La PAC prima e dopo il Green Deal

di Luigi Russo
  • 17 July 2024

Da tempo la Politica Agricola Comune (PAC) è chiamata a confrontarsi con le imprescindibili esigenze di tutela ambientale: se è vero che tra gli obiettivi della PAC (di cui, ora, all’art. 39 TFUE), non compare alcun riferimento alla tutela dell’ambiente, non è men vero che a far tempo dall’Atto Unico europeo, risalente al 1987, l’azione della Comunità (ora Unione europea) nel campo ambientale ha acquisito piena legittimazione. Con il Trattato di Amsterdam (entrato in vigore il 1° maggio 1999) è stato altresì inserito nel trattato l’art. 3C – divenuto ora art. 11 TFUE - secondo cui le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed azioni dell’UE: in questo modo, agli obiettivi della PAC come indicati nell’art. 39 del trattato, si è aggiunta la finalità, trasversale, della tutela ambientale.
Sulla scorta di questo assetto a livello di fonti primarie, la PAC ha cominciato a divenire sempre più “verde”: basti pensare alla radicale inversione di rotta avvenuta nel 2003 con il passaggio agli aiuti diretti disaccoppiati, che pongono senz’altro una minore attenzione alle logiche basate sulla produzione e sulla produttività, alla progressiva introduzione della condizionalità, del greening, delle misure agroambientali del 2° pilastro quali misure dichiaratamente finalizzate a rendere l’attività primaria meno impattante sull’ambiente.
In questo quadro, dopo le elezioni europee del 2019 e l’insediamento della nuova Commissione, è sopraggiunta l’adozione del programma strategico del c.d. Green Deal.
Per quanto riguarda, più specificamente il settore agroalimentare, il Green Deal (il cui obiettivo principale è dato dal conseguimento della neutralità climatica per il 2050) si è declinato nelle Comunicazioni della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 20 maggio 2020 contenenti le strategie "Dal produttore al consumatore" per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell'ambiente" e "Sulla biodiversità per il 2030. Riportare la natura nella nostra vita", le quali hanno individuato obiettivi dettagliati da conseguire entro il 2030, tra cui l’aumento delle aree protette, l’incentivazione di pratiche agricole completamente sostenibili, la riduzione di ben il 50% dell’uso di pesticidi chimici in genere e del 50% di quelli pericolosi, la previsione secondo cui almeno il 10% delle superfici agricole dovranno essere destinate ad elementi caratteristici  del paesaggio con elevata diversità, la destinazione di almeno il 25% dei terreni agricoli ad attività conformi al disciplinare dell’agricoltura biologica, e la riduzione dell’uso di fertilizzanti di almeno il 20%.
Tuttavia, tali obiettivi sono stati delineati, da un lato, senza una previa valutazione di impatto e, dall’altro, senza tener conto né delle inevitabili ricadute sulla garanzia degli approvvigionamenti alimentari (food security, acuita dalla pandemia sviluppatasi quasi contemporaneamente all’adozione delle ricordate strategie e dalla guerra di aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina), né dei profili di sostenibilità economica per le imprese agricole coinvolte in un processo di transizione per esse estremamente impattante.
Peraltro, le strategie in oggetto non prevedono, nella sostanza, neppure un coordinamento con l’azione dell’Unione nell’ambito della PAC: tanto che i regolamenti UE n. 2021/2115, 2021/2116 e 2021/2117 attuativi della PAC dal 2023 al 2026 risentono in misura modesta del Green Deal, anche perché le relative proposte risalgono al 2017, e, dunque, ad un periodo precedente all’adozione del Green Deal
Non può, così, sorprendere il fatto che a tutt’oggi le strategie risultino ancora ampiamente inattuate: se, da un lato, si registra l’adozione del reg. UE n. 2023/839 di modifica del reg. LULUCF (Land Use, Land Use Change and Forestry) con cui si sono aumentati i quantitativi di CO2 equivalente da assorbire entro il 2030,  e la recente adozione, con una maggioranza risicatissima e contestata, del regolamento sul ripristino della natura (il cui contenuto era già stato “ammorbidito” dal passaggio parlamentare rispetto all’originaria proposta della Commissione), dall’altro è ancora in fase di stallo il procedimento di adozione del regolamento sulle TEA, che pur potrebbe portare sensibili benefici ambientali a costo zero per le case dell’Unione, ed è stata ritirata la proposta di regolamento sulla riduzione dell’uso dei pesticidi.
Senza considerare le repentina “marcia indietro” su alcuni elementi “verdi” della PAC, quali alcune BCAA e alcuni eco-schemi, e la previsione dell’esenzione da controlli e da sanzioni per i piccoli agricoltori di cui al recentissimo reg. UE 2024/1468, approvato a distanza di neppure due mesi dalla proposta della Commissione, per cercare di placare l’ampia protesta dei farmers europei, sempre più stretti tra le ordinarie difficoltà di mercato e gli ambiziosi obiettivi della transizione imposta dall’attuazione delle strategie rientranti nel Green Deal, dimentiche queste ultime delle più elementari esigenze di sostenibilità economica delle misure dalle stesse previste.