Probabilmente indotti dal grande evento prossimo, l' Esposizione Universale EXPO 2015 a Milano, che ha scelto per tema "Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita", i mezzi di comunicazione , sia di carta stampata che televisivi, dedicano all'agricoltura uno spazio insolito. Per fortuna, verrebbe da dire, considerata la scarsa attenzione che, per un periodo troppo lungo, è stata riservata a questo specifico comparto produttivo; la cosiddetta attività primaria è stata, di fatto, derubricata a fenomeno marginale di ben più corposi interessi.
L'Accademia dei Georgofili, da sempre, si è impegnata per portare al centro delle decisioni la "questione" agricola, ma l'ascolto dei decisori è spesso stato modesto. Comunque, dobbiamo riconoscere che i vari servizi giornalistici, cui facevamo accenno, possono contribuire a formare la convinzione che è giunto il momento di non sottovalutare le potenzialità agricole italiane, ma, anzi, di valorizzarle sia a fini interni che internazionali.
Naturalmente le proposte per raggiungere l'obiettivo sono molte, talora anche in conflitto tra di loro; National Geographic Italia, con il suo numero di Maggio 2014, si presenta in questo complesso dibattito con un lungo articolo di Jonathan Foley, direttore dell' Istituto per l' Ambiente dell'Università del Minnesota; la stessa copertina del mensile è dedicata al "Futuro del cibo". Anche diversi prossimi numeri della rivista conterranno articoli dedicati al tema. L'intento è ambizioso: aumentare la produzione agricola senza pregiudicare il già precario equilibrio ambientale del pianeta. Possiamo riuscirci?
La risposta di Foley è positiva, a condizione che si esca dalla contrapposizione tra agricoltura convenzionale e piccole fattorie biologiche, la terza via, appunto; la sua proposta è assai argomentata, ma a fianco di affermazioni realistiche ("non possiamo più permetterci di incrementare la produzione di cibo aumentando la superficie coltivabile"; "rendere più produttivi i terreni che coltiviamo") ve ne sono altre che lasciano perplessi. Cosa vuol dire esattamente che nelle terre meno produttive dell'Africa, dell'America Latina e dell'Europa orientale, oltre all' alta tecnologia ed ai sistemi agricoli di precisione, dobbiamo anche usare i "metodi presi in prestito dall'agricoltura biologica"? Ad esempio, lo slogan "more crop for drop" è una esigenza generale dell'agricoltura attuale e quindi non lo ascriverei specificatamente a nessuna delle due forme alternative (convenzionale vs biologica). Assai problematica appare anche la riduzione degli sprechi alimentari: ma è proprio facile, come si dice nell'articolo, che "I consumatori dei paesi industrializzati possano contribuire alla causa, servendo porzioni più piccole, recuperare gli avanzi, incoraggiare bar, ristoranti e supermercati a ridurre li sprechi"?
L'ultima frase dell'articolo di Foley è la seguente: "Le scelte che compiamo quando spingiamo il carrello tra i corridoi di un supermercato hanno un peso sul nostro futuro". Possiamo certamente condividere, ma, sia chiaro, non è sul singolo consumatore che si può gravare un compito così immane, ma sulle nostre società nazionali e sulle sedi dove si decidono le strategie produttive e commerciali. Se è così, il discorso si fa assai complesso. Infatti colpisce che, sempre nella rubrica "cibo" della rivista, subito dopo l'articolo di Foley, vi sia una piccola nota sulle "verdure" che vengono dal mare, cioè le alghe suscettibili di uso alimentare umano. Si dice che le 145 specie di alghe che già oggi vengono consumate, diverranno sempre più popolari e saranno una seria opzione per vincere la sfida della fame nel pianeta. Sarà così, ma molti aspetti produttivi e nutrizionali andranno considerati con grandissima attenzione.
Terminata la sezione "cibo" la rivista riporta un articolo sul cioccolato, citando il caso di un produttore toscano che ha creato una piantagione di cacao nell'isola di São Tomé e Principe (Golfo di Guinea) dalla quale ricava straordinarie tavolette di cioccolato. Ci si può chiedere: ma la domanda di cioccolato nel mondo, che è aumentata su scala mondiale di circa il 3% all'anno nell'ultimo decennio -e continua a salire- è in linea con quanto detto da Foley?
Credo che si debba certamente plaudere alla iniziativa di National Geographic Italia e, nel contempo, esortare ad un confronto serio che -come si dovrebbe fare in ambito scientifico- non dia spazio solo alle emozioni, ma anche al "truce" realismo dei dati.
Assicurare il cibo ai miliardi di "cittadini" del futuro non è cosa semplice.