“Dialoghi sul suolo e l’acqua”: La percezione dell’importanza del suolo a livello internazionale

Dialogo con Edoardo Costantini – Presidente dell’International Union of Soil Sciences

di Marcello Pagliai e Edoardo A.C. Costantini
  • 05 March 2025

Pagliai – Edoardo, sta ormai scadendo il tuo mandato di Presidente della IUSS (International Union of Soil Sciences) e ti avvii a ricoprire il ruolo di Past-President per i prossimi due anni: questo incarico ti ha permesso di girare il mondo oltre che organizzare, nel Maggio 2024 a Firenze, il convegno mondiale celebrativo dei cento anni della IUSS, hai quindi il polso della situazione circa la percezione dell’importanza del suolo e le prospettive future in varie parti del mondo. Nel dialogo del mese scorso Carmelo Dazzi ci ha tracciato la situazione nel nostro Paese; secondo la tua esperienza, a livello internazionale le cose vanno meglio?

Costantini – Caro Marcello, in questi anni ho avuto modo di conoscere molte realtà in tutti i continenti e ti posso dire che, sebbene la situazione sia certamente molto articolata, l’interesse sul suolo sta certamente crescendo notevolmente, anche perché è una risorsa che si sta rivelando sempre più limitata e in continuo peggioramento qualitativo. Si stima infatti che il 60% dei principali ecosistemi globali sia utilizzato in modo non sostenibile o sia già stato degradato e che la superficie arabile sia diminuita del 19% dal 2000 al 2022, attestandosi a soli 0,20 ettari pro capite.
La salute del suolo si sta sempre più inserendo nei grandi temi internazionali, come le Convenzioni delle Nazioni Unite, in particolare quella per la Lotta alla Desertificazione (UNCCD), quella sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) e la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), ma anche negli obiettivi della Convenzione di Rio 2012 sullo sviluppo sostenibile e all’interno dei nove confini planetari (planetary boundaries) che descrivono i limiti degli impatti delle attività umane sul sistema Terra. Oltrepassati questi limiti, i diversi comparti ambientali potrebbero non essere più in grado di autoregolarsi, esattamente come avviene per i limiti di resilienza dei suoli. A livello internazionale quindi il ruolo del suolo è presente soprattutto nelle politiche che trattano di tematiche più vaste. Alcuni Paesi però, e la stessa Unione Europea, hanno capito la vastità e la rilevanza della problematica e stanno sviluppando politiche specifiche per la conservazione del suolo e della sua salute. La situazione da questo punto di vista è promettente.

Pagliai – Nella nostra attività lavorativa ci siamo sempre battuti a livello istituzionale per avere un Servizio Pedologico Nazionale con scarsi risultati a parte la realizzazione della Carta dei Suoli a scala 1:250.000. Oggi alcuni aspetti del servizio del suolo sono curati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) soprattutto per quanto riguarda l’inquinamento e il consumo di suolo; a quest’ultimo proposito l’ISPRA ci fornisce ogni anno i dati sempre più allarmanti e crescenti del consumo di suolo che viaggia imperterrito al ritmo di oltre due metri quadrati al secondo e che tuttavia, nonostante le evidenze catastrofiche aggravate dalla crisi climatica in atto, non si trova il modo di invertire la tendenza. Esiste, a tuo avviso, un modello valido di altri Paesi che sarebbe opportuno perseguire nel nostro Paese o se invece varrebbe la pena di incrementare il modello ISPRA?

Costantini – Più che basarsi su un modello mutuato da altri Paesi io direi che è preferibile basarsi sulla nostra esperienza e sulle nostre realtà. ISPRA sta facendo un ottimo lavoro nel fornire una stima quantitativa annuale del consumo di suolo dovuto alla dinamica delle coperture artificiali e attribuendole un costo economico legato alla perdita di servizi ecosistemici. ISPRA utilizza una serie di dati forniti dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente e altre fonti nazionali e internazionali, a cui contribuiscono vari ricercatori italiani. È quindi già un sistema funzionante e funzionale per lo scopo conoscitivo e informativo a cui è dedicato.
Tu citi l’esperienza dell’Osservatorio Nazionale Pedologico e per la Qualità del Suolo Agricolo e Forestale, che produsse la Carta dei Suoli a scala 1: 250.000. Aggiungerei che i risultati più importanti non furono tanto i prodotti cartografici, ma la serie di nuclei pedologici regionali e la rete di collaborazioni tra questi e le istituzioni scientifiche e di ricerca. Quel sistema collaborativo non è stato completato, per la mancanza di una sua istituzionalizzazione, ma funziona ancora oggi e fornisce dati e informazioni di grande rilievo. Ad esempio, le carte nazionali del carbonio organico e della salinità dei suoli per la Global Soil Partnership della FAO, utilizzate anche da ISPRA.
Nel prossimo futuro il sistema pedologico italiano dovrà giocoforza attivarsi ulteriormente, visto che l’Unione Europea ha proposta una direttiva europea per il monitoraggio e la resilienza del suolo, che anche l’Italia dovrà implementare. Si dovranno delineare i distretti di monitoraggio basati sulle unità di suolo e le unità omogenee di campionamento, si dovranno definire gli obiettivi e le soglie per i parametri del suolo, un registro dei siti contaminati, i principi per mitigare il consumo di suolo, evitando le politiche contradditorie come, ad esempio, finanziare macchinari agricoli sempre più pesanti che degradano sempre di più la struttura del suolo. Ci sarà bisogno di una grande cooperazione nazionale ed europea. In tal senso sono stati fatti negli ultimi anni significativi passi avanti con il programma europeo EJP Soil e quello nazionale Soil Hub, promosso dal Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF), al quale hanno partecipato molti attori e parti interessate, anche rappresentanti del mondo produttivo e professionale agricolo e forestale.

Pagliai – Con notevole ritardo anche e Istituzioni Europee hanno preso atto della grave situazione di degrado dei suoli di tutta l’Unione e stanno cercando di porvi rimedio con una serie di provvedimenti e direttive (talvolta confuse o mal poste, considerando anche le variabilità ambientali dei vari Paesi) come quelle comprese nel Green Deal anche con obiettivi ambiziosi come quello del risanamento degli ecosistemi degradati dal 2030 al 2050. In base alle tue conoscenze e alla tua esperienza ritieni ragionevolmente raggiungibili questi obiettivi?

Costantini – Certamente la Missione Suolo dell’Unione Europea è una novità importante e potenzialmente determinante per la salute dei suoli europei. L’iniziativa ha molteplici finalità e, come giustamente fai notare, obiettivi molto ambiziosi, tra cui, sviluppare la ricerca, la co-creazione delle innovazioni tramite laboratori viventi (living labs) e fattorie esemplificative (lighthouses), un sistema integrato di monitoraggio del suolo e, quello che per me è l’obiettivo più importante, l’alfabetizzazione del suolo tramite la comunicazione e il coinvolgimento dei cittadini.
Molta enfasi viene data al raggiungimento di risultati concreti e a tal fine è stata proposta una serie di indicatori e soglie di parametri pedologici per la certificazione di “suolo sano”. Soglie a volte comuni per tutti gli stati europei, a volte modificabili in funzione delle condizioni nazionali. Le metodologie di valutazione e di monitoraggio pongono alcune questioni impegnative, relative alla definizione delle soglie dei parametri pedologici di riferimento, all’uso della modellistica, alla scala del monitoraggio e alla individuazione delle aree di valutazione; tutte metodologie che sono attualmente in corso di definizione.
Personalmente credo che darsi degli obiettivi concreti e misurabili molto ambiziosi sia utile, ma con alcune riserve. Il rischio di fallimento totale o parziale è molto alto, visto i vincoli del sistema agricolo-ambientale nel suo complesso e anche degli stessi tempi di risposta dei suoli, spesso almeno decennali. Puntare sul processo è importante come e forse più che sul raggiungimento del risultato. E puntare sul processo significa puntare sulle persone: dagli agricoltori ai ricercatori, dagli amministratori ai professionisti, dalle associazioni ai semplici cittadini. Faccio una proposta. Perché la Missione Suolo non pone degli obiettivi concreti, quantitativi, anche per l’obiettivo alfabetizzazione? Si potrebbero utilizzare, ad esempio, degli indicatori di risultato basati sulle interviste ai cittadini e agricoltori, sul numero e tipo di programmi scolastici, sulla diffusione dei corsi universitari, sui programmi Erasmus, sulle aziende coinvolte nei programmi di innovazione, sul coinvolgimento delle amministrazioni locali.
Realizzare gli obiettivi europei di sanità dei suoli rimane comunque una attività complessa, che coinvolge molti attori, anche in competizione di interessi. Ad esempio, le principali aziende della grande distribuzione organizzata, che molto spesso decidono i prezzi dei beni agricoli e forestali e soprattutto i compensi agli agricoltori. Questi attori spesso si promuovono come difensori dell’ambiente e allo stesso tempo del risparmio dei consumatori, ma dovrebbero anche proporsi come sostenitori della realtà rurale e del reddito degli agricoltori, perché senza sostenibilità economica non ci può essere sostenibilità ambientale.
Altro evidente conflitto di interessi è quello relativo agli scambi commerciali tra Europa e Paesi extra europei, che vedono il comparto agricolo sacrificato rispetto a quello industriale, come nel recente accordo Mercosur. Si favorisce l’import di alimenti da Paesi dove è consentito l’uso di pesticidi e fitosanitari vietati in Europa e condizioni di lavoro molto peggiori, incentivando di fatto la deforestazione dell’Amazzonia, nonostante che il Parlamento europeo abbia approvato nel 2023 norme che impongono alle imprese di auto dichiarare che i beni venduti nell’UE non abbiano causato deforestazione. In realtà però non ci sono controlli effettivi. Inoltre, meno del 10% dei prodotti agroalimentari in arrivo in Europa dai Paesi extra Ue è sottoposto a verifiche fisiche, ovvero tese a testarne la salubrità, mentre i nostri prodotti agricoli sono sottoposti a controlli severi. Lo svantaggio competitivo per gli agricoltori europei è evidente e sta portando ad un drammatico abbandono abitativo e della gestione delle campagne e dei boschi, soprattutto nell’Europa mediterranea ed orientale, con conseguente degrado ambientale, in primo luogo dei suoli.
In conclusione, ritengo che sia indispensabile che la Missione Suolo si confronti con gli altri attori delle politiche europee e dell’economia agro-alimentare affinché i suoi obiettivi siano veramente condivisi e quindi davvero raggiungibili.