Ferrucci: Ormai è consolidata negli studi di settore ed è acquisita sul piano giuridico la consapevolezza del ruolo multifunzionale del bosco, economico, ambientale, paesaggistico, sociale, al quale è strettamente collegata l'affermazione crescente della gestione forestale sostenibile come leading concept delle più recenti Strategie dell'Unione Europea in materia di foreste e di biodiversità, e, sul versante italiano, della Strategia forestale nazionale e dello stesso Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali. La Terapia forestale o Forest Bathing sembra ampliare questo orizzonte nella direzione del moderno paradigma del One Health, che unisce sinergicamente la salute del pianeta e la salute umana e animale. Potresti spiegarci, tu che ad essa hai dedicato studi approfonditi, la genesi e la dinamica di questa nuova terapia?
Meneguzzo: La terapia forestale nacque sotto altra denominazione (“Shinrin-Yoku”, traducibile come “immergersi nell’atmosfera forestale”, o più semplicemente “bagno di foresta” o, in inglese, “forest bathing”) in Giappone nei primi anni ’80 del secolo scorso, quale pratica di salute individuale particolarmente orientata alla riduzione dello stress da superlavoro. La concomitante diffusione, con la globalizzazione dell’economia, dei sovraccarichi di lavoro, e la crescita delle evidenze scientifiche sui benefici delle immersioni negli ambienti forestali, ha portato negli ultimi due decenni e soprattutto da dieci anni a questa parte a un tumultuoso sviluppo della pratica dei bagni di foresta, fino all’avvio della transizione da pratica di salute a terapia di rilevanza medica e sanitaria: verso, appunto, la “Terapia Forestale”.
Lo sviluppo del forest bathing ha seguito percorsi molto diversi nelle società e culture più collettiviste e verticistiche dell’estremo oriente, rispetto a quelle più individualiste e liberiste dell’occidente. Nelle prime, la pratica si è strutturata e standardizzata fin dall’inizio – in Giappone, e poi in Corea, quindi in Cina – grazie a Ministeri o altre organizzazioni governative che ne hanno prima introdotto l’uso e poi coordinato l’applicazione, col risultato di molte decine di stazioni ufficialmente riconosciute di Terapia Forestale. Nei paesi occidentali, lo sviluppo del forest bathing è stato molto più disordinato, per quanto intenso e capillare, per iniziativa di singole organizzazioni della società civile, di natura più o meno commerciale, ciascuna col proprio piano di formazione, riconoscimento delle “guide” e metodi di applicazione. Parziale eccezione è la Germania, dove organizzazioni legate ai Lander hanno dato vita a reti ufficiali di stazioni di Terapia Forestale. Di rilievo anche la creazione di una Società internazionale, la “World Society for Forests & Parks for Public Health”, di carattere privato ma con ambizioni globali, che organizza importanti e partecipate conferenze a cadenza biennale e si propone di guidare la standardizzazione delle pratiche di salute connesse all’esposizione agli ambienti forestali.
In Italia, dove il forest bathing dalla fine dello scorso decennio aveva preso tante diverse direzioni quanti i soggetti che lo proponevano, è stato costituito un Accordo nazionale a livello istituzionale e accademico (https://www.reterurale.it/terapiaforestale), che ha prodotto due libri e numerosi lavori scientifici, e sta tentando di sistematizzare e standardizzare le pratiche sia di forest bathing che di Terapia Forestale. A questo proposito, il progetto Foreste e Salute (For.Sa https://forsa-terapiaforestale.com/) condotto sulle montagne fiorentine e nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, rappresenta un contributo importante al processo di standardizzazione, oltre a rappresentare un importante volano di sviluppo locale.
Ferrucci: Esistono evidenze scientifiche e, in particolare, mediche a sostegno dell'efficacia della terapia?
Meneguzzo: Trattandosi di una terapia necessariamente condotta in ambienti naturali, i fattori confondenti sono sempre numerosi, rendendo difficoltosa l’identificazione di chiari segnali ed evidenze. Tuttavia, studi osservazionali e preclinici di alta qualità sono stati effettuati e, includendo soltanto quelli dotati di adeguati gruppi di controllo, si può sostenere che l’evidenza medica a sostegno dell’efficacia della Terapia Forestale riguarda copre numerosi aspetti della salute umana, in particolare la sfera psicologica e cognitiva, lo stato infiammatorio e il sistema cardiocircolatorio, il sistema respiratorio, alcune malattie autoimmuni, il dolore cronico. Per ciascun aspetto, le evidenze sono più chiare rispetto a specifici gruppi di persone, per esempio anziani, donne e bambini; per la sfera psicologica, gli effetti sono significativi e intensi per chiunque.
Rispetto ai determinanti degli effetti dotati di significatività, si deve alla ricerca italiana, alla grande campagna sperimentale di Terapia Forestale estesa su oltre 50 siti montani, collinari e urbani con quasi duemila partecipanti, la scoperta del contributo significativo, intenso e dipendente dalla dose dell’esposizione all’atmosfera forestale, e in particolare a certi oli essenziali - i monoterpeni – emessi dalle piante, rispetto al miglioramento dei sintomi di ansia per tutta la popolazione, e delle funzioni respiratorie e polmonari per bambi e adolescenti affetti da asma.
Un ulteriore aspetto degno di nota è quello economico: autorevoli ricerche hanno valutato, per i paesi più industrializzati, fino all’8% del Pil il valore della semplice frequentazione libera delle aree naturali protette, considerando soltanto gli effetti sulla salute mentale: una quantità enorme, derivata in gran parte dai risparmi sulle spese sanitarie, che definisce la dimensione delle opportunità.
Il Ministro della Salute si è espresso recentemente, dal palco di Sanremo, sul ruolo centrale della prevenzione attraverso gli stili di vita: in questo senso, il valore della Terapia Forestale potrebbe essere incalcolabile.
Ferrucci: Quali Paesi le hanno riconosciuto dignità di terapia medica e qual è la posizione dell'Italia a riguardo?
Meneguzzo: La situazione è piuttosto complessa e variegata, tanto quanto le diverse impostazioni culturali e dei sistemi sanitari nazionali. Come dicevo prima, nei paesi dell’estremo oriente sono state istituite molte decine di stazioni di Terapia Forestale ufficialmente riconosciute per la relativa vocazione curativa. Si tratta di una platea di quasi due miliardi di persone. Così oggi anche in alcuni Lander tedeschi. Il percorso è generalmente faticoso per ragioni essenzialmente culturali, soprattutto laddove, e mi riferisco soprattutto all’occidente, la medicina tradizionale è stata praticamente dimenticata.
La posizione ufficiale dell’Italia è tuttora al palo. Eppure, ricordiamolo, fino a pochi decenni fa le cosiddette “stazioni climatiche”, tanto diffuse sul nostro Appennino, facevano il pieno anche per indirizzo dei medici di famiglia, e il termalismo continua – giustamente – ad essere convintamente sostenuto dal servizio sanitario nazionale. Esiste un’importante iniziativa legislativa, portata avanti dai membri dell’Accordo nazionale, per includere la Terapia Forestale nei Livelli Minimi di Assistenza (LEA), accanto all’attività sportiva. Sarà uno degli argomenti al centro del convegno finale del progetto For.Sa, a Vallombrosa, il 15 marzo 2025.