Il Verdicchio deve la sua unicità, rispetto agli altri vini bianchi, perché risulta molto ricco dell’etilestere dell’acido caffeico (etilcaffeato), sostanza fenolica ad azione antiossidante. La scoperta, che è stata fatta conoscere al mondo scientifico nel 2009, è il risultato di ricerche condotte dalla Facoltà di Agraria e quella di Medicina dell’Università Politecnica delle Marche ed ha procurato riconoscimenti a livello internazionale al Prof. N.G. Frega e suoi collaboratori.
Lo studio effettuato su cellule stellate epatiche di ratto, ha evidenziato come l’etilcaffeato estratto dal vino Verdicchio, purificato mediante cromatografia liquida e somministrato ad una dose di 1 µmol/L a ratti previamente trattati con dimetilnitrosammina (sostanza altamente cancerogena), è stato in grado di prevenire la diminuzione in peso della massa corporea e di ridurre il grado di lesioni al fegato dopo una settimana di trattamento.
L'effetto è stato associato ad una riduzione dell'attivazione (da 16,8 a 8,3% del parenchima positivo all'actina del muscolo liscio) e della proliferazione (da 11,3 a 5,5 cellule/mm2) delle cellule stellate epatiche.
L’etilcaffeato ha, inoltre, ridotto la sintesi del collagene: la percentuale del parenchima positivo al rosso Sirius è diminuita dal 21,7 al 7,2%.
Concludendo, i risultati ottenuti attestano come l’etilcaffeato, presente nel Verdicchio, ha un forte effetto antiossidante, antiproliferativo ed antifibrotico; è interessante notare che questi effetti sono stati registrati a già a partire da concentrazioni (10 µmol L-1) inferiori di un ordine di grandezza rispetto quelle riscontrate nel vino.
Naturalmente gli effetti positivi dell’etilcaffeato si ottengono con un uso razionale e moderato del vino, uso che fino all’adolescenza inoltrata deve essere fortemente sconsigliato.