Coriandolo: dalla cucina ai disturbi della terza età

di Giovanni Ballarini
  • 18 December 2024

In una tavoletta della civiltà micenea fiorita nella Grecia durante la tarda età del bronzo (1600-1100 a.C.), in scrittura Lineare B compare la parola "ko-ri-a-ndo-no" che significa coriandolo, il nostro Coriandrum sativum detto anche cilantro, una pianta erbacea annuale della famiglia delle Apiaceae alla quale appartengono anche il cumino, l'aneto, il finocchio e il prezzemolo. Coriandrum è una parola latina citata da Gaio Plinio Secondo o Plinio il Vecchio (??? – 79 d. C.) nella Naturalis Historia, XX, 82) che ha le sue radici nella parola greca corys (cimice) seguita dal suffisso -ander (somigliante) in riferimento a una somiglianza dell'odore emanato dai frutti acerbi o sfregando le foglie del coriandolo. Le cimici non hanno una caratteristica odorosa, ma quando sono disturbate o schiacciate da ghiandole di cui sono dotate e come meccanismo di difesa emanano una secrezione oleosa di odore particolare.
Il Coriandrum sativum è una pianta erbacea originaria della regione mediterranea da tempo coltivata in Asia, Europa centrale e Nord Africa, usata in cucina in molte cucine tradizionali antiche e moderne che amano il suo particolare aroma. Noto in tutto il Mediterraneo, i Romani usano moltissimo il coriandolo, Apicio ne fa la base di un condimento chiamato Coriandratum, grande è il suo successo nelle cucine medievali e oggi è ancora molto apprezzato nelle cucine asiatiche, messicane e indiane. Già nel Rinascimento se ne utilizzano soltanto i semi, come spezia o per i confetti ricoperti di zucchero, offerti dopo cena come digestivo e lanciati in aria durante le feste, e da questa usanza viene il nome di coriandoli, i pezzetti di carta colorata che si lanciano ancora oggi a Carnevale.
Il coriandolo è oggi quasi scomparso nelle cucine europee e nordamericane perché vi sono persone con una sensibilità genetica che fa percepire il coriandolo come un gusto sgradevole di sapone. Questa sensibilità chiamata "disgusto al coriandolo" o “disgusto saponoso” è presente nelle persone in diverse percentuali secondo la loro origine. In base ad alcune indagini questo disgusto è presente nel 21% degli asiatici orientali, nel 17% delle persone di origine europea e nel 14% delle persone di origine africana per una loro particolare costituzione di varianti genetiche all'interno di un gruppo di geni recettori che influenzano il senso dell'olfatto (Ewen Callaway - Soapy taste of coriander linked to genetic variants - Nature 12, September, 2012). Inoltre Nicholas Eriksson e collaboratori rilevano che oggi quasi la metà degli europei ha due coppie della variante genetica del gusto "saponosa" e il 15,3% degli europei dichiara che il coriandolo ha un gusto di sapone mentre sono inoltre le donne che più facilmente rilevano un sapore di sapone e quindi non amano il coriandolo Gli afroamericani, i latini, gli asiatici orientali e gli asiatici meridionali hanno invece significativamente meno probabilità di rilevare un sapore saponoso rispetto agli europei (Nicholas Eriksson, Shirley Wu, Chuong B Do, Amy K Kiefer, Joyce Y Tung, Joanna L Mountain, David A Hinds & Uta Francke – A genetic variant near olfactory receptor genes influences cilantro preference – Flavour, 1, 22, 2012).
Non sappiamo quale fosse la genetica gustativa degli antichi romani e dei signori medievali che tanto amavano il coriandolo, ma oggi il gusto o disgusto saponoso di una parte della popolazione umana a fatto quasi completamente scomparire il coriandolo dalle cucine europee e i suoi semi sono usati utilizzati solamente per preparare alcuni liquori digestivi, aromatizzare sottaceti tedeschi e scandinavi, il pane balcanico, certi dolci anglosassoni e alcune preparazioni di carni come le salamelle ciociare. Contemporaneamente oggi vi è un grande interesse di questa pianta come medicinale, come dimostra un’abbondante letteratura scientifica di oltre settecento pubblicazioni, delle quali quattrocentocinquanta negli ultimi dieci anni, con particolare riferimento al trattamento di malattie legate all’invecchiamento come fattore principale di disturbi neurologici e psichiatrici della terza età tra cui malattie neurodegenerative (morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson e demenza), ictus, neuroinfiammazione, neurotossicità, tumori cerebrali, stress ossidativo e turbe reattive dell'ossigeno (ROS). Oggi l’'impatto negativo sul benessere sociale mondiale della crescente presenza di malattie psichiatriche porta a una continua ricerca di nuovi farmaci e anche se le attuali opzioni terapeutiche esercitano la loro attività su più bersagli neurologici, questi hanno diversi effetti avversi, causando l'abbandono del trattamento. Recenti ricerche stanno dimostrando che il Coriandrum sativum offre una ricca fonte di metaboliti, principalmente terpeni e flavonoidi, utili agenti contro i disturbi del sistema nervoso centrale, con notevoli attività in vitro e in vivo su modelli legati a queste patologie. In particolare questi studi stanno rivelando che alcuni composti del coriandolo hanno un'interazione chimica con i recettori dell'acido aminobutirrico, della 5-idrossitriptamina e dell'N-metil-D-aspartato, componenti chiave nella fisiopatologia associata alle malattie psichiatriche e neurologiche e con attività di tipo ansiolitico, antidepressivo, antiepilettico e potenziatore del sonno (Norouzkhani N., Karimi A. G., Badami N. et ali – From kitchen to clinic: Pharmacotherapeutic potential of common spices in Indian cooking in age-related neurological disorders - Front. Pharmacol. 13, 960037, 2022. Jiménez-Ferrer E., Angulo-Bejarano, P. I., Sharma A., Herrera-Ruiz M. - Coriandrum sativum and Its Utility in Psychiatric Disorders - Molecules, 28, 5314, 2023).