Da alcuni anni le api trovano sempre più difficoltà a raccogliere il nettare dai fiori abitualmente visitati poiché le piante mellifere hanno notevolmente ridotto la secrezione a causa degli anomali andamenti climatici sempre più sfavorevoli all’attività dei pronubi, e di alcune attività umane che incidono negativamente sull’attività dell’alveare. Parallelamente le produzioni di miele sono in costante calo e in Sicilia si calcola che, negli ultimi anni, la quantità di miele di agrumi, di eucalipto e di timo prodotto è diminuita di circa il 70-80%; pertanto molti apicoltori che praticano il nomadismo rischiano di abbandonare l’attività ormai poco remunerativa del duro lavoro.
Anche in ambiente urbano i pronubi incontrano crescenti difficoltà a trovare fonti nettarifere e le bottinatrici di api mellifere, visitano anche i fiori di piante che producono poco nettare, ed entrano spesso in competizione con altri Imenotteri selvatici.
Una essenza utilizzata nelle alberate di molti centri urbani dei Paesi a clima subtropicale e mediterraneo, è la Bignonacea Jacaranda mimosifolia, originaria del Centro e Sud America, dove alcune delle 49 specie congeneri vengono coltivate per il legno pregiato, impropriamente chiamato palissandro, utilizzato per la costruzione di mobili e strumenti musicali.
Nella lingua Guarani, parlata dalle popolazioni indigene del Sud America, il termine Jacaranda significa “fragrante” e l’albero è considerato simbolo di saggezza, ricchezza e fortuna. Secondo una leggenda locale sulla sua chioma, in tempi remoti, si posò un uccello di nome Mitu e dalle sue ali scese la dea Figlia della luna che istruì gli indigeni e mostrò loro la differenza tra bene e male. Esaurita la sua missione divina, risalì sull’albero fiorito e ascese al cielo per unirsi al Figlio del sole, che aveva compiuto una missione simile in un’altra parte della foresta.
Jacaranda mimosifolia è un albero longevo di grandi dimensioni, dal portamento eretto e dall’ampia chioma, le cui foglie bipennate, di colore verde brillante, cadono durante l’inverno. Nella tarda primavera sbocciano i fiori ermafroditi, riuniti in grappoli apicali (pinnacoli). Il fiore è formato da 5 lobi confluenti in un tubo corollino lungo da 3 a 6 cm, di colore blu-violetto, alla cui base è presente una secrezione dal sapore dolce, irraggiungibile dai pronubi. Tuttavia, le api bottinatrici trovano il modo di recuperarla dai fiori subito dopo la loro abscissione e caduta al suolo. Nelle ore più calde poche bottinatrici sorvolano i tappeti di fiori che si formano sotto la chioma, posandosi solo sui fiori caduti da poco tempo. Immediatamente le api si dirigono verso la base del tubo corollino e in pochi secondi lambiscono la secrezione zuccherina. Durante l’escursione una bottinatrice visita in media una ventina di fiori prima di rientrare nell’alveare. Il magro bottino non attira molte compagne; in media sono state osservate da due a tre operaie per tappeto fiorale esteso da 9 a 15 mq.
Tuttavia, come in precedenza osservato sugli inaccessibili fiori di gelsomino, la magra dolce risorsa dei fiori di Jacaranda, viene recuperata dalle api che sono capaci di risolvere problemi con soluzioni estemporanee e non stereotipate. L’attività di recupero delle api sottrae risorse alle formiche e alle numerose specie che vivono nel suolo.