Il cibo modifica la nostra genetica

di Giovanni Ballarini
  • 08 January 2025

L’uomo è ciò che mangia è forse il più citato aforisma sul cibo e compare per la prima volta in una recensione che il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach (1804 – 1872) dedica al Trattato dell’Alimentazione per il Popolo che il medico e fisiologo olandese Jakob Moleschott (1822 – 1893) pubblica nel 1850, un’opera rivoluzionaria che fa della nutrizione il principio motore della storia umana, ponendo il cibo all’origine della società, del pensiero, della religione e persino delle differenze culturali e di classe. Questo trattato inizia constatando che se il nutrimento ha trasformato il gatto selvaggio in gatto domestico, da carnivoro a onnivoro, perché dovremmo stupirci se l’alimentazione influenza la natura dell’uomo e delle sue istituzioni? Una idea quella di Moleschott e di Feuerbach che sta trovando conferme in molte ricerche e pubblicazioni sulla nostra variabilità genetica, non ultima quella di Marta Palma-Morales e collaboratori intitolata Il Cibo ci ha resi umani.
Diverse mutazioni genetiche si sono verificate durante l'evoluzione umana dai primi ominidi all'Homo sapiens influenzando il modo in cui ci nutriamo favorendo lo sviluppo del cervello e permettendo la digestione di cibi come il lattosio e l'amido. Mutazioni genetiche, se non causate, sono state almeno diffuse nella popolazione umana dall’uso di cibi derivati dell'addomesticamento degli animali (latte), dall’agricoltura (amidi) e dalla pratica della cucina (cottura dei cibi) per cui oggi le raccomandazioni dietetiche e in particolare la distribuzione calorica dei macronutrienti deve tenere conto dell'importante influenza dei cambiamenti genetici e degli adattamenti che si sono verificati nella nostra specie. Come il gatto di Jakob Moleschott anche in alimentazione noi non siamo più uomini preistorici ai quali s’ispirano miti dietetici e tendenze dietetiche per la perdita di peso e il miglioramento della salute, come le dieta iperproteica, chetogenica, paleolitica, priva di latticini o a basso contenuto di carboidrati e altre, che in maggior parte non hanno basi fisiologico-nutrizionali odierne e che non sono conformi alle raccomandazioni sulla distribuzione dei macronutrienti dell'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) che propone che il 45-60% dell'energia totale provenga dai carboidrati, il 15% dalle proteine e il 20-35% dai grassi.
Odiernamente superata è l’idea della esistenza di razze umane tenendo conto di differenze fisiche come il colore degli occhi, della pelle e dei capelli dovute alla presenza di geni differenti nelle diverse popolazioni o etnie umane nelle quali sono invece presenti caratteristiche genetiche che riguardano il sesso, la salute e l’alimentazione. Per la salute, ad esempio, la parità di genere è un argomento di grande attualità in quanto negli ipertesi afroamericani i farmaci ACE-inibitori, gli antagonisti dei recettori dell'angiotensina II, e i beta-bloccanti risultano meno efficaci e comportano più rischi. In alimentazione il metabolismo dell’alcole è geneticamente diverso tra uomini e donne e in differenti popolazioni, ma soprattutto vi è una diversa digeribilità di alimenti di recente introduzione, come i cereali e il latte. Questo avviene perché la nostra specie porta in sé le firme genetiche di abitudini alimentari ancestrali che hanno subito variazioni rendendo disponibili nuove fonti di cibo che sono divenute grandi opportunità a chi ne è portatore. La capacità di adulti di consumare latte, per esempio, è dovuta alla variante genetica nota come persistenza della lattasi, un gene che è emerso circa settemilacinquecento anni fa tra primi europei e per questo a chi non possiede questa mutazione il lattosio del latte provoca sintomi simili a quelli della dissenteria. In modo analogo relativamente recente è la mutazione genetica che aumenta la possibilità di digerire gli amidi soprattutto crudi, mentre l’aumento la tolleranza all'alcool è una firma genetica di modelli alimentari diffusi tra i lontani antenati degli esseri umani consentendo loro di mangiare la frutta caduta a terra e fermentata, fornendo ai nostri antenati cibo abbondante e forse contribuendo al passaggio ad abitudini di vita terricole invece che arboricole.