Pagliai – Non c’è dubbio che negli ultimi decenni è cambiata l’agricoltura, soprattutto il modo di fare agricoltura e fra le pratiche agricole che hanno subito i maggiori cambiamenti vi è proprio l’irrigazione. Oggi nelle campagne non si vedono più, o quasi, i grandi getti d’acqua sopra le colture o lo scorrimento sul suolo di grandi masse d’acqua, ma si vedono sempre di più le ali gocciolanti lungo la fila delle colture stesse. Un cambiamento verso la modernizzazione indotto sia dai cambiamenti climatici che, con i lunghi periodi di siccità, è necessario non solo risparmiare acqua ma anche garantirla per la maggiore richiesta delle colture, sia per abbassare l’impatto sul suolo, visto la sua continua degradazione o, come si dice oggi, il suo precario stato di salute.
Mastrorilli – Voglio ricordare quanto grande sia stato il ruolo della Ricerca italiana nell’ambito della idrologia del Suolo e di conseguenza sulla Scienza Irrigua. Perché di Scienza bisogna parlare anche in Irrigazione. “Aridocoltura” fu scritto da Enrico Pantanelli all’inizio dello scorso secolo. Pantanelli precisò che l’acqua è solo uno dei mezzi di produzione che si applicano ai sistemi colturali. Questi si gestiscono armonizzando tutte le “regole” della Agronomia, senza sconti. Alle prassi agronomiche tradizionali si è aggiunta una serie di aggiornamenti scientifici e tecnici, in continua evoluzione che riguardano la relazione “acqua – produzione”. La Ricerca produce innovazioni che poi si vedono applicate in campo a decenni di distanza. Le attuali tecniche irrigue si uniformano a istanze economiche, ambientali e sociali: l’acqua per l’agricoltura (e per tutti i settori produttivi) scarseggia, il costo dell’esercizio irriguo sale, i consumatori sono attenti all’impronta idrica dei prodotti agricoli. La micro-irrigazione fu concepita nei laboratori di ricerca più di mezzo secolo fa per ottimizzare le rese, ma solo oggi è largamente adottata come unico rimedio per contenere i volumi irrigui. Questa tecnica irrigua si pratica solo se l’azienda dispone di acqua “a domanda”.
Pagliai – Attualmente in Italia siamo agli albori dell’agricoltura di precisione che stenta a decollare per molteplici cause, una delle quali è senza dubbio la mancata copertura del territorio nazionale di un’efficiente rete informatica; alcune aree del nostro Paese ne sono pressoché sprovviste! Inoltre, abbiamo un parco macchine obsoleto; la popolazione agricola è abbastanza anziana e sono ancora pochi i giovani che si dedicano all’agricoltura e saranno ancora meno se chi ha volontà di intraprendere questo lavoro non viene formato e supportato con aiuti adeguati e altrettanto adeguate politiche di sostegno. Tuttavia, proprio l’irrigazione di precisione sembra avere le maggiori possibilità di affermazione proprio in quelle area dotate di una efficiente rete informatica.
Mastrorilli – Gli studi sulla irrigazione di precisione non sono recenti. L’applicazione precisa di acqua in campo è una pratica consolidata: è già da qualche decennio che gli agricoltori sanno quando e quanto irrigare in base alle caratteristiche idrologiche del suolo, alle esigenze della coltura e alla tecnica irrigua. L’irrigazione precisa esiste già da tempo. Altra cosa è l’irrigazione di precisione. Il passaggio alla irrigazione di precisione stenta perché prevede l’utilizzo di una serie di sensori che controllano lo stato idrico del suolo e della coltura e l’applicazione dell’acqua irrigua attraverso attuatori (in pratica elettrovalvole azionate da remoto). Sensori, modelli previsionali e attuatori esistono. Per praticare l’irrigazione di precisione non serve l’ingegnere in campagna: in mano all’agricoltore non si danno i sensori e una serie infinita di numeri in output da interpretare. All’agricoltore arriva un “Decision Support System (DSS)” che dialoga, come per qualsiasi “APP”, con l’operatore e lo “avvisa” quando sarà il momento di intervenire con la prossima irrigazione, considerando sia quello che i sensori “osservano” in campo sia le previsioni meteo a corto raggio spaziale e temporale. Gli agricoltori danno prova di apprezzare questa tecnologia. Se tutto questo ancora non funziona a pieno è perché servono sensori robusti e a basso costo, concepiti espressamente per essere installati in campo. I telefonini sono robusti, costano abbastanza poco e non hanno più segreti per nessuno. Ma per utilizzare le “APP irrigue” ci vogliono infrastrutture digitali adeguate e diffuse ettaro per ettaro. E non dimentichiamo che comunque le nuove tecnologie costano: con gli attuali redditi gli agricoltori non sono incoraggiati ad aggiornare le tecnologie per pilotare l’irrigazione.
Pagliai – Tu sei sempre stato un sostenitore del “water harvesting”: alla luce della crisi climatica in atto, con piogge violente (nubifragi) concentrate in brevi periodi in cui la maggior parte dell’acqua piovana non si infiltra nel suolo e lunghi periodi di siccità, quali sono le principali azioni da intraprendere?
Mastrorilli – Ho sempre sostenuto che il Suolo è il più grande serbatoio di acqua, la diga più alta che si possa immaginare per immagazzinare l’acqua piovana. Perché questa funzione venga assolta il Suolo deve essere trattato bene. L’Agronomia stabilisce tutti gli accorgimenti per rispettare la struttura del Suolo, proteggere la sostanza organica che aggrega stabilmente le particelle di suolo, migliorare la porosità del suolo, favorire l’infiltrazione di acqua nel suolo (alla superficie e lungo tutto il suo profilo), agevolare il drenaggio profondo. L’Agronomia codifica altresì la sistemazione superficiale del suolo per favorire lo sgrondo delle acque superficiali e convogliare le acque che ruscellano sulla superficie del suolo verso collettori che poi trasportano l’acqua dai campi coltivati a reti idriche extra-aziendali o gli utilissimi laghetti collinari. Utili per integrare le risorse idriche tradizionali e raccogliere “a monte” l’eccesso di acqua piovana che il suolo non riesce a trattenere. Questa è una funzione sempre più necessaria in tempi di riscaldamento globale che hanno come effetto le piogge a carattere tropicale, sempre più comuni anche alle nostre latitudini.
L’Agronomia ha dimostrato che è possibile aumentare la capacità di invaso di tutti i suoli con un lavoro lento e costante. I fatti dimostrano che ci vuole un attimo a distrugge un suolo, basta coltivarlo malamente o sigillarlo col cemento. Significa far crollare volontariamente una diga.