La storia della cucina è piena di leggende culinarie, come le definisce Jean-Paul Aron nel suo libro
Le mangeur du XIX siècle e tra queste che la cucina francese fiorita nel Milleseicento sia stata originata da quella fiorentina importata da Caterina de Medici, una leggenda oggetto anche di un recente libro a più mani e coordinato di Pascal Briost e Florent Quellier (
La table de la Renaissance. Le myte italien – Presses Universitarires de Rennes 2018), un libro che raccoglie i contributi di diversi autori e che non ha la pretesa di arrivare a conclusioni definitive, pur mettendo in evidenza l’influenza della cucina italiana su quella francese dell’epoca.
Secondo questa leggenda, Caterina de’ Medici (1519 – 1589) nipote di Lorenzo il Magnifico nel 1533 va a sposa a Enrico d’Orleans, il futuro Enrico II, portandosi al seguito cuochi e pasticceri fiorentini, toscani e siciliani che fanno scuola. Il divulgatore francese Nicolas Camille Flammarion (1842 – 1925) scrive che i cuochi italiani sono all’origine della cucina fran-cese e che i cuochi francesi come La Varenne, De Masseliert, Valet, De la Chapelle, Carême, Ecoffier s’ispireranno così bene che non tarderanno a surclassare i loro iniziatori. Anche Jean Orieux in un libro postumo dedicato a Caterina (
Catherine de Mèdecis ou la Reine noire – Flammarion, 1986) afferma che i fiorentini hanno riformato l’antica cucina francese di tradizione medievale e ad essi risale la cucina francese moderna. In precedenza il cuoco Antonin Carême nel 1822 aveva scritto che i cucinieri della seconda metà del Settecento conoscono il gusto della cucina italiana che Caterina de’ Medici ha introdotta alla corte di Francia. La leggenda culinaria prosegue con l’elencazione di ciò che Caterina avrebbe portato in Francia: salse, uso delle rigaglie, olio d’oliva, crespelle, spinaci, fagioli, piselli, carciofi, cucina dei volatili all’arancio, pasta (maccheroni, tagliatelle e lasagne), sorbetti di frutta e gelati di zabaione e crema, assieme a una serie di ricette e l’uso di tovaglie damascate e delle forchette. Caterina anche avrebbe portato in Francia infine il pane bianco o
pan de la Reine e non da ultimo perfino le mutande che usava quando andava a cavalcare montando non all’amazzone ma alla moda maschile. La leggenda si amplia dando ai cuochi francesi il merito di aver mantenuto in uso, introducendole nella loro cucina nazionale, molte ricette italiane cadute in disuso e in molti casi di averle inserite nella cucina internazionale permettendo alla cucina francese di conquistare nel milleseicento la sua egemonia nel mondo civile.
Come il mito dell’Anno Mille è una costruzione di ottocento anni do-po, anche la legenda culinaria di Caterina de’ Medici compare nelle opere francesi dal XVIII secolo e prima d’allora le fonti non ne riportano traccia. Alcuni autori fondamentali tra i quali Le Grand d’Aussy nella sua
Histoire de la vie privée des Français (1782) non la prendono neppure in considera-zione. Inoltre, a quanto sappiamo, Caterina portò con sé in Francia solo alcuni cuochi del Mugello e un gelataio di Urbino.
Un dato certo, messo in evidenza anche da Olivia Parizot (…
Espagne et en Italie à la fin du Moyen âge – in Pascal Bripist e Florent Quellier, 2018) è che nella collezione dei libri appartenuti a Caterina de Medici vi sarebbe stata l’Opera di Bartolomeo Scappi, detto il Platina (1500 – 1577), libro di cucina che si ritiene pubblicato nel 1570, quando Caterina era da tempo regina di insediata in Francia essendo morta nel 1589. Per questo, più realistico è considerare come nell’Europa del XV e XVI secolo e soprat-tutto nelle corti principesche vi sia un’ampia circolazione di libri e costumi, tra questi anche quelli gastronomici, senza dover scomodare questo o quel regnante. Se Caterina de’ Medici alla fine del millecinquecento fa arrivare in Francia l’Opera del Platina, nel 1682 a Bologna si pubblica la prima traduzione de
Le Cuisinier François di François Pierre de la Varenne, nato in-torno al 1615 e cuoco del Marchese Duxelles, una pubblicazione che illu-mina la cucina del Diciassettesimo secolo, che nel 1720 ha già avuto oltre trenta riedizioni, e che unisce la gastronomia italiana alle cucine regionali del suo paese, la prima opera fondamentale della cucina classica francese e che dà origine alla gastronomia moderna.