La ginestra nell’uso e nella tradizione

di Mauro Cresti e Claudio Milanesi
  • 03 February 2016
Se oggi si chiedesse a un’adolescente cosa conosce della ginestra (Spartium junceum L.), ammesso che sappia dire di che pianta si tratti, forse saprebbe raccontare che è una pianta spontanea di un bel verde vivace che vive ai margini dei boschi e che possiede fiori gialli. Se ciò si chiedesse a un esperto agricoltore di mezza età, forse saprebbe dirci che la ginestra è una pianta infestante, ha un portamento cespuglioso-arbustivo, radici a fittone, celebrata nelle poesie di Leopardi e d’Annunzio, e anch’io, avrei aggiunto che durante le feste del Corpus Domini si raccoglievano i fiori, di colore giallo oro, che servivano a decorare le strade dove passava la processione religiosa. Qualche tempo fa una giovanile novantenne, che considero come una seconda mamma, mi confidò che dalla ginestra si ottenevano fibre per filare lenzuola, tovaglie, indumenti, corde e sacchi, mentre con gli scarti derivati dall’estrazione della fibra grezza, un tempo, s’imbottivano materassi. Tutto ciò era puntualmente confermato da altri anziani, che con altri numerosi particolari rammentavano che nel periodo fascista della nostra storia, dopo la proibizione del regime all’importazione di materie prime tra cui la iuta, era commercializzata una raffinata lavorazione con eccellenti fibre ben tessute di ginestra. La ginestra è una leguminosa che cresce spontanea sulle scarpate; tramite i rizobi simbionti, fissa l'azoto atmosferico nei propri tessuti vegetali e fornisce tra l’altro un importante contributo contro l’erosione del suolo.  Possiede una fibra lunga, abbondante, uniforme, tenace, morbida ed elastica paragonabile a quella di canapa e lino. È comunque noto sin dall’antichità il suo impiego come pianta da fibra. Fenici, Cartaginesi, Greci e Romani la utilizzavano per la produzione di stuoie, corde e vari manufatti. La stessa etimologia della parola greca “Sparos” che significa corda, conferma l’utilizzazione per tessuti grossolani e resistenti. L’industria rurale del panno ginestrino che anche adesso si ritrova in varie regioni del mediterraneo, potrebbe indicare che tale usanza si sia tramandata sin dall’epoca greco-romana. La produzione di fibre di ginestra ha coinvolto ed è appannaggio di produzioni familiari legate all’autoconsumo, anche se dai primi del novecento, si riscontrano notizie su ginestrifici nel comune di Prato, Scandicci e Montelupo Fiorentino. L’estrazione della fibra di ginestra era preceduta dalla raccolta degli steli in mazzi sistemati poi a macerare. Completata la macerazione, i viscidi fasci vegetali presentavano una buccia che si staccava facilmente. La “scorticatura” era realizzata scartando la parte esterna e separandola dalla fibra (canapuli). I fasci poi erano essiccati e la battitura era realizzata a mano con un bastone di legno finché la fibra non acquisiva un colore perfettamente bianco. Il residuo morbido era poi utilizzato per imbottire i materassi, mentre quello legnoso, una volta essiccato, era usato per avviare il fuoco. I filamenti destinati alla filatura erano “pettinati” e passati sopra una tavola di legno chiodata fino a ottenere una fibra sottile per tessuti leggeri. Poi la fibra era trasformata in filato mediante l’utilizzo di rudimentali attrezzi fatti a mano quali “la conocchia” che serviva a raccogliere la fibra, o il fuso che compattava torcendo e assottigliando le fibre lavorate. L’uso dell’arcolaio, permetteva, grazie ad una ruota motrice fissata a un supporto, di velocizzarne la raccolta e rendere uniforme il diametro del filo. Infine il filato era raccolto e pronto per la tessitura. Queste ultime fasi di lavorazione le ho apprese dalla nonna durante le lunghe e belle serate invernali trascorse con lei vicino al grande focolare mentre filava la lana di pecora.


Broom, its use and tradition
Some time ago, a young ninety-year-old that I consider my second mum confided to me that fibers from broom could be used to weave sheets, table cloths, clothes, ropes, and sacks while the waste from producing the raw fiber was used, at one time, to stuff mattresses. All this was duly confirmed by other elderly people who, adding numerous other details, recalled that, during the fascist period in our country’s history, after the ban on the import of raw materials including jute, broom fibers  were used to make elegant, finely-woven products. Broom is a leguminous plant that grows spontaneously on escarpments synthesizing atmospheric nitrogen and additionally provides an important contribution against soil erosion. Its fiber is long, plentiful, uniform, tough, soft and supple comparable to  hemp and linen. Anyway, its use as a fiber plant has been known since antiquity; the Phoenicians, Carthaginians, Greeks and Romans made mats, ropes and various handiwork with it.