Un articolo recentemente apparso su “Dairy Global”, a firma di Aidan Connolly, ha attirato la mia attenzione, tanto da ritenere interessante riportarne il contenuto sul nostro settimanale “GeorgofiliINFO”.
Il 6 settembre scorso, sempre sul nostro “GeorgofiliINFO”, è uscito un articolo di Gianluca Brunori sullo stesso soggetto, a dimostrazione del fatto che l’argomento è di importante attualità.
L’“AgTech”, ovvero la rivoluzione digitale al servizio dell’agricoltura sostenibile, riguarda lo sviluppo dei robot, dell’internet delle cose e dell’intelligenza artificiale in agricoltura.
L’internet delle cose, in inglese “Internet of Things (IoT)”, è un neologismo utilizzato nel mondo delle telecomunicazioni e dell’informatica che si riferisce all’estensione di internet agli oggetti che acquisiscono una propria identità digitale, rendendoli capaci di intercomunicare fra loro nella rete.
Il sistema è già presente e operante in alcuni settori dei servizi sanitari, ma comincia a far capolino in agricoltura e, in particolare, anche nel settore dell’industria zootecnica lattiero-casearia.
Nella sanità, il sistema ha sollevato problemi di perdite di posti di lavoro, così come è prevedibile che possa accadere in agricoltura, ed in zootecnia in modo particolare. Secondo i sostenitori del passaggio all’”AgTech”, gli allevatori avranno il vantaggio di approfittare delle esperienze negative acquisite dal settore sanitario per prepararsi adeguatamente al passaggio rivoluzionario.
Tanto per fare un esempio, all’ospedale universitario di Aalborg (Copenaghen) i robot possono trasportare e gestire autonomamente fino a 3000 campioni di sangue al giorno mantenendoli a temperatura costante per garantire accurate analisi a tutto vantaggio della cura dei pazienti. Sembra addirittura che un robot di nome Paro risponda alle domande dei pazienti in maniera rassicurante, attenuandone lo stress, l’ansia e la solitudine.
I robot in agricoltura si prevede che possano pulire i ricoveri delle bovine, alimentarle adeguatamente e permettere alle vacche di scegliere addirittura quando preferiscono essere munte. La ditta “Agritech Capital”, un’organizzazione per le strategie e gli investimenti specializzata nell’innovazione tecnologica nel settore dell’agribusiness con sede a Wilmington in North Carolina (USA), stima che oltre un milione di bovine da latte in tutto il mondo possano in futuro essere munte da robot e che ogni singolo robot ne possa mungere una settantina.
Per quanto riguarda la tecnologia dell’“Internet of Things (IoT)”, essa ha rivoluzionato il lavoro del personale ospedaliero eliminando la necessità del continuo monitoraggio dei pazienti ricoverati e, così, permettendo agli operatori sanitari di dedicarsi ad altre mansioni, contribuendo ad alleviare il problema della carenza di personale.
Negli allevamenti da latte le “cose” in internet sono costituite dai collari, dalle marche auricolari, dai braccialetti elettronici o dal bolo di monitoraggio ruminale SmaXtec, la nuovissima tecnologia di produzione austriaca, già in uso in alcune stalle. I sensori dell’apparecchio, che va introdotto nel rumine, misurano in continuazione, fra le altre cose, il pH del rumine e la temperatura corporea della bovina. I dati registrati vengono trasmessi al ricevitore in tempo reale. È così possibile individuare precocemente i disturbi delle fermentazioni in modo da correggere la composizione della dieta, ovvero aumentarne l’efficienza di utilizzazione alimentare, con miglioramento delle produzioni e contenimento dei costi di alimentazione. Si tratta di un ampliamento delle informazioni acquisibili. Già adesso, il monitoraggio dei movimenti e delle produzioni delle singole bovine informa in tempo reale sul loro stato di salute e sul momento fisiologico del ciclo estrale.
E veniamo all’intelligenza artificiale, spesso oggetto di discussione come potenzialmente pericolosa se lasciata libera di decidere scelte strategiche in maniera autonoma e incontrollata su aspetti importanti delle nostre vite. Un’occhiata alla voce “Artificial intelligence” di Wikipedia ci dà un’idea delle dimensioni del problema. L’intelligenza artificiale nella sanità può limitare significativamente molti errori medici che possono avere anche conseguenze fatali evitabili per stanchezza, dimenticanze, mancanza di esperienza o fraintendimenti.
Anche nella conduzione delle aziende zootecniche si possono evitare molti errori umani. Analizzando accuratamente i dati si possono prevenire le più comuni patologie, prevedere le produzioni ottimizzando l’alimentazione e la disponibilità delle risorse e collegando il tutto alle decisioni da prendere con riferimento alle strategie commerciali. L’organizzazione “Ever.Ag” con sede a Frisco in Texas (USA), con più di 500 membri in team in tutto il mondo, propone soluzioni innovative in agricoltura sotto forma di software, in un mondo che ha sempre più bisogno di cibo.
Cosa si prevede che possa succedere riguardo ai posti di lavoro nell’industria lattiero-casearia? Secondo un’indagine McKinsey si prevede che più del 50% delle grosse aziende e quasi un quarto delle piccole possano adottare in futuro le tecnologie di precisione, con un prevedibile incremento dell’impiego di personale altamente qualificato nell’analisi dati e nell’elaborazione e gestione dei software.
L’articolo di “Dairy Global” si conclude affermando che l’intelligenza artificiale da sola determinerà un aumento dell’offerta di lavoro specializzato a lungo termine, con il conseguente aumento di produttività e dei consumi, attraverso la creazione di nuove categorie di operatori specialisticamente adeguati. Tutto ciò porterà nuova ricchezza agli allevatori che vorranno investire nel settore delle nuove tecnologie fin da adesso.
Se mi è permesso un pensiero personale, probabilmente troppo condizionato dalla mia veneranda età, sono preoccupato per la possibilità che si limitino le disponibilità di lavoro per chi non è sufficientemente specializzato, con prevedibili scontri sociali, legati anche al fenomeno, sempre più vasto, dell’immigrazione.