Ci sono voluti dei drammatici fatti in Trentino e gli attacchi dei lupi in Toscana e poi ancora incidenti in Abruzzo per far capire che il rapporto fra fauna selvatica e territorio è una questione seria, che non si può affrontare sulla base di ideologie superficiali ancorché care al mondo variopinto dello spettacolo e della comunicazione. Oppure della retorica ecologista.
Caldes è un piccolo paese del Trentino, dove un’orsa, già distintasi per atti di aggressione ad umani, ha ucciso un giovane di 26 anni; fa parte di una regione alpina fra le meno popolate d’Italia. Qualcuno, come la presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e la tutela dell’ambiente e poi il WWF, ha suggerito di spostare gli orsi “in territori non antropizzati”. E qui casca l’asino: in Europa non esistono territori non antropizzati e nemmeno nell’arco alpino dove il ministro Pichetto Fratin ha suggerito di spostare gli orsi.
Tutti costoro si sono dimenticati del turismo alpino, dei runner, degli escursionisti, degli alpinisti ecc. Si sono dimenticati che le montagne hanno perso popolazione, ma non si sono ancora spopolate. Difficile sostenere che in Europa ci siano “territori non antropizzati”. L’errore, e di errore si tratta, è quello di pensare di ricostruire degli equilibri artificiali fra uomini, animali selvatici e territorio, come se la natura fosse un “eden”, proprio come viene descritta dalle tante trasmissioni ad essa dedicate con la presenza di ambientalisti appassionati, animalisti, esperti improvvisati ecc.
Secondo episodio, ancora più significativo: una signora cinquantenne, sul crinale tra Porcari e Montecarlo, in provincia di Lucca, passeggiava con il suo cagnolino, quando un lupo ha aggredito il poverino, animale anche lui. La signora ha cercato di salvare il suo cagnolino, ma il lupo ha attaccato anche lei, che è finita in ospedale con morsi al braccio e all’avambraccio.
Gli orsi in Trentino, come i lupi in Toscana, erano in estinzione, quando dei solerti assessori regionali hanno deciso che no, bisognava tornare indietro e ritrovare gli equilibri rovinati dalla presenza dell’uomo. Nel caso del Trentino persino con i finanziamenti europei per importare gli orsi dalla Slovenia con il progetto Life Ursus. L’orsa che ha ucciso Andrea Papi si chiama con la sigla JJ4, cioè con i nomi dei genitori Jurka e Joze. Il numero 4 finale indica che è la quarta dei figli della coppia. Il primogenito, JJ1, fu abbattuto nel 2006 in Germania perché pericoloso; il secondo figlio, JJ2, non si sa che fine abbia fatto, ma JJ3 fu abbattuto a sua volta nel 2008 in Svizzera perché ritenuto pericoloso per gli umani.
Il fondatore del WWF Italia, Fulco Pratesi, ha dichiarato al “Corriere della Sera” (15 aprile 2023) che “gli orsi sono animali tranquilli che non vogliono essere disturbati nelle loro missioni come proteggere la nidiata o allattare”. Parole impegnative, in parte vere, in parte ideologiche, visto che non tutti gli orsi sono aggressivi al punto di diventare pericolosi persino per uomini che non li minacciano. Del resto, anche gli umani non sono tutti angeli, alcuni sono aggressivi, violenti, assassini.
In Germania e in Svizzera, paesi dove non mancano gli animalisti, gli orsi pericolosi sono stati abbattuti. Da noi si è aperto un grande dibattito rinfocolato dopo che il ricorso al TAR di Trento da parte delle associazioni animaliste ha decretato la sospensione dell’ordinanza di abbattimento dell’animale, che nel 2020 aveva già aggredito due persone e già allora andava fermato.
Si parla di trasferimento di una settantina di esemplari dal Trentino. Ma dove portarli, visto che in Slovenia hanno gli stessi problemi di sovrappopolazione. In Slovenia gli orsi sono circa 1.200 e crescono di 60-70 unità ogni anno. Una quarantina ogni anno vengono abbattuti dai cacciatori senza grandi grida. La gestione degli orsi segue criteri pragmatici e per ora non ci sono problemi di convivenza.
Dalla Puglia i responsabili dello Zoosafari di Fasano si sono offerti di accogliere l’orsa JJ4, ma la LAV è contraria allo zoo in generale. La madre del ragazzo ucciso si è detta anche lei contraria all’abbattimento, ma ha detto anche che i giudici “si dovrebbero mettere una mano sulla coscienza perché se succedesse a uno dei loro figli non so cosa farebbero”.
Allora che fare? Questo è il problema che ci attende, ma, per favore, con meno fanatismo ideologico.
Veniamo ora alla presenza dei lupi, che ormai, dopo il ripopolamento, riguarda tutta l’Italia. La loro presenza si avverte anche nei piccoli centri abitati nelle aree montane. In Toscana, secondo Coldiretti, gli eventi di predazione dei lupi negli ultimi 5 anni sono stati 2.500. Le aziende più colpite sono le ovicaprine con 7 mila capi uccisi e quasi il 17% degli allevamenti danneggiati. Quando un lupo attacca un branco di pecore, per un mese e più, il latte non è più “buono”.
Gli indennizzi per il periodo 2015-2019 sono stati 2,7 milioni di euro. Una volta, quando i cacciatori erano milioni, i costi erano sostenuti da loro, oggi “io pago”. Bisogna arrivare ad un piano nazionale per la gestione delle specie selvatiche, perché negli ultimi anni c’è stata una rivoluzione culturale, ma anche una forbice demografica che in certe aree ha visto crescere i selvatici e diminuire gli umani. I cacciatori sono essi stessi in via di estinzione e chi ha previsto i ripopolamenti con lupi, orsi e vipere non sapeva quel che faceva. Non pensando nemmeno a chi restava nei paesi, spesso persone anziane.
Infine non si può trascurare il problema dei cinghiali, che, ormai, arrivano nelle città e si moltiplicano in ragione geometrica. L’agricoltura e la pastorizia si restringono nel numero delle aziende e nello spazio, mentre il bosco e la macchia si estendono e la fauna selvatica dilaga. Occorre trovare un equilibrio sostenibile, ma chi programma non sempre agisce con pragmatismo, ma sotto l’impulso ideologico.
Intanto bisogna partire dall’idea che certe decisioni relative al ripopolamento di fauna selvatica, penso ai lupi, ma anche agli orsi, non possono più essere prese senza coinvolgere le comunità interessate, poche o piccole che siano. Sono loro le prime a garantire la manutenzione e la vivibilità dei territori, lontani dalle città più grandi. E sono loro a cui bisognerebbe demandare, anche con consultazioni referendarie, se accettano o meno l’immissione di fauna selvatica come lupi e orsi nei loro stessi territori. I mille lupi delle Alpi piemontesi stanno scendendo a valle e così quelli dell’Amiata e dell’Appennino.
Come si può capire la programmazione e la gestione di questi animali non hanno funzionato. La colpa di quello che succede non è dei lupi o degli orsi, ma, di sicuro, di coloro che hanno mal calcolato le conseguenze della reintroduzione.
Se abbattere gli animali non è cosa buona, non è possibile non guardare a cosa fanno gli altri paesi. Non sembra un grande rimedio spostare gli animali da una parte all’altra, così come fa un po’ ridere l’idea di dotare gli umani di campanelli o spray al peperoncino, come accade nei boschi del parco di Yellowstone, uno dei più grandi del mondo.
Certo è che qualsiasi tipo di approccio ideologico al problema è non solo sbagliato, ma pericoloso per gli uomini e per gli stessi animali selvatici. Tutte le strategie messe in atto dalle autorità regionali e dagli esperti per gestire orsi e lupi si sono rivelate problematiche.
Oggi non si sa più cosa fare e tutti parlano, preoccupati di gestire più l’opinione pubblica che i selvatici. L’abbattimento, come abbiamo visto, resta una via praticata in vari paesi, specialmente nei casi più gravi, ed è contemplato anche in Italia dalle norme presenti nel piano ISPRA per la conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centro-orientali.
Si dice che le decisioni in merito ai selvatici debbano uscire dai palazzi, regionali od europei, per arrivare nei territori interessati. Questa mi sembra la via giusta, ma non con sondaggi come si fece per il Trentino. Bensì con veri e propri referendum coinvolgendo le comunità interessate.