Il tradizionale legame tra lo zampone e le feste di Natale e Capodanno che si prolunga fino all’inizio della Quaresima nasce come conseguenza della tradizione contadina di sacrificare il maiale nel periodo invernale, tra la ricorrenza di Santa Lucia (13 dicembre) e quella di Sant’Antonio (17 gennaio). Tra i prodotti del maiale da consumare in un breve lasso di tempo e che non necessitano di un processo di stagionatura vi sono gli insaccati a base di cotenna e tra questi lo zampone è sempre stato considerato un prodotto particolarmente pregiato e riservato per le feste le ultime delle quali del Carnevale prima della Quaresima durante la quale vietato è mangiare carne. Il maiale è come la musica di Giuseppe Verdi, tutto è buono e non vi è nulla da buttare afferma un detto padano confermato da una quasi infinita serie di tradizioni e ricette, come quella delle orecchie di (giovane) maiale tagliate in finissime strisce e caramellale, del raro codino partecipe dei lessi misti, o degli zamponi, cotechini e meno noti preti e vescovi dove la pelle del maiale la fa da padrona e che trionfano nei menù dei freddi e nebbiosi mesi invernali della pianura padana fino a tutto il periodo di Carnevale.
Quando nascono zamponi, cotechini e altri salumi a base di pelle di maiale? Nulla sappiamo per l’antichità quando la pelle nera, dura e fortemente setolosa dei cinghiali o maiali era conciata e usata soprattutto nella fabbricazione di scudi o protezioni leggere tanto da dare origine alla leggenda che lo zampone sarebbe nato durante l’assedio dell’esercito di Papa Giulio II della Rovere a Mirandola (Modena) nel 1511 per la necessità di conservare la carne di maiale macinata e in-saccata nelle zampe dei suini o degli assediati che per fame avrebbero mangiato anche la pelle di cinghiale delle loro protezioni. Leggende che peraltro contrastano con la versione che il bolognese Vincenzo Tanara dà del Testamento del Porco. Testamentum Porcelli è uno scritto d’autore ignoto che si pensa vissuto attorno all’anno 350 d. C., citato da San Gerolamo quando racconta che era letto dagli studenti delle scuole, ma certamente più antico, considerando quanto il linguaggio popolare divergesse dal latino dotto. Nel libro L’economia del Cittadino in Villa che il Tanara pubblica a Venezia nel 1665 dopo l’assedio di Mirandola del 1511 l’autore riporta il testamento come allora tramandato oralmente e nel quale la pelle del porco non ha una destinazione alimentare perché l’animale testamenta dicendo "Lascio la mia pelle a’ mondatori e mugnai per far recipienti da acconciar i grani; Lascio la metà delle mie cotiche a’ scultori per far colla di stucco, e l’altra metà a quelli che fabbricano il sapone". Ortensio Landi inoltre nel Breve catalogo degli inventori delle cose che si mangiano e beveno (1548) scrive "averai in Modena buona salsiccia e buon trebbiano", e non cita zamponi e cotechini. Sarà verso la fine del millesettecento che cotechino e zampone iniziano a sostituire la salsiccia gialla, contenente anche formaggio e zafferano, che fa celebre Modena fin dal Rinascimento. Nel 1772 l’intellettuale ferrarese Antonio Frizzi nell’opera La Salameide lancia una curiosa proposta, una sorta di spartizione a tavolino delle tipicità: Ferrara avrebbe avuto la primogenitura del cotechino, lasciando a Modena quella dello zampone, anzi zampetto, come è chiamato a quell’epoca. La pelle del maiale entra nella normale alimentazione solo nel XIX secolo, quando le razze di maiali s’ingentiliscono, la loro cute diviene sempre più chiara, trionfano le razze bianche con un mantello sempre meno setoloso e la pelle diviene adatta per essere trasformata i succulenti insaccati (zampone, cotechino e altri). In questo secolo lo zampone ha un grande successo come testimoniano gli scritti del gastronomo romano Vincenzo Agnoletti (Novissima Cucina Economica - 1814) e le numerose testimonianze letterarie (su tutte la Strenna del Giovedì Grasso di Luigi Maini del 1850). Riferimenti si traggono anche dalle lettere di Gioacchino Rossini (1792-1868) al signor Bellentani di Modena: “...Vorrei sei cappelli da prete (simili a quelli che mi mandò a Firenze), quattro zamponi e quattro cotechini, il tutto della più delicata qualità. Nella vignetta che segue segno la sagoma a scanso di equivoci”. Per i cotechini, come composizione parenti stretti dello zampone e insaccati in budello, le più antiche citazioni sono del 1745 in un documento dei giudici alle vettovaglie in cui viene fissato il prezzo dell'insaccato preparato con carni di maiale striate, una percentuale del venti per cento inferiore di cotenne, sale, pepe e noci moscate, e del poeta modenese Tigrinto Bistonio nell’opera Elogio del porco (1761).
Gli insaccati di pelle di maiale sono preparati con parti approssimativa-mente uguali di pelle, carne e grasso, il tutto tritato, salato e speziato e immesso nella cute della zampa anteriore del maiale (zampone) o budello naturale o artificiale (cotechino) o cute di maiale formata in triangolo simile al tricorno dei preti (prete, vescovo o altre preparazioni). La pelle del maiale è sempre contaminata da batteri e gli insaccati che ne derivano possono essere conservati solo se abbondantemente salati, mentre l’abbondante tessuto connettivo che per essere mangiato deve essere gelatinizzato da una dolce e prolungata cottura, cambiando anche l’acqua, durante la quale l’insaccato si libera di una parte del sale e del grasso. Odiernamente grande successo hanno gli zamponi e cotechini precotti che l’industria prepara con poco sale e che immediatamente tratta con il calore per-mettendo una loro conservazione sicura. Il fatto che questi salumi fossero di breve conservazione spiega il loro uso durante il periodo di macellazione dei maiali o poco dopo fino a tutto il periodo di carnevale. Per il loro sapore denso, forte e molto aromatico questi salumi sono tradizionalmente presenti sulle tavole in abbinamento a lenticchie o fagioli in umido, purè di patate o spinaci al burro e Parmigiano-Reggiano, o con ricette di sapore rinascimentale come quelle dell’abbinamento con lo zabaione, o inseriti in ricette originali come ad esempio con spaghetti Thai, germogli di soia, salsa di ostriche e sesamo tostato.
Zamponi e cotechini oggi hanno schede nutrizionali che consentono la loro inclusione in un’alimentazione razionale ed equilibrata, anche perché rispetto al passato hanno ridotto in misura considerevole il contenuto in grassi e anche in sodio. Dopo un carnevale con pesanti e rossi zamponi e cotechini meglio mettersi a dieta con una leggera e bianca mozzarella? Non è proprio il caso, considerando che contrariamente alle apparenze questi due cibi hanno un profilo dietetico molto simile. Un etto di zampone cotto ha 262 chilocalorie e contiene 23,7 grammi di proteine, 17,5 grammi di grasso e 0,6 grammi di sodio, e sempre un etto di mozzarella ha 253 chilocalorie, 18,7 grammi di proteine, 19,50 grammi di grassi e 0,2 grammi di sodio, senza considerare che è più facile mangiare due etti di mozzarella che due etti di zampone.