo la disponibilità dei principali generi alimentari
La nostra classe politica e dirigente dovrà rendersi conto del problema e dei conseguanti pericoli per la società e provvedere adeguatamente alla promozione di tali attività. Speriamo che se ne rendano conto in tempo e provvedano di conseguenza, tenendo anche in considerazione dei tempi, spesso lunghi, necessari per la soluzione di problemi di sempre maggiore importanza e difficoltà, man mano che passa il tempo.
Purtroppo la classe politica, dovendo affrontare le elezioni mediamente ogni 4 anni, tiene nella massima considerazione programmi ed investimenti che potranno dare risultati da presentare all’elettorato entro 2-3 anni.
Purtroppo la biologia che riguarda la produzione alimentare ha anche a che fare con numerose piante ed animali che hanno un ciclo biologico ben più lungo di 3-4 anni, per cui i risultati della ricerca necessitano numerose stagioni ed anche diversi anni per le verifiche necessarie per l’ottenimento dei risultati positivi desiderati. Certo, in questo, come anche in numerosi altri campi, è un problema che richiederebbe un supporto politico ed economico di più lungo respiro. Da questo punto di vista è certo più vantaggioso, per la popolazione, un sistema politico più stabile e duraturo nel tempo. Speriamo, comunque, che la nostra classe politica attuale si renda conto dell’importanza della ricerca pluriennale richiesta per fronteggiare questo problema di straordinaria importanza per il Paese e si comporti di conseguenza.