La recente morte in Sicilia di un carabiniere cinquantenne, attribuita alle conseguenze del morso del cosiddetto Ragno violino, ha destato notevoli preoccupazioni e ha sollecitato la curiosità su questa specie di Aracnide che è stata descritta da Doufour nel 1820 ed è attualmente nota come Loxosceles rufescens, afferente alla famiglia Sicariidae il cui nome deriva dal latino Sicarius con il quale gli antichi romani indicavano i terroristi Zeloti che uccidevano per terrorismo, o su commissione, usando una corta spada ricurva detta "sica".
Il genere Loxosceles include oltre 100 specie; in Nord-America sono tristemente note le velenose Loxosceles reclusa e L. facta. Originario dell’area circummediterranea Il Ragno violino è ormai considerato cosmopolita per trasporto passivo con gli scambi commerciali nelle zone temperate dove sopravvive a temperature comprese fra 8 e 43°C. E’ diffuso in Nord Africa, in Francia, nelle Penisole iberica e balcanica, ed è stato introdotto in USA e Asia. In Italia, dove la sua presenza è documentata da oltre 100 anni, i casi accertati di mortalità umana, conseguenti ai suoi morsi, sono rari.
Il corpo delle femmine adulte, lungo circa 9 mm, raggiunge i 5-6 cm comprese le zampe. Il maschio è lungo 6-7 mm, e ha le zampe più lunghe della femmina. La livrea è di colore marrone giallastro uniforme con una macchia che ricorda la forma di un violino sul prosoma, zona anteriore del corpo piatta dove sono presenti 3 paia di coppie di occhi e i cheliceri; quest’ultimi sono provvisti di deboli chele il cui articolo distale, detto artiglio, che è lungo 0,6-0,8 mm, serve a inoculare nel corpo della preda il veleno. Tale secrezione immobilizza la vittima e avvia la digestione dei tessuti degli organi interni, che verranno poi ingeriti dal predatore.
Nelle zone temperate calde il Ragno vive all’aperto, nei cunicoli, nelle fessure degli alberi, nel terreno, sotto sassi e in ripari vari da dove esce per predare formiche, collemboli e varie specie di criptozoi. Nelle zone più fredde si rifugia negli edifici, soprattutto se riscaldati, con preferenza per cantine, solai, e luoghi poco frequentati; nelle abitazioni si rintana spesso nei battiscopa e nelle diramazioni delle tubazioni. Le prede più comuni sono: formiche, blatte, mosche, pesciolini d’argento e altri piccoli animali sinantropici che, di norma, cattura direttamente senza ausilio della ragnatela.
Ha costumi notturni e non è aggressivo nei confronti dell’uomo preferendo fuggire se avverte il pericolo. Solo se viene calpestato o compresso, anche involontariamente, quando cammina sui tessuti o si rifugia dentro le calzature si difende mordendo e spesso iniettando anche il veleno.
La stagione degli accoppiamenti inizia in estate; i maschi durante la notte si allontanano dal loro rifugio alla ricerca dei ricoveri delle femmine e, per evitare di essere uccisi e mangiati dalle padrone di casa, si fanno riconoscere compiendo caratteristici movimenti sui fili della ragnatela posti davanti al ricovero. Dopo un breve corteggiamento avviene il rapido accoppiamento. La femmina fecondata costruisce nel ricovero un piccolo sacco ovigero simile a un bozzolo biancastro e dopo una settimana, vi depone da 20 a 50 uova che schiudono dopo un’incubazione di una settimana; i nuovi nati, simili agli adulti, restano vicino alla ragnatela materna fino al compimento della seconda muta. Nei 6-7 mesi successivi compiono altre 5-6 mute prima di diventare adulti che vivono in media 4 anni; tuttavia, in condizioni ottimali di laboratorio, gli adulti possono vivere anche 10 anni. Solo gli adulti possono mordere gli uomini ma non procurano alcun dolore immediato; per cui, spesso, sono i sintomi a far capire se col morso è stato iniettato il veleno citotossico che ha azione necrotica sulle cellule dei tessuti attorno alla ferita. La citotossina inoculata può avviare il cosiddetto loxoscelismo eritematoso o necrotico, con formazione di ulcere che possono estendersi per alcuni centimetri e che dopo trattamento medico tendono a guarire dopo molte settimane.
Altro ragno velenoso, considerato “specie di rilevanza medica per l’uomo” è il cosmopolita Latrodactus tredecimpunctata, presente anche in Italia dove la specie nota è come Malmignatta, Ragno volterrano, o Vedova nera, termine col quale si indicano le femmine dei ragni del genere Latrodactus, di colore nero con macchie generalmente di colore rosso di varia forma e posizione.
La femmina di L. tredecimpunctata il cui corpo misura 10-15 mm, se disturbata può inoculare all’uomo un potente veleno neurotossico contenente latrotossine e tossine polipeptiche che sono in grado di reagire con i canali ionici del calcio, del sodio e del potassio e provocano il rilascio di neurotrasmettitori responsabili della sintomatologia conseguente al morso della Malmignatta.
Foto. Adulto di Loxosceles rufescens