Cosimo III dei Medici amò in modo particolare la botanica ed ebbe la fortuna di trovare sulla sua strada Michelangelo Tilli di Castelfiorentino.
Nel 1683 il Sultano turco Sulayman fece pervenire al Granduca la singolare richiesta del sollecito invio di un medico per curare suo genero Mussaip Pascià, che non riusciva a ristabilirsi dopo una grave caduta da cavallo. A Firenze era celebre Francesco Redi, l’archiatra di corte, la cui fama aveva raggiunto i luoghi più remoti, ma Redi declinò l’invito e suggerì, per la delicata missione, uno dei suoi migliori allievi: Michelangelo Tilli.
Tilli, medico e botanico, partì con entusiasmo alla volta della corte ottomana, accompagnato dal chirurgo Pier Francesco Pasquali e, con circostanziate lettere, informò Redi del viaggio e dell’accoglienza ricevuta. La missione non aveva, chiaramente, solo fini terapeutici. La corte toscana desiderava conoscere ogni aspetto della realtà turca ed in particolare gli orientamenti in politica estera del Sultano. Tilli offrì una straordinaria opportunità di penetrazione nel chiuso mondo di Istambul e ricevette l’incarico di osservare e riferire con meticolosità.
Era necessario allontanare l’ombra di ogni sospetto e le sue lettere, colme di dettagli, dovevano essere inviate a Redi come se si trattasse di una corrispondenza scientifica, di un puro e semplice consulto epistolare sui problemi fisici che affliggevano il genero del Sultano.
Tilli seguì la corte ottomana per circa tre anni e, grazie alle sue cure ed all’unguento “da nervi”, prodotto dalla spezieria granducale a Firenze, Mussaip Pascià si ristabilì completamente.
Al suo ritorno a Firenze, Cosimo III volle premiare Tilli per i suoi eccezionali servigi e gli conferì, nel 1685, l’incarico di Lettore dei Semplici nello Studio Pisano e la direzione dell’Orto Botanico dell’Ateneo. Tilli iniziò a svolgere i suoi compiti con il massimo zelo ma, nel 1687, il Bascià di Tunisi Mehemet, ammalato, richiese le sue cure, per la fama che il medico e botanico aveva ormai acquisito nel mondo ottomano. Tilli partì di nuovo e riuscì a guarire anche il Bascià, ottenendo, come ricompensa, la possibilità di portare a Pisa piante rare come la Cimara Acaulis, un cardo dai fiori profumati.
Cosimo III accolse Tilli al suo ritorno con estremo favore e finì per ritenerlo non solo uno studioso colto e devoto ma un vero e proprio uomo di genio, in grado di accrescere il prestigio internazionale dello stato mediceo. Non a caso l’Orto Botanico di Pisa, sotto la guida di Tilli, ebbe uno straordinario incremento, soprattutto nel settore delle piante esotiche. Messe in opera apposite stufe fatte giungere dall’Olanda, Tilli creò le condizioni per far vivere anche le piante tropicali e, nel 1715, riuscì a far fiorire in serra una pianta di Caffè, allora denominato Jasminum Arabicum ed a far prosperare Cotone, Papiri Nilotici, Canne da Zucchero ed alcune specie di Euforbie, di Aloe e di Tamarindo.
Membro della prestigiosa Royal Society di Londra, amico di Carlo Linneo di Uppsala, che gli dedicò una pianta appena scoperta chiamandola Tillea, Michelangelo Tilli compì per Cosimo III l’ultima fatica: lo splendido Catalogus Plantarum Horti Pisani, che vide la luce a Firenze nel 1723 e che conteneva la descrizione di ben quattromilacinquecentoventicinque entità.
In una elegante epistola dedicatoria Tilli scioglieva un inno alla sensibilità scientifica e culturale del sovrano toscano che, profondamente legato agli studi naturalistici ed al loro incremento, aveva dato il massimo impulso agli Orti Botanici di Pisa e di Firenze.